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no in alto grado, e Beatrice ne fu amarissimamente piena di dolore. Dante, che vedeva andare e venire sconsolate le molte donne, le quali, secondo l'usanza, s' adunavano presso di lei, e postesi le mani in su gli occhi pieni di lagrime, le udiva tenere di lei e di lui compassionevoli pa role, con un Sonetto ricercò quelle donne di ciò, che voglia aveva di domandare, e con un altro Sonetto espresse, come loro risposta, ciò, che da esse medesime udito aveva. Appresso ciò, Dante fu colto da una dolorosa infermità, che il condusse ad estrema debolezza, e quindi ad intero smarrimento de' sensi; per lo che dallo errare del la fantasia fu travagliato, come frenetica persona. Immaginò, che detto gli venisse, essere la sua mirabile donna partita del secolo, e la sua errata fantasia gli mostrava giacente il corpo, in cui era stata quella nobilissima e beata anima, e gli facea vedere donne scapigliate, che coprivano con bianco velo quella morta faccia piena d'umiltà. Coi più dolorosi singulti andava egli chiamando la morte, così che pose in gran paura, e fece di lui dispe→ rare una giovanetta, che seco lui congiunta di propinquissima sanguinità stavasi premurosa alla sponda del suo letto. Riscosso finalmente dalle parole di chi lo confortava, e ritornato in cognizione e in salute, alludendo a quanto nella infermità gli era intravenuto, compose la. Canzone

Donna pietosa e di novella etate.

Mentre poi Dante si proponeva di dire in versi, come operasse in lui la virtù di Beatrice; ed in questo argomento aveva già scritta la prima stan◄ za d'una Canzone; il Signore della giustizia la chiamò a gloriare sotto la insegna di Maria Vergine, il cui nome nelle parole di lei stato era sempre in grandissima riverenza. Beatrice mori il di 9 giugno del 1290 nel più bel fiorire di sua età. Dante non reputò sufficiente la sua penna a trattare della partita di Beatrice fatta cittadina di vita eterna. A sfogo soltanto del terribile sbigottimento distruggitore dell' anima sua, scrisse la Canzone:

Gli occhi dolenti per pietà del core.

«Era quasi nella fine del suo ventiquattresimo anno la bellissima Beatrice, scrive Boccaccio, quando, siccome piacque à Colui, che tutto puote, essa lasciando di questo mondo l' angosce, n'andò a quella gloria, che i suoi meriti gli avevano apparecchiata. Della qual partenza Dante in tanto dolore, in tanta afflizione, in tante lagrime rimase, che molti de' suoi più congiunti parenti ed amici niuna fine a quelli credettero, altro che solamente la morte; e quella stimarono dover essere in breve, vedendo lui a niuno conforto, a

niuna consolazione darsi Egli era già si per lo lagrimare, e si per l' afflizione, che al cuore sentiva dentro, e si per non aver di sè alcuna cura di fuori, divenuto quasi una cosa selvatica a riguardare, magro, barbuto, e quasi tutto trasformato da quello, che avanti esser soleva, in tanto che suo aspetto, non che negli amici, ma eziandio in ciascuno altro, a forza di sè metteva compassione. Questa, a dubitazione di peggio, faceva li suoi parenti stare attenti a' suoi conforti: li quali, come alquanto le lagrime cessate conobbero, e li cocenti sospiri alquanto dar sosta allo affaticato petto; ragionarono insieme di dovergli dar moglie, acciocchè come la perduta donna gli era stata di dolor cagione, così di letizia gli fusse la nuovamente acquistata; e dopo lunga tenzone, al ragionare seguì l' effetto, e fu sposato». Ma qual donna mai a Dante valer potea

Quel Sol, che pria d'amor gli scaldò il petto?

Par. III. I.

Dante non ottenne laude di paziente marito. Forse non seppe accogliere nella debita amorevolezza la propria moglie Gemma, principalmente perchè era dessa congiunta di sangue ad alcuni dell'avversa Parte, figliuola essendo di Manetto de' Donati Casata molto illustre di Firenze. Studiossi egli di vivere seco lei,

Come virtute e matrimonio imponne;

Purg. XXV. 155

ma tra Dante ed una tale consorte durar non poteva assai tempo la buona conjugale corrispondenza. Era Gemma donna impacciosa faccendiera, e perciò ritrosa troppo ed increscevole a' suoi costumi. Dopo avere opposto alla costei tediosa algaría per alcuni anni la sua non socratica virtù, ed aver vista disperata ogni via di concordia, fut costretto a rimandarnela a casa sua, se volle imperturbata la pace all' assiduità de' suoi studj richiesta. Per altro questa personale separazione, voluta dal mutuo consentimento a tutela della domestica tranquillità, non infranse

Pur lo vincol d'amor che fa natura

Inf. XI. 56.

così, che a lui non fosse acuto strale, e non gli rimanesse fitto sempre nel cuore, quello che poscia il tenne a forza disgiunto dall' amata famiglia cresciuta di sei figliuoletti; come assai affettuosamente esprimono le parole, che, nella predizione del Tritavo suo Cacciaguida, la moglie ed i figliuoli risguardano:

Tu lascierai ogni cosa diletta

Più caramente: e questo è quello strale,

Che l'arco dell' esilio pria saetta.

Par. XVII. 55.

A confermarne in quest' avviso, che assolve Dante dallo avere avuto in odio la consorte, prestasi acconcia la testimonianza del Petrarca, che, nella sua Lettera a Giovanni di Certaldo, così di Dante ragiona: «Egli trascurò ogni altra cosa, bramoso solo di fama. Nel qual fatto io non potrei ammirarlo, nè lodarlo abbastanza; poichè nè l' ingiuria de' cittadini, nè l'esilio, nè la povertà, nè l'amor della moglie, nè la pietà de' figliuoli il distolsero mai dal cammino una volta intrapreso

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Gemma poi col titolo delle sue doti difese dalla rabbia cittadina alcuna parte delle possessioni del marito; e de' frutti di essa potè reggere sè, e que' tra sei figliuoletti, che, per la piccola età male disposti alla fuga, non ebb' egli con seco nel suo esilio.

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