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Sessanta lustri, oltre i dugento interi
Scorsero, e più, dacchè nascesti eletta
Per albergo di Pace, e in te ristretta
Giustizia nutri, e in lei ti specchi, e speri:
Bella sempre, e d'onor piena, e di veri

Pregi adorna, e di gente inclita eletta Madre, e d'Eroi, Città magna, diletta Al Ciel più ch'altra, che imperasse, e imperi. Venezia dolce mio nido, la terra

Tutta ti reverisca, e pace acquisti
Te facendo sua gioja, e sua Regina.

Iddio sia teco sempre, ed aspra guerra
Porti, ed irreparabile ruina

A chi scemi tua laude, o ti contristi.

Dirittamente per lodare la sua Patria mostra l'Autore ne' primi quattro versi qual sia la sua antichità, e che fu eletta da Dio per albergo di Pace, che nudrisce Giustizia, e si specchia, espera in essa da tanti secoli. Nel secondo quadernario, niente il vero eccedendo e con magnificenza eroica, tocca i pregi, e gli onori di lei, e la grandezza de' suoi figli, e ch'essa è al cielo più diletta di quante città avessero, ed abbiano imperio, pensiero espresso con quella risoluzione, che la verità richiede.

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Tutti questi pensieri con sospensione a Venezia indirizzati, l'Autore chiude nel principio

del

del primo ternario dicendo: Venezia dolce mio nido; quindi passa a dire, che la terra tutta le porti riverenza, e pace acquisti, avendola per esempio. Finisce poi da Poeta Cattolico, che non ha mestieri per nulla di ricorrere a favole immaginate dicendo: Iddio sia teco sempre, ec. Pensiero nel vero, che mirabilmente chiude gli altri dettati di sopra, e che dà un'aria d'amore alla Patria, e di Cristiana magnificenza a tutto il Sonetto.

Quanto io scrissi non da passionato amico, ma da verace ammiratore dell'Autor del Sonetto, si prenda per un giudizio, che può andar errato, e sia lecito a chiunque sentirne checchè vuole.

CAPRICCIO.

Un uomo passato alla seconda vita da non molto tempo in qua, mi diede pel corso di due ore materia da fare non so quali osservazioni; e dietro ad esse io avea intenzione di tessere il panegirico di lui. Ma non so da che proceda, ch' io non ho pazienza per iscrivere a lungo; deriverà ciò forse dall' aver conosciuto per prova, che chi legge non può indugiar troppo lungamente, e richiede le cose a sbalzi, e a lanci. Con tutto ciò avendo io raccolti non so quanti pensieri, e formata dentro di me l' orditura della immaginata orazione, pubblicherò lo schizzo di quella.

ARGOMENTO.

Bontà, e felicitià del Moro di Piazza,
buona memoria.

SBOZZO DELL'ESORDIO.

Sogliono i Maestri, i quali insegnano ad allevare i figliuoli, ammaestrare principalmente i Padri di quelli, che standosi colla bilancia dell' orafo nelle mani, pesino sottilmente le loro interne inclinazioni, e pendenze degli animi, e degl' intelletti, per poternegli indirizzare a quegli studii, ed uffizii, a cui vengono dalla furia di lor complessione traportati. Quindi avviene, che non curando punto i Padri tutti gli ammaestramenti, che vengono dati loro, vanno sopra le culle de' figliuoletti nati a pena, e fasciati il primo giorno; e stabiliscono in loro cuore ad un tempo con qual nome debbano chiamargli, e a quale opera assegnare i loro venturi giorni. Non è dunque maraviglia, se vediamo alcuno divenuto già grandicello, prendere l'esercizio della pittura, che col martello in mano battendo sopra l'incudine avrebbe fatto maravigliose opere di ferro, laddove col pennello fa visi, che il cielo n'abbia misericordia; e alcun altro lasciata da un canto la pialla, e la sega,

che

che sarebbero propriamente stati gli ordigni suoi, squaderna libri, e scritture fa, con sì poco onore delle buone arti, ch'è una vergogna il fatto suo, e delle buone arti medesime. Malamente vengono adattati gli uffizii all' ingegno delle persone, in quella guisa appunto, che si vestono coloro, i quali o per non aver danari, o per altro, comperano i vestimenti alle botteghe de Rigattieri, e se gli pongono indosso co2 fianchi più lunghi, col ventre più largo, o più stretto della persona per modo, che sembrano starsi quivi entro in prestanza, e si diguazzano tra quelle troppo larghe pieghe, o fra le troppo ristrette s'affogano. Fortunati que'Padri, i quali hanno l'avvertenza tanto predicata da? buoni Maestri Non mancherà mai loro la consolazione di vedere occupatii proprii figliuoli: in esercizii che facciano loro onore e procacceran no nello stesso tempo riputazione: a sè, a loro, é a tutta la famiglia.

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In questo luogo io avea intenzione di porre uno squarcio, che descrivesse la fina intelligenza del Padre del nostro defunto e fra l'altre cose collocare, o tirarvi co' denti questi pochi da me apparecchiati periodi.

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Faceva le viste il buon Padre di non avvedersi punto de' portamenti del figliuolo, per concedergli ne' suoi giovanili anni libertà maggiore, da potere senza rispetto veruno spiegare semplicemente la sua natura, e vedere con gli

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Occhi corporéi le inclinazioni di lui. Per la qual cosa non alle scuole accompagnato da rigido: vegghiatore, lui mandava giammai, o lo stringeva a stare solitario a stillarsi il cervello in moleste applicazioni, ma conoscendo, che natura gli avea dati due piedi per camminare, e lingua per favellare, lasciavalo andare a posta sua per le vie, e per le piazze, nè mai di cosa, che dicesse, o buona, o rea gli fece rim, provero. Quindi avvenne, che il giovane, non punto atterrito dalla paterna autorità, fattosi solenne andatore di notte, e grande amatore delle piazze, de' circoli, in pochissimo tempo dimostrò al Padre suo, che non era al mondo arte veruna, che gli piacesse ; e che infinite spese, e pensieri avrebbe alla famiglia sua risparmiati. Rise il Padre suo di contentezza un giorno, e ne lo baciò in fronte; dicendogli: Va, figliuol mio, che tu se' già allevato; di che io t'ho un grandissimo obbligo, dappoichè non si può dire, che per te io abbia avuto un pensiero al mondo. Va, e fa a modo tuo, che tu farai bene.

Qual altro uomo della Terra abbandonato a cotanta libertà, e levatogli il guinzaglio dell' autorità paterna in quegli anni primi, e bollenti, non avrebbe corso il mondo per suo, e fatto fascio, come suol dirsi, d'ogni erba? Ma egli entrato incontanente in sè medesimo e dato un'occhiata alla società, in cui vivea,

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