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LA VITA E LE OPERE DI GIACOMO LEOPARDI

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Funesto privilegio delle anime eccellenti sono le grandi gioie come i più vivi dolori. Non si cerchi altra causa prima a' dolori di Leopardi. Le sventure posteriori secondarono, ma non crearono in lui tali disposizioni. Esser grande importa essere infelice, com'egli stesso disse nel Dialogo della Natura e di un'Anima.

In nessuna specie d'esseri la natura pose tanta disugaglianza come fra gli uomini, destinati non pertanto in certi secoli a piegar il capo tutti allo stesso livello sotto la falce delle democrazie o delle monarchie assolute, unanimi nello abbattere le sommità. Non sarà quindi senza importanza il ricercare in Leopardi gli ultimi vestigi di quelle grandi individualità che oggi spariscono oppresse dalle cosi dette masse.

Il primo che lo addito come filologo fu Niebuhr ; il primo che lo esaltó come profondo pensatore fu Arturo Schopenhauer; il primo che lo fece sentire come gran poeta, discernendolo dalla turba, fu Francesco De Sanctis. Leopardi fu estraneo alla sua patria, a cui non deve altun bene, come Giordano Bruno. L'uno mori sul rogo; all'altro è stato sotto i nostri occhi, con incredibile soddisfazione di molti professori e giornalisti, contaminata

la sepoltura (*).

(') Fra questi professori e giornalisti si sono sopra tutti distinti A. D'Ancona, fanciullo Dott. Reinhold Schöner nell' Allg. Ztg., giugno 1°80, e il Gnoli nella Yara Autologia, il più benedetto dalla Civiltà Cattolica.

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