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tanto appassionate, che per confessione del Signore di Sant' Evremond, suo grande estimatore, inspirano la dissolutezza? Non si può dunque tralasciare, ad esempio del P. Juvency, (a) d'avvertire in questo luogo la gioventù, che la lordura, che forma il fondo di quest'opera, è più atta ad accendere le passioni, e a guastare l'animo, di quello che la maravigliosa purità dell' espressioni, o alcuni passi critici sparsi di passaggio, vagliano a fornire l'ingegno, e ad aggiustare il giudizio.

(15) Per bene, e mal ec. L'Abbate di Marsolier, traduttore d'alcune opere d'Erasmo, adoperò la sua eloquenza per giustificarlo in un'accorta, e bene scritta Apologia. Il P. Turnemine Gesuita la confutò validamente con le lettere dello stesso Erasmo. Fu questa confutazione pubblicata in Francia, e poscia in Olanda. Un Agostiniano Scalzo diede ancor egli al pubblico un' ampia critica dell' Apologia d'Erasmo. Il Bossuet nella storia delle Variazioni dopo d' avercelo rappresentato per sospetto in materia di Fede, lascia la memoria di lui a giudizio di Dio. S'egli non è lecito di lodarlo come Teologo, non si può almeno negargli l'onore d' aver contribuito molto al ristabilimento delle lettere.

(a) De ratione discendi, & docendi.

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(16) Il gran Leone poi ec. Papa Leone X., e Cosimo de Medici furono i ristoratori delle lettere in Italia, come lo fu in Francia Francesco I.

(17) Girolamo Vida morto Vescovo d'Alba nel 1600. scrisse un'arte Poetica stimata generalmente. Il verseggiare è nobile, e vi regna un bell'ordine. Ma gli viene rinfacciato, che piuttosto parli da Poeta, che da maestro il quale dia precetti; e d'aver piuttosto voluto piacere, che insegnare. L'Autore lo chiama qui: De' celesti arcani Grande investigator, perchè compose un Poema sopra la morte di Cristo intitolato la Cristiade; che nel vero è l' opera meno perfetta dell' altre sue. V' ha tuttavia molta invenzione, o per dir meglio, ve n' ha troppo. Veggonsi mescolati insieme profano, e sacro, e le finzioni de' Poeti confuse con gli oracoli de' Profeti. E' tuttavia il Vida versatissimo nella storia Ecclesiastica, e ci sono di sue molte opere, che fanno grande onore alla e all' erudizione di lui. Vedi Jugement

pietà,
des Sçavans.

(18) Ha di Critico Pedera ec. Io non so già in quale autorità si fondi il Pope per dare a' Critici una corona d'edera. Non ne ritrovo esempio nell'antichità. Servio, e gli altri Comentatori da me esaminati sopra il verso di Virgilio:

Pa

Pastores, hederá crescentem ornate Poetam Ecl.7. non dicono che s'usasse a coronare i critici d edera.

(19) Tal era quel ec. Il Mulgrave, Duca di Boukingham in un poemetto intitolato Saggio sopra la Poesia. Si trovano ancora alquante sue poesie, e memorie istoriche, che alla pulitezza, e al garbo dimostrano un gusto squisito. Si vantava d'aver tutto il debito al suo ingegno. Si afferma però, che volesse dispregiare le lettere, ma che n'avesse cognizione.

(20) Il Roscomon. Il Conte di Roscomon era Pari d'Irlanda. La diversità che passava fra lui, e il Duca di Boukingham, era che l'ultimo facea pompa di non esser dotto, e il primo lo era veramente, senza farne pompa. Ci resta di suo una traduzione in versi della Poetica d'Orazio, e un poema intitolato : Saggio sopra il modo di tradurre in versi; con alcune altre Poesie tutte di buon conio.

(21) Valsh. Il Ionhson stampatore in Londra diede fuori sei volumi di miscellanee. Quivi solamente si trovano gli stimabili rimasugli del Valsh. Quantunque i suoi componimenti sieno esattissimi, hanno una cert' aria di trascurata libertà, onde acquistano grazia, e dolcezza incomparabile. E gran danno, che quel rispetto, ch'egli ebbe al pubblico, l'obbligasse a sopprimere molte delle cose sue, nelle quali, qualun

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lunque altro da lui in fuori, non avrebbe forse ritrovato difetto veruno.

(22) Poco Gloria m'alletta ec. I grandi ingegni accettano la riputazione, quando essa vien loro incontra. Le cose belle sono ad essi così naturali, che quasi non se ne avveggono. Poichè poco lor costano, poco le fanno valere. Uno spirito limitato, che di sue forze non si fida, e a cui quel ch'è bello esce del capo a caso, e trovalo, per così dire, quasi fuori di sè, coglie avidamente tutto quello, che lo rileva, temendo di non trovarne più l'occasione, e si persuade sempre, che il pubblico gli sia debitore d'applausi proporzionati a quella fatica, e sudore, che gli hanno costato l'opere sue.

Fine del Tomo Sesto.

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