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da Recanati. Non potendo lavorare a Firenze, visse di ciò che lo Stella gli doveva per i lavori fattigli nell'inverno 1826-27 passato a Recanati, donde scrisse che i danari glieli avrebbe dati quando si fosse ritrovato fuori di casa. Passata la flussione nell'agosto 1827, rimase tuttavia cogli occhi impotenti a leggere, a scrivere, a sopportar la luce, e di giorno dovea starsene in una camera buia, seduto con le braccia in croce, quasi pregustando la delizia delle tenebre e dell' immobilità della sepoltura. Cosi era condannato a un ozio più duro assai della morte perchè almeno un cadavere non sente più pene e non bisogni. Quindi non ha altri disegni, altre speranze che di morire a 29 anni. « Veramente non tornava conto pigliarsi tante fatiche per questo fine (2,32). »

Nell'agosto dello stesso anno 1827 interrogato da Stella sul romanzo del Manzoni dalle cui opinioni egli era tanto lontano, rispose senza alcun fiele riportando il giudizio altrui: « Del romanzo di Manzoni (del quale io ho sentito solamente leggere alcune pagine) le dirò in confidenza che qui le persone di gusto lo trovano molto inferiore all' aspet tativa. Gli altri generalinente lo lodano (2,34). 1 Ma gli altri erano i più, il romanzo corse e ricorse trionfante tutta l'Italia, mentre le sue Operette morali appena pubblicate, furono lacerate fra gli altri

dal Tommaseo, il più implacabile suo nemico. Lacerando gli scritti editi da Stella, si esponeva Leopardi al pericolo di morir di fame o di sepellirsi vivo in Recanati. Or mentre in Italia si svillaneggiava le Operette morali, Leopardi scriveva che di queste aveva sentito in Firenze qualche straniero far clogi smisurati; e però consigliava l'editore di mandarne delle copie fuori d'Italia, che non sarebbe stato senza utile. Ed oggi la fama di questi scritti va sempre più crescendo.

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Certamente nessuno può dolersi che quel romanzo fosse accolto così bene; ma il suo gran successo più che a' propri pregi non intesi dal pubblico, doreasi al molto affannarsi de' gesuiti in suo favore. Monaldo n'era incantato, e scrisse al figlio che i gesuiti lo introducevano in tutte le case di Roma. Che se Leopardi poteva aver un'opinione non perlativa del romanzo, non senti nessuna malevolenza, anzi amorevolezza verso l'Autore, e avendolo poi conosciuto a Firenze ne scrisse in questi termini a Stella in data 8 settembre 1827: « Io qui il bene di conoscere personalmente il si-goor Manzoni e di trattenermi seco a lungo: uomo pieno di amabilità e degno della sua fama (2,38). » All'odio, all'invidia e ad ogni altro basso o crudo sentimento non ci era proprio nato. Soltanto per

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da Recanati. Non potendo lavorare a Firenze, visse di ciò che lo Stella gli doveva per i lavori fattigli nell'inverno 1826-27 passato a Recanati, donde scrisse che i danari glieli avrebbe dati quando si fosse ritrovato fuori di casa. Passata la flussione nell'agosto 1827, rimase tuttavia cogli occhi impotenti a leggere, a scrivere, a sopportar la luce, e di giorno dovea starsene in una camera buia, seduto con le braccia in croce, quasi pregustando la delizia delle tenebre e dell' immobilità della sepoltura. Così era condannato a un ozio più duro assai della morte perchè almeno un cadavere non sente più pene e non bisogni. Quindi non ha altri disegni, altre speranze che di morire a 29 anni. « Veramente non tornava conto pigliarsi tante fatiche per questo fine (2,32). »

Nell'agosto dello stesso anno 1827 interrogato da Stella sul romanzo del Manzoni dalle cui opinioni egli era tanto lontano, rispose senza alcun fiele riportando il giudizio altrui: « Del romanzo di Manzoni (del quale io ho sentito solamente leggere alcune pagine) le dirò in confidenza che qui le persone di gusto lo trovano molto inferiore all'aspet tativa. Gli altri generalinente lo lodano (2,34). Ma gli altri erano i più, il romanzo corse e ricorse trionfante tutta l'Italia, mentre le sue Operette morali appena pubblicate, furono lacerate fra gli altri

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dal Tommaseo, il più implacabile suo nemico. Lacerando gli scritti editi da Stella, si csponeva Leopardi al pericolo di morir di fame o di sepellirsi vivo in Recanati. Or mentre in Italia si svillaneggiava le Operette morali, Leopardi scriveva che di queste aveva sentito in Firenze qualche straniero far elogi smisurati; e però consigliava l'editore di mandarne delle copie fuori d'Italia, che non sarebbe

stato senza utile. Ed oggi la fama di questi scritti va sempre più crescendo.

Certamente nessuno può dolersi che quel romanzo fosse accolto così bene; ma il suo gran successo più che a' propri pregi non intesi dal pubblico, doreasi al molto affannarsi de' gesuiti in suo favore. Monaldo n'era incantato, e scrisse al figlio che i gesuiti lo introducevano in tutte le case di Roma. Che se Leopardi poteva aver un'opinione non superlativa del romanzo, non senti nessuna malevolenza, anzi amorevolezza verso l'Autore, e avendolo poi conosciuto a Firenze ne scrisse in questi termini a Stella in data 8 settembre 1827: « Io qui ho avuto il bene di conoscere personalmente il si-. gnor Manzoni e di trattenermi seco a lungo: uomo pieno di amabilità e degno della sua fama (2,38). › All'odio, all'invidia e ad ogni altro basso o crudo sentimento non ci era proprio nato. Soltanto per

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l'irredento fra Niccolò Tommaseo senti qualche di sprezzo. Così più tardi nell' inverno a Pisa avendo letto o fattosi leggere i Promessi Sposi, benchè si allontanassero dal suo modo di vedere, ne scrisse al conte Papadopoli: «Ho veduto il romanzo del Manzoni, il quale nonostante molti difetti, mi piace assai, ed è certamente opera di un grande ingegno; e tale ho conosciuto il Manzoni in parecchi colloqui che ho avuti seco a Firenze. È un uomo veramente amabile e rispettabile (2,70). » I cattolici usarono sempre la stessa equanimità verso di lui? L'amore e la stima di Leopardi per Manzoni salvano interamente costui dalle immeritate lodi de' gesuiti, accolte a bocca aperta da quel semplicione di Mɔnaldo.

Finalmente a' primi di ottobre il fresco cominciò a giovargli per gli occhi, e benchè non potesse ancora occuparsi senza dolore, poteva talvolta uscir di giorno e così col moto e con la distrazione rifarsi alquanto. In generale nell'autunno si rinfrancò anche di animo, ma risolutissimo di non passar l'inverno a Firenze, clima non freddo ma infestato continuamente da venti e da nebbie. E pure, dove andare? E conveniva al signor Stella che si allontanasse di più? Giacomo era sempre al servizio di un editore per quanto benigno.

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