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egli seppe ch'io era quegli che gli avea ciò mandato. Lo verace giudicio1 del detto sonetto non fu veduto allora 2 per alcuno, ma ora è manifesto alli più semplici.

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SIV. Da questa visione innanzi cominciò il mio spirito naturale3 ad essere impedito nella sua operazione, perocchè l'anima era tutta data nel pensare di questa gentilissima. Ond' io divenni in picciolo tempo poi di sì frale e debole condizione, che a molti amici pesava della mia vista: e molti pieni d'invidia si procacciavano di sapere di me quello ch'io voleva del tutto celare ad altrui. Ed io accorgendomi del malvagio domandare che mi faceano, per la volontà d'Amore, il quale mi comandava secondo il consiglio della ragione, rispondea loro, che Amore era quegli che così m'avea governato. Dicea d'Amore, perocchè io portava nel viso tante delle sue insegne, che questo non si potea ricoprire. E quando mi domandavano: Per cui t'ha così distrutto questo Amore? ed io sorridendo li guardava, e nulla dicea loro.

1. Lo verace giudicio ecc. Il vero senso. 2. Veduto per alcuno. Inteso da alcuno.

3. Spirito naturale. È lo spirito di cui già parlò nel po 2o, il quale dimora in quella parte, ove si ministra l'alimento nostro. 4. A molti amici pesava della mia vista. Agli amici doleva la vista di Dante, perchè era molto dimagrato.

5. Si procacciavano di saper. Si studiavano di sapere.

6. Governato. Ridotto a tale stato. Petrarca mal soffrendo di vedere gli occhi di M. Laura coperti sempre del velo, dice:

Si mi governa il velo

Che per mia morte ed al caldo ed al gelo

De' bei vostr'occhi il dolce lume adombra.

7. Insegne. Segni.

8. Per cui? Per chi.

S V. Un giorno avvenne, che questa gentilissima sedea in parte, ove s'udíano parole della Regina della gloria, ed io era in luogo, dal quale vedea la mia beatitudine 2. E nel mezzo di lei e di me, per la retta linea, sedea una gentile donna di molto piacevole aspetto. La quale mi mirava spesse volte, maravigliandosi del mio sguardare, che parea che sopra lei terminasse; onde molti s'accorsero del suo mirare. Ed in tanto vi fu posto mente, che, partendomi da questo luogo, mi sentii dire appresso: Vedi come cotale donna distrugge la persona di costui. E nominandola, intesi che diceano di colei, che in mezzo era stata nella linea retta 4 che movea dalla gentilissima Beatrice, e terminava negli occhi miei. Allora mi confortai molto, assicurandomi che il mio segreto non era comunicato, lo giorno", altrui per mia vista. Ed immantinente pensai di fare di questa gentile donna schermo della veritade; e tanto ne mostrai in poco di tempo, che il mio segreto fu creduto sapere dalle più persone che di me ragionavano. Con questa donna mi celai alquanti mesi ed anni;

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1. Regina della gloria. La Santa Vergine.

2. La mia beatitudine. Beatrice, che gli avea fatto vedere tutti i termini della beatitudine.

3. In tanto vi fu posto mente. Si fece tale attenzione agli sguardi che quella gentil donna volgeva a Danie, che ecc.

4. La linea retta che movea ecc. Le estremità di quella linea retta erano Beatrice e Dante. Tra l'uno e l'altra sulla stessa linea stava la gentil donna sopra mentovata.

5. Lo giorno ecc. In quel giorno. Per mia vista. Per il mio sguardare, ossia per i miei sguardi.

6. Fare di questa gentil donna lo schermo della veritade. Celare la veritate, cioè il suo vero amore, con l'apparente amore di questa gentil donna.

e per più fare credente altrui, feci per lei certe cosette per rima, le quali non è mio intendimento di scrivere qui, se non in quanto facessero1a trattare di quella gentilissima Beatrice; e però le lascerò tutte, salvo che alcuna cosa ne scriverò, che pare che sia loda 2 di lei.

