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mente senza effetto; e più mesi durò avanti che di ciò niuna persona s'accorgesse. Per la qual cosa essi, troppo assicurati, cominciarono a tener maniera men discreta, che a così fatte cose non si richiedea: ed andando un giorno per un bosco bello e folto d'alberi la giovane insieme con Giannotto, lasciata tutta l'altra compagnia, entrarono innanzi, e parendo loro molto di via aver gli altri avanzati, in luogo dilettevole e pien d'erba e di fiori e d'alberi chiuso, ripostisi, a prendere amoroso piacere l' un dell' altro incominciarono. >>

Non puossi poi credere, che Dante fosse ingolfato ne' vizj, quanto appare da alcuni tratti del Poema sacro. Intendono i più, ch' egli null'altro volesse ammettere in quelle confessioni, se non di essere affascinato dall' amore agli studj profani, da non potersene ritrarre, senza vedere la perdizione degli antichi filosofi. Come mai poteva dir Dante, che nascerebbe un Principe, il quale rimetterebbe in Inferno la lupa; quando per la lupa null' altro avesse voluto significare, che una sua mala inclinazione particolare, cioè la propria avarizia? « Sognano a parer nostro, dice Angelo Fabroni nell' Elogio, que' Comentatori, che a disonore di lui attribuiscono quel ch' ei dice nel principio della Commedia, che, trovandosi per una selva oscura, cioè in una vita piena d'igno

ranza, di errori, e di sregolate passioni, fosse assalito da tre fiere, simboleggiate pe' tre vizj capitali, lussuria, superbia ed avarizia. Imperocchè l'allegoria di questo luogo e di tutti i Canti dell' Inferno, benchè diretta alla correzione dell' uomo vizioso, racchiude però una porzione d'istoria, non già di vizj, di cui il Poeta fosse macchiato, ma di quegl' infelici avvenimenti, ai quali soggiacque ne' ventidue mesi dal suo priorato fino all'esilio dalla patria. » Facciam plauso al seguente breve giudicio del Marchetti. « La selvosa e deserta valle significa la miseria di Dante privato d'ogni cosa più cara nell' esilio : il dilettoso monte, la bramata pace e consolazione: lo andare di lui dalla selva al monte, il crescere della speranza nell' animo suo: la luce del nuovo dì, i conforti ch' egli ebbe allo sperare: la lonza, il leone e la lupa, che il suo salire impedirono, Firenze, Francia e Roma, che alla sua pace si opposero: l' apparire di Virgilio mandatogli da Beatrice, cioè da quella cara anima, di cui altra non poteva essere nel cielo più desiderosa di soccorrerlo, l' alleviamento agli affanni recatogli dalla dolcezza degli studj: la via per la quale Virgilio promise trarlo di quella valle, il mirabile lavoro di un poema, onde gli verrebbe cotanta gloria, che la sua patria, per vaghezza d'ornarsi di lui, trarrebbelo dall' esilio: e la scorta

avuta per quella via da Virgilio, la virtù necessaria a tale uopo derivatagli dal meditare le opere dell' altissimo Poeta. »

CAPO III.

Dante non fu certamente nemico del bel sesso,

nè scese mai a velare con iprocrisia le sue inclinazioni, che però quelle non furono mai d'un femminacciolo mondano. Il Padre Pompeo lo rimprovera dell'uso d'una svergognata similitudine, ove narra, che Beatrice nel sorridere, per animarlo a continuare il suo dialogo con Cacciaguida, parve quella Cameriera di Ginevra, che, quando questa si lasciò baciare da Lancilotto, mostrò con un tal tossire di essersene bensì accorta, ma insieme diè segno ď approvazione.

Onde Beatrice, ch' era un poco scevra,
Ridendo, parve quella che tossio,
Al primo fallo scritto di Ginevra.

Par. XVI 13.

Che avrebb' egli poi detto il Padre Pompeo, se avesse comentate le rime, scontrandosi a quel

SONETTO

Guido, vorrei, che tu, e Lapo, ed io,
Fossimo presi per incantamento,

E messi ad un vasel, che ad ogni vento
Per mare andasse a voler vostro e mio;
Sicchè fortuna, od altro tempo rio
Non ci potesse dare impedimento:
Anzi vivendo sempre in noi talento
Di stare insieme crescesse 'l disio.
E monna Vanna, e monna Bice poi
Con quella su il numer delle trenta
Con noi ponesse il buono incantatore:
E quivi ragionar sempre d' amore,

E ciascuna di lor fosse contenta,
Siccome io credo, che saríamo noi.

Che avrebbe detto, leggendo que' versi?

Così di quella bocca il pensier mio
Mi sprona; perchè io

Non ho nel mondo cosa che non desse
A tal che un sì, con buon voler, dicesse.
E quel pensier, che sol per lei m'invola,
Mi dice: vedi allegro il bel diletto
Aver quel collo fra le braccia stretto,
E far in quella gola un picciol segno.
Poi sopraggiunge, e dice: apri lo 'ngegno; t
Se le parti di fuor son così belle

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