L'alta ruina ignora e le mutate Sorti del mondo: e come prima il tetto Al mattutino canto Quel desterà le valli, e per le balze Agiterà delle minori belve. Oh casi! oh gener vano! abbietta parte Turbò nostra sciagura, Nè scolorò le stelle umana cura. E non la notte moribondo appello; L'onor d' egregie menti e la suprema E l'aura il nome e la memoria accoglia. Perchè i celesti danni Gli augelli al vento, e la diurna luce La bella età, cui la sciagura e l'atra Innanzi tempo? Ottenebrati e spenti Nel fior degli anni suoi vecchiezza impara? Vivi tu, vivi, o santa Natura? vivi, e il dissueto orecchio Della materna voce il suono accoglie? Già di candide ninfe i rivi albergo, Furo i liquidi fonti. Arcane danze Scossero e l'ardue selve (oggi romito Nido de' venti): e il pastorel ch'all' ombre Le sitibonde agnelle, arguto carme Udi lungo le ripe; e tremar l' onda Scendea ne' caldi flutti, e dall'immonda Vissero i boschi un di. Conscie le molli Fur dell' umana gente, allor che ignuda Ciprigna luce, alla deserta notte Con gli occhi intenti il viator seguendo, Gl' ispidi tronchi al petto altri nell' ime Viva fiamma agitar l' esangui vene, Dafne e la mesta Filli, o di Climene Quel che sommerse in Eridano il sole. Rigide balze, i luttuosi accenti Non vano error de' venti, Ma di ninfa abitò misero spirto, Etra insegnava. E te d' umani eventi Musico augel che tra chiomato bosco Ozio de' campi, all' aer muto e fosco, Ma non cognato al nostro Il gener tuo; quelle tue varie note Son le stanze d'Olimpo, e cieco il tuono Tu le cure infelici e i fati indegni Vaga natura, e la favilla antica |