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AMORI

DI.

DANTE E BEATRICE

PARTE PRIMA

CAPO I.

Carità

di

patria, ardenza di gloria, sdegno ed amore fecero di Dante, già da natura generato poeta, un tal divino poeta che solo seppe quaggiù

Descriver fondo a tutto l'universo.

Inf. XXXII. 8.

Abilità ne' maneggi, coraggio negl' intraprendimenti, profonda cognizione di nobili discipline e di scientifiche verità, fatto n' avrebbero un uomo di governo; ma le gare cittadinesche fecero riguardare come pericolose quest' eminenti sue qualità. Bensi per istudio scienza e prudenza venne egli

in piena cognizione de' vizj e delle virtù, e seppe immergersi nelle altissime speculazioni delle cose celesti e divine. Ma soltanto il concorrere d'una magnanima indignazione e d'un amore sublime poteva ad uomo, quale Dante si fu, d'indole nobilmente orgogliosa e libera e fantastica, insegnare il miracolo della divina Commedia,

Ál quale ha posto mano e cielo e terra :

Par. XXV. 2.

meraviglia, come il mondo invisibile, come i tre regni de' morti, in essa appunto rappresentati, e popolati da vive rimembranze di religione, di раtria, di gloria, di fazione, d'amore : meraviglia, che, adducendone a spaziare per ogni regione di virtù e di vizj, e per ogni stato particolare ed universale, umano e divino, ne fa pur sempre dire di lei, ciò che Dante della sua Beatrice :

Io non la vidi tante volte ancora,

Ch' io non trovassi in lei nuova bellezza.

Forse d'ogni passione fu in lui la più costante quella d'amore, se il Petrarca giudicò di collocarne lo spirito beato nell' amorosa sfera, allorchè parlando al trapassato suo Sennuccio Binucci, disse:

Ma ben ti prego, che 'n la terza spera
Guitton saluti, e Messer Cino, e Dante.

Eppure molti giovani innamorati, quasi certi che il poeta dell' eterna prigione esser non possa il poeta degli amori, si astengono dal volgere l'oc chio e l'animo al poema sacro, che fa pur sovente

Alla mensa d'amor cortesi inviti.
Purg. XIII. 27.

Che se per tradizione hannosi in alcun pregio le Rime del Cantore di Beatrice, voglionsì dir liriche anzichè amorose; siccome d'uomo, pel molto sapere, presuntuoso e schifo, che, a guisa di filosófò male aggraziato, non ben sapesse conversar con Amore."!

Dante fu in vero impaziente, animoso, e pertihace in opere appartenenti alle Parti così, che non gli era malagevole, se fosse stato bisogno, perdere beni e vita; e nutrissi egli in cuore cotesta indomita animosità fino alla morte. Ciò non contrasta a quanto ne giudicò Torquato nel I. Dialogo della Nobiltà. Dicendo che Dante «< era uomo il quale faceva apertamente conoscere di parlare di scrivere e d' agire più per affetto, che per opinione», Torquato ne pinge un cuore molto suscettivo di subitane bensì má ingenue e vive passioni, ma governate sempre dalla più severa onestà, un cuore ardentemente libero, perchè fidato alla bontà del vero, e quindi nemico aperto della frode, e forse ancora della contraddizione. « Certo è,

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