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SONETTO III.

Questa

uesta donna, ch' andar mi fa pensoso,
Porta nel viso la virtù d' Amore;

La qual risveglia dentro nello core
Lo spirito gentil, che v'era ascoso :

Ella m'ha fatto tanto pauroso,
Posciach' io vidi il mio dolce Signore
Negli occhi suoi con tutto il suo valore,
Ch' io le vo presso, e riguardar non l'oso;

E quando avviene, che questi occhi miri,
Io veggio in quella parte la salute;
Che l'intelletto mio non vi può gire:

Allor si strugge sì la mia vertute,
Che l'anima, che muove gli sospiri,
S'acconcia per voler da lei partire.

SONETTO IV.

Chi guarderà giammai senza paura

Negli occhi d' esta bella pargoletta,

Che m' hanno concio si, che non s' aspetta
Per me se non la morte, che m'è dura?

Vedete quanto è forte mia ventura,
Che fa tra l'altre la mia vita eletta,
Per dare esempio altrui, ch' uom non si metta
A rischio di mirar la sua figura: ̧·

Destinata mi fu questa finita,

Dacch' un uom convenia esser disfatto,
Perch' altri fosse di pericol tratto:

E però lasso fu' io così ratto

In trarre a me 'l contrario della vita;
Come vertù di stella margherita.

SONETTO V.

Dagli occhi della mia donna`si muove

Un lume si gentil, che dove appare,
Si veggion cose ch' uom non può ritrare
Per loro altezza, e per loro esser nove:

E da' suoi raggi sopra 'l mio cor piove
Tanta paura, che mi fa tremare;
E dico: qui non voglio mai tornare;
Ma poscia perdo tutte le mie prove:

E tornomi colà dov' io son vinto,
Riconfortando gli occhi paurosi,
Che sentîr prima questo gran valore:

Quando son giunto, lasso, ed ei son chiusi, E 'l desio, che gli mena, qui è stinto: Però proveggia del mio stato Amore.

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SONETTO VI.

Lo fin piacer di quello adorno viso

Compose il dardo, che gli occhi lanciaro Dentro dallo mio cor, quando giraro

Ver me,

che sua beltà guardava fiso:

Allor sentii lo spirito diviso

Da quelle membra, che se ne turbaro;
E quei sospiri, che di fore andaro,
Dicean piangendo, che 'l core era anciso;

Là, u' dipoi mi pianse ogni pensiero
Nella mente dogliosa, che mi mostra
Sempre davanti lo suo gran valore:

Ivi un di loro in questo modo al core
Dice: pietà non è la vertù nostra,
Che tu la truovi; e però mi dispero.

BALLATA II.

Poichè saziar non posso gli occhi miei

Di guardare a madonna il suo bel viso, Mirerol tanto fiso,

Ch' io diverrò beato, lei guardando.
A guisa d' Angel, che di sua natura,
Stando su in altura,

Diven beato, sol vedendo Iddio;
Così essendo umana criatura,

Guardando la figura

Di questa donna, che tene il cor mio,

Poria beato divenir qui io;

Tant' è la sua vertù, che spande e porge, Avvegna non la scorge,

Se non chi lei onora desiando.

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