SONETTO IX. Sonetto, onetto, se Meuccio t'è mostrato, E quando sei con lui un poco stato E di: Meuccio, quei che t' ama assai Ma fa che prenda per lo primo dono Questi tuoi frati, ed a lor sì comanda Che stien con lui, e qua non tornin mai. SONETTO X. Chi udisse tossir la mal fatata Moglie di Bicci vocato Forese, Di mezzo agosto la trovi infreddata, La tosse, il freddo e l'altra mala voglia Non le addivien per omor ch' abbia vecchi, difetto ch' ella sente al nido. Ma per Piange la madre, che ha più d'una doglia, Dicendo: lassa a me, per fichi secchi Messa l'avrai in casa il conte Guido. SONETTO XI. Bicci, novel figliuol di non so cui, Se non ne domandassi Mona Tessa, Giù per la gola tanta roba hai messa Che a forza ti conviene or tor l' altrui. E già la gente si guarda da lui Chi ha borsa al lato là dove s'appressa, E tal giace per lui nel letto tristo Per tema non sia preso all' imbolare, . Di Bicci e de' fratei posso contare Che per lo sangue lor del male acquisto Sanno a lor donne buon cognati fare. SONETTO XII. Ome, Comun, come conciar ti veggio Si dagli oltramontan, sì da' vicini! Chi più ti dee onorar que' ti fa peggio; Legge non ci ha che per te si dicrini: Co' graffi, colla sega e cogli uncini Ciascun s'ingegna di levar lo scheggio. Capel non ti riman che ben ti voglia: Chi ti to'la bacchetta, e chi ti calza, Chi il vestimento stracciando ti spoglia. Ogni lor pena sopra te rimbalza: SONETTO XIII. Se e nel mio ben ciascun fosse leale, Si come di rubarmi si diletta, Non fu mai Roma quando me' fu retta Ma siate certi che di questo male Che tal per me sta in cima della rota, Tu che salisti quando quegli scese, Poi che justizia vedi che mi vendica, Deh non voler del mio tesor far endica. |