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fare delle sue gran virtù in tanto studio experientia, è pubblicamente in ogni facoltà messe conclusione, offerendosi a tutti li huomini dotti pronto e parato alla disputazione. » Dante nel decimo Canto del Paradiso manifesta molta stima di un Siggieri. Sigier, o Sèguier era un professore di filosofia, la cui dottrina non dovette andare immune d' invidia, dicendo Dante:

Sillogizzò invidiosi veri.

Par. X. 138.

Teneva egli scuola nella strada Fouare, così tuttora nominata, presso la piazza Maubert. Feurre e poscia Fouare significava nella vecchia lingua francese ciò, che oggi vien significato dalla parola Fourrage, cioè, paglia, fieno. Quindi Dante scrisse di lui, che leggeva nel vico dello Strame. Forse ebbe Dante a raccogliere da volgare tradizione in Parigi quella opinione, che fece montare in tanta collera il buon Francesco 1.° allo intenderla nella lettura, che gli faceva di Dante Luigi Alamanni, che, cioè, il padre di Ugo Capeto fosse un beccajo. Già fu pur detto da altri che Dante avesse studiato sotto Brunetto Latini in Parigi, prima assai del suo esilio. Gio. Mario Filelfo vuole, che dopo la morte d'Arrigo, Dante studiasse filosofia in Cremona sotto un tal Gio. Conti, e poi in Napoli sotto Paolo Archino.

CAPO V I.

Con qualche patria ambizione ne piace credere

e riferire, che Dante fu eziandio ascoltatore di quel Gotto mantovano, che faceva di così belle Canzoni. «Sono alcuni, dic' egli nel Volgare Eloquio Lib. 2. Cap. 13, i quali in una istessa Starzia non accordano tutte le desinenzie dei verbi; ma alcune di esse ne le altre Stanzie repetiscono o veramente accordano; come fu Gotto mantovano, il quale fin qui ci ha molte sue buone Canzoni intimato. Costui sempre tesseva ne la Stanzia un verso scompagnato, il quale esso nominava chiave. E come di uno, così è lecito di dui, e forse di più. » Singolare in vero si è l'avviso del Tiraboschi in riguardo a cotesto nostro cittadino poeta Gotto. Nel tomo quarto della sua Storia letteraria così egli la pensa: << Parmi, che non possa rivocarsi in dubbio, (ma da chi mai si potrebbe?) che Sordello fosse mantovano. Il testimonio di Dante non soffre eccezione: anzi in un altro passo lo stesso Dante gli dà il nome di Gotto mantovano, il che ci pruova, ch' egli era natio del luogo di Goito. » Un tal genere di argomentazione potrebbe per avventura non sem

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brare il più convincente. Chi ha mai detto al Tiraboschi, che Dante abbia dato a Sordello il nome di Gotto? Egli diede anzi a ciascuno di questi due illustri Mantovani il loro nome rispettivo, ed affatto diverso, senz' aggiugnere parola, che potesse dar luogo ad un simile e così strano equivoco. La conseguenza, che il Tiraboschi trae da questa sua supposizione, riesce ancora più storta. Quando pur vero fosse, che Dante avesse dato a Sordello anche il nome di Gotto, non se ne avrebbe l' asserita e non richiesta prova, che dunque Sordello fosse nativo di Goito; giacchè Gotto non equivale per nulla a Goitense. Vive ora un Sordello, nè risponderebb' egli a chi così gli scambiasse il bel nome, sebbene sia nativo di Goito. Insiste il Tiraboschi in dire, che Gotto non può essere un poeta diverso da Sordello. «< Egli era oriondo da Goito, il qual nome si può facilmente cambiare, scrivendo, in Gotto: nè è cosa rara negli Scrittori di questi tempi l' appellare uno dal nome della sua patria. Dante vi aggiunge ancora mantovano; il che ci rende sempre più probabile questa opinione, poichè Goito è appunto nel territorio mantovano. Quindi una tal somiglianza di nome, e il non trovarsi alcun' altra menzione di questo Gotto, mi rende quasi evidente, che Sordello e Gotto mantovano non siano, che un sol poeta. » Noi per l' opposito tenia

mo quasi evidente, che Sordello e Gotto furono due poeti diversi. Gotto, pel testimoniare di Dante, sempre tesseva nella Stanzia un verso scompagnato, il quale esso nominava chiave. Ma nelle Stanze rimasteci di Sordello non riscontrasi cotesto verso scompagnato. Dunque le molte buone Canzoni del Gotto, erano diverse di fisonomia dalle molte buone del Sordello; come diversi di fisonomia saranno stati essi medesimi que' due Vati. Quando Dante volle indicare Sordello, non divagò pigliandone antonomasia ed appellazione dal paese natale; che anzi il volle chiamar sempre pel vero e chiaro suo nome. Nello stesso Trattato della Volgare Eloquenza, nel quale aveva pur poco prima fatta menzione di Gotto, commendò Sordello, siccome solito, in iscrivendo, scostarsi dal volgare linguaggio della patria, che molte voci ricevute avea dalle vicine città. Ecco le identiche parole, con cui Dante loda quel maggior luminare mantovano de' tempi suoi. « Tutti pigliano dai loro vicini, come Sordello dimostra la sua Mantova, che con Cremona, Bressa e Verona confina. Il qual uomo fu tanto in eloquenzia, che non solamente nei poemi, ma in ciascun modo che parlasse, il volgare della sua patria abbandonò. » D'altronde Gotto è da lui ricordato qual buon poeta bensì, ma unicamente quale poeta. Sordello fu uomo eziandio di grande

eloquenza, e dotto, e pratico de' più sublimi affari di Stato. Si sa, che, nel suo Tesoro de' tesori, avea trattato delle famose gesta di tutti que', che seppero essere eccellenti nel governo de' regni e delle repubbliche. La sola sua Canzone in morte di Blacasso il fa tuttora conoscere per quel sommo filosofo e politico e poeta, ch' egli era. Anche il Bembo nel Libro secondo delle sue prose riguarda Gotto qual diverso poeta. Anzi, come osserva il Conte Perticari al Cap. 29 nella profonda sua opera intorno il Libro del Volgare Eloquio, il Bembo pare che stimi, essersi fatto Dante ascoltatore di Gotto, lo che nessuno disse mai di Sordello morto già mentre Dante contaya appena l' età di tre lustri. Il Minturno, il Crescimbeni, l'Histoire des Trombadours, il Quadrio, il Bettinelli, nell'atto di confessare, che non trovasi del Gotto alcuna altra certa notizia, nè poesia alcuna, fanno pur del Gotto un poeta dal Sordello diverso.

Venimmo a lei. O anima Lombarda,
Come ti stavi altera e disdegnosa,

E nel muover degli occhi onesta e tarda! Ella non ci diceva alcuna cosa;

Ma lasciavane gir, solo guardando

A guisa di leon quando si posa.

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