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Che quante grazie volle da me, fei.

Purg. 1.85.

Catone insegna ai due Poeti, che far deggiono per salire questa montagna d' espiazione e di prova. Bisogna che Dante si cinga con giunchi colti sulla spiaggia del mare, e lavisi il volto, per cancellarne la fuligine delle fornaci infernali. Adempiute le formalità, i Poeti veggono venir per quell' acque una barca guidata da un Angelo folgoreggiante e piena d'anime che vanno al Purgatorio.

Se il desiderio d' udir Beatrice può farne chiudere gli orecchi, per non essere tardati nel cammino dal cantare dolcissimo di Casella; non può per altro dispensarci dal qui riferire intera, siccome confacente, la illustrazione d' alcuni versi riscontrata nell' Esame critico dei Commentatori di Dante. Ugo Foscolo, sempre nostro, perocchè qui sempre

Tutti l'ammiran, tutti onor gli fanno,

Inf. IV. 133.

non ha molto, concedette tale illustrazione alla nostra letteratura, bramosa d' un suo perpetuo Comento al maraviglioso Poema. Quell' Esame critico compie perfettamente l'intento propostosi dal dottor Domenico Vandelli nella sua Lettera ad Anton Francesco Gori sopra la divina Commedia tradotta in versi esametri da Frate Matteo Ronto

Dante, dopo aver visitate le anime, che, ritenute nei recinti che precedono il Purgatorio, si purgano del peccato della vanità, e quelle, che per alcuna offesa indugiarono il pentimento e la confessione insino alla morte, per uno stretto calle si conduce con difficultà sopra certo balzo, d' onde vede i negligenti; e da uno spirito di coloro, che tardarono bensì il pentimento, ma sopraggiunti da morte violenta, si pentirono, e furono salvi, ode dirsi :

Ricorditi di me, che son la Pia.
Siena mi fe, disfecemi Maremma;
Salsi colui, che 'nnanellata pria,
Disposando, m' avea con la sua gemma.

Purg. V. 133.

Ecco nella parte relativa la traduzione dell'articolo di Foscolo, recatane dal Ricoglitore al Quaderno XXIX. « Shakespeare spiega e disvolge i caratteri de' suoi personaggi, e li rappresenta in tutta la varietà delle forme, che naturalinente essi possono assumere. Di tutto lo splendore della sua immaginazione ei gli avvolge, e sparge sopra di loro quella intera e particolareggiata realtà, cui soltanto il creativo suo ingegno potea conferire. Di tutti i poeti tragici egli è quello, che più ampiamente disviluppa i caratteri. Laddove se paragoneremo Dante, non solamente con Virgilio,

il più sobrio de' poeti, ma eziandio con Tacito; ritroveremo, ch'egli non adopera mai più di uno o due colpi di pennello, come intendesse d'imprimerli quasi insensibilmente nel cuore de' suoi lettori. Virgilio ha raccontato l'istoria di Euridice in duecento versi. Dante ha terminato in sessanta versi il suo capo lavoro, la novella di Francesca da Rimini. L' istoria di Desdemona ha il suo paralello nel citato passo di Dante. Messer Nello della Pietra avea sposato una gentildonna di Siena (della famiglia Tolomei, secondo Benvenuto da Imola ) per nome madonna Pia. La bellezza di lei muoveva ad ammirazione tutta la Toscana, e svegliava nel seno del marito una gelosia, la quale, inasprita da false riferte e da mal fondati sospetti, lo trasse finalmente alla disperata risoluzione di Otello. Difficile riesce al presente il decidere, se affatto innocente fosse la donna; ma Dante la rappresenta per tale. Il marito la condusse nella Maremma, che ora, come allora, è un distretto insalubre e mortifero. Egli mai non disse alla sventurata moglie le ragioni del suo esilio in paese così pericoloso ed infesto. Egli mai non degnossi di proferire lagnanza al cuna od accusa; ma visse insieme con lei, solo, in freddo silenzio, senza rispondere alle interrogazioni della donna, senz' ascoltarne i richiami. Con tutta pazienza egli aspettò, sinchè l' aria pe

stilenziale ebbe distrutta la salute di questa giovine dama. In pochi mesi ella mori. Alcune Cronache, per verità, narrano, che Nello usò il pugnale ad accelerarne la morte. È certo, ch' egli 'sopravvisse a lei, ma avvolto in tristezza ed in perpetuo silenzio. Dante aveva, in quest' avventura, tutti i materiali di un racconto disteso e sommamente poetico. Ma egli se ne spaccia in quattro soli versi. Tre spiriti gli si parano innanzi nel Purgatorio: uno di loro fu un capitano, che cadde combattendo al suo fianco nella battaglia di Campaldino; il secondo un cittadino di Fano trucidato per tradimento della casa d' Este; il terzo una donna sconosciuta al Poeta, la quale, poi che gli altri hanno parlato, si volge verso di lui, dicendo i versi riferiti. Eppure quelle poche parole traggono lagrime dagli occhi di chiunque conosca l' infelicissimo fato dell' avvenente giovinetta senese. Il primo desiderio, ch' ella manifesta, di essere ricordata alla memoria de' suoi amici sopra la terra, suona commotivo assai. La modesta sua dimanda, la maniera di nominar se stessa, e di descrivere l'autor de' suoi mali, senza fare allusione al misfatto di lui, anzi meramente coll' accennare i pegni di fede e di amore, che accompagnarono la prima loro unione, sono profondamente patetiche. La soave armonia degli ultimi versi, pieni di liete e d'affettuose memo

rie, forma un gagliardo contrasto tra le idee della domestica felicità e le idee della crudeltà e della morte, che nascer debbono nella mente del leggitore.

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Nel canto susseguente Virgilio dice a Dante:

Veramente a così alto sospetto

Non ti fermar, se quella nol ti dice
Che lume fia tra 'l vero e lo 'ntelletto.
Non so se 'ntendi, i' dico Beatrice;
Tu la vedrai di sopra, in su la vetta
Di questo monte, ridente e felice.
Purg. VI. 43.

Alcuni vollero dubitare, che la figliuola di Folco Portinari non avesse nome Beatrice, perchè Dante nella Vita Nuova così si espresse : « La gloriosa Donna della mia mente, la quale fu chiamata da molti Beatrice, li quali non sapevano, che si chiamare.» Ma così scrivendo, accenna a que' tempi, ne' quali, come osservammo, non voleva confermare, che fosse dessa, la figliuola di Folco, l'oggetto del suo amore, per non mancarle di tutta riverenza. Dovette però, in tale gelosia di serbar celato il caro nome, vanamente faticarsi; dacchè pur esso ben presto l'amata Donna disse Beatrice; ed anzi trasse gaudioso vanto di te appellazione dal bear ch' ella faceva quanti la riguardavano. Nel settimo del Para

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