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viamento agli affanni recato dalla dolcezza degli studj, e di quanti nella scorta d' un tanto maestro riscontrarono la virtù derivata dal meditare le opere dell' Epico latino, nessuno trovò necessario di negar fede alle parole:

uomo già fui,

E li parenti miei furon Lombardi,
E mantovani per patria amendui;

Inf. 1. 67.

siccome nessuno osò contraddire a Dante, quando, per aver udito dire di lui da alcuni Spiriti in Purgatorio, colui non par corpo fittizio, rispose:

Non son rimase acerbe nè mature

Le membra mie di là, ma son qui meco,
Col sangue suo, e con le sue giunture.
Purg. XXVI. 55.

così nessuno dovrebbe trovar necessario il diniegare, ch' abbia esistito una bella donna detta Beatrice, degna in vita e degna oltre la tomba dell'immenso amore di Dante, o il diniegare, che quella cara anima abbia potuto essere nel cielo bramosa di soccorrere al suo amico, privato nell' esilio d'ogni cosa più caramente diletta; per quanto abbiano tutti ragione di ravvisare la Beatrice del Poema, quale un ministro di grazia, ed uno emblema della divina sapienza. Anche nelle sacre

Scritture vestono il carattere di qualche virtù personaggi veri e reali. L' Arcangelo Raffaello pote veridicamente rispondere a Tobia, io sono Azaria figlio di Anania, nell' atto medesimo, che vestiva il carattere dell' ajuto divino, ed annunciavasi col nome, al dire del Gelli, per medicina di Dio. Dante palpita e trema al cospetto di Beatrice per virtù del suo primo amore, innanzi pure d'averla riconosciuta; e s'egli ne veste l'anima con gli attributi divini, si è in riconoscimento dello es sere stato da lei vivente guidato pel sentiere della virtù. La energia, con cui Dante descrive nelle sue opere i moti e gl' impeti dell' infiammato suo cuore, palesa l'uomo veramente innamorato a quanti sentono alcun poco innanzi in argomento d'amore. Spesso ama daddovero, ed ama assai, anche chi sembra dare in esagerazioni e romanzerie, parlando della propria passione a chi non fu mai passionato; nè tutti i Lancilotti e i Tristani innamorati delle Ginevre e delle Isotte furono, come li chiama il Tassoni, tanti Mangiaferri. Nè il grado qualunque degli affetti nostri sarà mai giusta norma per misurare l' eminenza degli affetti del Poeta, « Quando leggi Dante, avverte Perticari, ti è forza il dire: costui vive una forte vita: ed è magnanimo: e soprastà tutto il secolo, ed anco talvolta la natura d'uomo. » Chi finalmente oserà dir mendace il religioso labbro

di Dante, che così far si piace sua professione di fede: « Credo, affermo, e certo sono, ad altra vita migliore dopo questa passare, laddove quella gloriosa donna vive, della quale fue l' anima mia innamorata? » Della veracità del suo labbro ci sta d'altronde garante quella sua indole costantemente semplice ed ingenua. Giammai un' arguzia, una sottigliezza, una speciosa falsità non vengono a raffreddare il linguaggio della passione: Quindi Anton Maria Salvini in un suo Discorso sopra Dante così: « La semplicità ritrovata nella grandezza; la naturalezza accompagnata dalla maestà; la vereconda nudità, di sè medesima ornata, quale considerò del naufrago Ulisse dottamente Basilio, val ben più che tutti i lisci, e tutte le false gioje, onde altri per far vista ́ si carica.... Ma e Omero e Dante leggevano in un comun libro, aperto agli occhi di tutti, ma non tutti vi sanno leggere, il libro della natura. » Nel sto Capitolo al Redi cosi poi l'odi prorompere, ad Alighiero gratulando :

Quando amoroso parli, egli è si vero

Il tuo parlar, che vera esser non puote
Più verità, figlia d'un cuor sincero.

«Dove gli altri generalmente, dice il chiarissimo Abate Antonio Cesari nel suo Dialogo delle Grazie, adornano le cose con vaghi aggiunti, o le

circoscrivono a certi loro contorni quasi sfumati, Dante non infiora, nè abbellisce le cose; ma traendole dalla natura, le mette quasi in essere, e te le pone dinanzi tali, quali elle sono nella propria e viva lor forma. » Quindi è, che non cura di spiegarsi sempre così chiaramente da poter essere con agevole applicazione inteso dagl' idioti; quindi è, che, a diversità di quasi tutti i poeti, egli non pensa nella maggiore sua produ zione ad imitare soltanto la bella natura; ma ritrae la natura in qualunque prospetto s' affaccia alla sua immaginazione, ed anche la natura informe e selvaggia. Quindi è, che la rimembranza del suo amore splende associata lealmente a tutti i suoi più nobili concetti. Solamente, all'uopo di non annojare con una nuda leggenda di vani amori, e di riuscire a laudare eminentemente la sua Beatrice, sotto sembianza di lei, che gli era stata, e gli era tuttavia così cara, in quanto alla soinma sua onestà, amò alcuna volta rappresentare la filosofia morale; ed in quanto ai lumi ed alle tant' altre doti, volle raccogliere in lei quelle della teologia; scienza, che allora veniva riguardata come prima e quasi soprannaturale. Così Platone introdusse nel suo Convito, Diotima, dottissima in teologia, a parlare divinamente d'amore; ma non così seppe sublimarne la elocuzione, da poter dire con Dante, che il ragionare della sua

donna fosse come un ruscello, che scorreva placido, scaturito dal primo fonte d' ogni verità; che gli occhi di lei sfavillassero d'amor divino; che in somma la donna sua fosse l' amanza del primo Amante. Il Lombardi nella sua diligentissima e dottissima illustrazione, così scrive: << Io per isbrigarmi dall' impegno di ritrovare, quando la Teologia discendesse al mondo, m' appiglierei più di buon grado alla Beatrice reale, alla donna amata dal Poeta. » Venne in tale sentenza anche il Dionisi, così nella sua Preparazione istorica conchiudendo: « Se alcuno mi dimandi, che sia il terzo amore, ovvero la terza donna di Dante, dirogli, essere la Bice o Beatrice de' Portinari, da lui amata d' amore nell'adolescenza, e pianta inconsolabilmente e lodata nella Vita Nuova, ed essere insieme la donna delle Rime amorose, rappresentante in sè stessa le fattezze e le grazie della filosofia. » Non perchè abbiasi qui bisogno ulteriore di autorità; ma per dedurre dalle ciance della stessa intolleranza la involontaria ammissione della veracita di questi amori, poniamo pur qui la nota del Padre Pompeo Venturi al verso

Non era di stupor, tremando, affranto.
Purg. XXX. 56.

« Era stato affranto più d' una volta nel lungo

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