§ VI. Dico che in questo tempo, che questa donna era schermo di tanto amore, quanto dalla mia parte, mi venne una volontà di voler ricordare il nome di quella gentilissima, ed accompagnarlo di molti nomi di donne, e specialmente del nome di questa gentildonna; e presi i nomi di sessanta le più belle della cittade1, ove la mia donna fu posta dall'altissimo Sire, e composi una epistola sotto forma di serventese 5, la quale io non scriverò. E non n' avrei fatto menzione se non per dire quello che, componendola, maravigliosamente addivenne, cioè che in alcuno altro numero non sofferse il nome della mia donna stare, se non in sul nove, tra' nomi di queste donne.

§ VII. La donna, con la quale io avea tanto tempo celata la mia volontà, convenne che si partisse della sopradetta cittade, e andasse in paese lontano: per che io, quasi sbigottito della bella difesa che mi era venuta meno, assai me ne disconfortai più che io medesimo non avrei creduto dinanzi. E pensando che, se della sua par

1. Facessero, Convenissero, servissero.

2. Loda. Voc. ant. lode.

3. Di sessanta le più belle ecc. Delle sessanta più belle ecc. 4. Cittade, ove la mia donna ecc. Firenze.

5. Serventese. Componimento poetico per lo più in terza rima.

tita io non parlassi alquanto dolorosamente, le persone1 sarebbero accorte più tosto del mio nascondere, proposi di farne alcuna lamentanza in un sonetto, il quale io scriverò; perciocchè la mia donna fu immediata cagione di certe parole, che nel sonetto sono, siccome appare a chi lo intende: allora dissi questo sonetto:

O voi, che per la via d'Amor passate, Attendete, e guardate

S'egli è dolore alcun, quanto il mio, grave: E priego sol, ch'audir mi sofferiate;

E poi immaginate

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S'io son d'ogni dolore ostello e chiave.

Amor, non già per mia poca bontate,

Ma per sua nobiltate,

Mi pose in vita sì dolce e soave,

Ch'io mi sentía dir dietro assai fïate:

Deh! per qual dignitate

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Così leggiadro questi lo cor have!

Ora ho perduta tutta mia baldanza, Che si movea d'amoroso tesoro;

Ond'io pover dimoro

In guisa, che di dir mi vien dottanza 7.

1. Le persone sarebbero accorte ecc. Si sarebbero accorte. Del mio nascondere, cioè dello schermo che io mi faceva di questa gentil donna.

2. Sonetto qui ha significato generico di breve componimento poetico. 3. Ostello e chiave. Ostello cioè albergo, e chiave perchè il dolore stava chiuso in esso.

4. Per mia poca bontade. Per i miei meriti che sono assai scarsi. 5. Have v. ant. ha.

6. Tutta mia baldanza che si movea. Tutto il coraggio che mi veniva dalla gentile donna, mia bella difesa.

7. Dottanza e dotta e dottare, Voci ant. che significano timore, sospetto, temere.

Sicchè, volendo far come coloro,

Che per vergogna celan lor mancanza,
Di fuor mostro allegranza,

E dentro dallo cor mi struggo e ploro.

Questo sonetto ha due parti principali: che nella prima intendo chiamare i fedeli d'Amore per quelle parole di Geremia profeta: O vos omnes, qui transitis per viam, attendite et videte, si est dolor sicut dolor meus; e pregare che mi sofferino d'udire. Nella seconda narro là ove Amore m'avea posto, con altro intendimento che l'estreme parti del sonetto non mostrano: e dico ciò che io ho perduto. La seconda parte comincia quivi: Amor, non già.

§ VIII. Appresso il partire1 di questa gentildonna, fu piacere del Signore degli Angeli 2 di chiamare alla sua gloria una donna giovane e di gentile aspetto molto, la quale fu assai graziosa in questa sopradetta cittade; lo cui corpo io vidi giacere senza l'anima in mezzo di molte donne, le quali piangevano assai pietosamente. Allora, ricordandomi che già l'aveva veduta fare compagnia a quella gentilissima, non potei sostenere alquante lagrime; anzi piangendo mi proposi di dire alquante parole della sua morte in guiderdone di ciò, che alcuna fiata l'avea veduta con la mia donna. E di ciò toccai alcuna I cosa nell'ultima parte delle parole che io ne dissi, siccome appare manifestamente a chi le intende e dissi allora questi due sonetti, dei quali comincia il primo: Piangete, amanti; il secondo: Morte villana.

1. Appresso il partire. Dopochè quella gentil donna si fu allontanata da Firenze.

2. Signore degli angeli. Dio.

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