Siete pur voi quell'unica Nella novella età? Se al ciel, s'ai verdi margini, Ovunque il guardo mira, Tutto un dolor mi spira, Tutto un piacer mi dà. Meco ritorna a vivere La piaggia, il bosco, il monte; Chi mi ridona il piangere Dopo cotanto obblio? Forse la speme, o povero Propri mi diede i palpiti Sopiro in me gli affanni L'ingenita virtù ; Non l'annullâr: non vinsela Il fato e la sventura; Non con la vista impura L'infausta verità. Dalle mie vaghe immagini So ben ch'ella discorda: So che natura è sorda, Che miserar non sa. Che non del ben sollecita Fu, ma dell'esser solo; Purchè ci serbi al duolo, Or d'altro a lei non cal. So che pietà fra gli uomini Che lui, fuggendo, a prova Che ignora il tristo secolo E voi, pupille tremule, Nessuno ignoto ed intimo Affetto in voi non brilla: Anzi d'altrui le tenere Pur sento in me rivivere Gl'inganni aperti e noti; E de' suoi propri moti Si maraviglia il sen. Da te, mio cor, quest'ultimo Spirto, e l'ardor natio, Ogni conforto mio Solo da te mi vien. Sedevi, assai contenta Di quel vago avvenir che in mente avevi. Era il maggio odoroso: e tu solevi Cosi menare il giorno. lo gli studi leggiadri Talor lasciando e le sudate carte, E di me si spendea la miglior parte, Porgea gli orecchi al suon della tua voce, Che percorrea la faticosa tela. Mirava il ciel sereno, LEOPARDI. Opere. — 1. 10 Le vie dorate e gli orti, E quinci il mar da lungi, e quindi il monte. Quel ch'io sentiva in seno. Che pensieri soavi, Che speranze, che cori, o Silvia mia! La vita umana e il fato! Quando sovviemmi di cotanta speme, Acerbo e sconsolato, E tornami a doler di mia sventura. Perchè non rendi poi Quel che prometti allor? perchè di tanto Tu pria che l'erbe inaridisse il verno, Non ti molceva il core La dolce lode or delle negre chiome, Anche peria fra poco La speranza mia dolce: agli anni miei Anche negaro i fati La giovinezza. Ahi come, Come passata sei, Cara compagna dell'età mia nova, Mia lacrimata speme! Questo è quel mondo? questi I diletti, l'amor, l'opre, gli eventi |