E chi virtute o sapienza ed arti Col mercatar, con l'armi, e con le frodi, Te più mite desio, cura più dolce Regge nel fior di gioventù, nel bello April degli anni, altrui giocondo e primo Dono del ciel, ma grave, amaro, infesto A chi patria non ha. Te punge e move Studio de' carmi e di ritrar parlando il bel che raro e scarso e fuggitivo Appar nel mondo, e quel che, più benigna Di natura e del ciel, fecondamente A noi la vaga fantasia produce, E il nostro proprio error. Ben mille volte Fortunato colui che la caduca Virtù del caro immaginar non perde Per volger d'anni; a cui serbare eterna "La gioventù del cor diedero i fati; Che nella ferma e nella stanca etade, Cosi come solea nell'età verde, In suo chiuso pensier natura abbella, Morte, deserto avviva. A te conceda Tanta ventura il ciel; ti faccia un tempo La favella che il petto oggi ti scalda, Di poesia canuto amante. Io tutti Della prima stagione i dolci inganni Mancar già sento, e dileguar dagli occhi Le dilettose immagini, che tanto Amai, che sempre infino all'ora estrema Mi fieno, a ricordar, bramate e piante. Or quando al tutto irrigidito e freddo Questo petto sarà, nẻ degli aprichi XX. IL RISORGIMENTO. Credei ch'al tutto fossero In me, sul fior degli anni, Mancati i dolci affanni Della mia prima età: I dolci affanni, i teneri Moti del cor profondo, Quante querele e lacrime Sparsi nel novo stato; Mancâr gli usati palpiti, L'amor mi venne meno, E irrigidito il seno Di sospirar cessò! Piansi spogliata, esanime Fatta per me la vita; Deserto il dì; la tacita Notte più sola e bruna; Pur di quel pianto origine Ancor viveva il cor. Chiedea l'usate immagini La stanca fantasia; E la tristezza mia Era dolore ancor. Fra poco in me quell'ultimo Dolore anco fu spento, E di più far lamento Valor non mi restò. Giacqui: insensato, attonito, Non dimandai conforto : Quasi perduto e morto, Il cor s'abbandonò. Qual fui! quanto dissimile Da quel che tanto ardore, Che si beato errore Nutrii nell'alma un dì! La rondinella vigile, Alle finestre intorno Cantando al novo giorno, Il cor non mi ferì: Non all'autunno pallido In solitaria villa, La vespertina squilla, Il fuggitivo Sol. Invan brillare il Vidi per muto calle, Invan sonò la valle Del flchile usignol. E voi, pupille tenere, Sguardi furtivi, erranti, Voi de' gentili amanti Primo, immortale amor, Ed alla mano offertami Candida ignuda mano, Foste voi pure invano Al duro mio sopor. D'ogni dolcezza vedovo, Desiderato il termine Qual dell'età decrepita Cosi quegl' ineffabili Il cielo a noi sortì. |