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DI

DANTE ALIGHIERI

LIBRO QUARTO

CANZONE I.

Voi, che, intendendo, il terzo ciel movete,

Udite il ragionar, che è nel mio core;
Che nol so dire altrui, si mi par novo:
Il ciel, che segue lo vostro valore,
Gentili criature, che voi sete,

Mi tragge nello stato, ov' io mi trovo:
Onde il parlar della vita, ch' io provo,
Par, che si drizzi drittamente a vui;
Però vi prego, che lo m' intendiate :
Io vi dirò del cor la novitate,
Come l'anima trista piange in lui;
E come un spirto contro lei favella,
Che vien pe' raggi della vostra stella.
Suol esser vita dello cor dolente
Un soave pensier, che se ne gia
Spesse fiate a' piè del vostro sire:

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Ove una donna gloriar vedia,

Di cui parlava a me sì dolcemente,
Che l'anima dicea: io men vo' gire.
Ora apparisce chi lo fa fuggire;

E signoreggia me di tal vertute,

Che 'l cor ne trema si, che fuori appare: Questi mi face una donna guardare;

E dice chi veder vuol la salute,

Faccia, che gli occhi d' esta donna miri; Sed ei non teme angoscia di sospiri. Trova contraro tal, che lo distrugge L'umil pensiero, che parlar mi suole D' un' Angiola, che 'n cielo è coronata; L'anima piange sì, che ancor le duole; E dice: o lassa me, come si fugge Questo pietoso, che m'ha consolata. Degli occhi miei dice questa affannata: Qualora fu, che tal donna gli vide; E perchè non credeano a me di lei? lo dicea ben: negli occhi di costei De' star colui, che li miei pari occide; E non mi valse, ch'io ne fossi accorta, Che nol mirasser tal, ch' io ne son morta. Tu non se' morta, ma se' sbigottita, Anima nostra, che si ti lamenti, Dice uno spiritel d'amor gentile : Che questa bella donna, che tu senti, Ha trasmutata in tanto la tua vita,

Che n' ha paura; si è fatta vile :
Mira quanto ella è pietosa, ed umile,
Cortese e saggia nella sua grandezza;
E pensa di chiamarla donna omai:
Che se tu non t'inganni, ancor vedrai
Di si alti miracoli adornezza,

Che tu dirai: Amor, signor verace,
Ecco l'ancella tua, fa che ti piace.
Canzone, io credo, che saranno radi
Color, che tua ragione intendan bene;
Tanto lor parli faticoso e forte:
Ma se per avventura egli addiviene,
Che tu dinanzi da persone vadi,
Che non ti pajan d' essa bene accorte;
Allor ti prego, che tu ti conforte,
E dichi lor, diletta mia novella:

Ponete mente almen, cóm' io son bella.

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CANZONE II.

Amor, che nella mente mi ragiona

Della mia donna disiosamente,
Muove cose di lei meco sovente,
Che lo 'ntelletto sovr' esse disvia:
Lo suo parlar sì dolcemente suona,
Che l'anima, ch' ascolta, e che lo sente,
Dice: oimè lassa, ch' io non son possente
Di dir quel, ch' odo della donna mia.
E certo e' mi convien lassare in pria,
S'io vo' cantar di quel, ch' odo di lei,
Ciò, che lo mio intelletto non comprende;
E di quel, che s' intende

Gran parte, perchè dirlo non saprei:
Però se le mie rime avran difetto,
Ch' entraron nella loda di costei,
Di ciò si biasmi il debile intelletto,
E' parlar nostro, che non ha valore
Di ritrar tutto ciò, che parla Amore.

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