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lo sventurato amico mio è tanto atterrito nella piaggia deserta, e tenuto indietro da tre fiere, che si è per timore rivolto in fuga: temo, non siasi di già tanto smarrito, che tardi io mi sia levata in suo soccorso: ora vattene, e col tuo eloquente parlare, e con quanto fa di mestiere alla sua salvezza, ajutalo di maniera, ch' io ne sia consolata. Io, che t'invito, sono Beatrice : vengó dal Paradiso, ove desidero di risalire:

Amor mi mosse, che mi fa parlare.

Inf. 11. 72.

Quando sarò tornata dinanzi a Dio, a lui so vente mi loderò di te.

Poscia che m' ebbe ragionato questo
Gli occhi lucenti lagrimando volse,
Perchè mi fece del venir più presto.

Inf. II. 115.

Dantè così riconfortato fassi a sostenere la fatica e la compassione del nuovo cammino, « Vedete voi, esclama Trifone Gabriello nella Difesa di Dante, come gli si presenta di subito la mirabilità da ogni parte? Movesi in suo pro la Divina Clemenza, la Grazia illuminante, la Teologia, la quale è in Beatrice cambiata, a cui vuol fare l'onore promessole, e che amando l'amante suo, e di lui sentendo compassione, levasi dalla sua

sede celeste, al Limbo discende, e la morale Filosofia sollecitando, che con la persona di Virgilio è vestita, quella manda al soccorso del suo fedele, acciocchè fin là dov' egli può, cioè fino al Paradiso terrestre, lo guidi.... Tutto quello che da qui in poi Dante fa, vede, o ascolta, tutto è per opera di Beatrice, parte col mezzo di Virgilio, parte col proprio mezzo di lei; ma da lei comincia, per lei va avanti, e per lei termina il suo poema; non altrimenti che, per la preghiera fatta da Minerva nel Concilio degli Dei, esce Ulisse dall' isola di Calisso, luogo d' orrori, come la selva di Dante, e ritorna alla patria. » Dante non teme più nè pericoli, nè fatica: la guida procede, ed egli la segue. S'avviene ad una porta, sulla cui sommità leggonsi in oscuri caratteri le seguenti parole:

Per me si va nella città dolente:
Per me si va nell' eterno dolore:
Per me si va tra la perduta gente.

Inf. III. r.

Un perpetuo frastuono per l'aere eternamente fosco s' aggira, come la sabbia agitata dal turbine. Gli uomini indifferenti, inutili al prossimo ed a sè stessi, che, nulla curando la nobiltà dell'essere, si dissero uomini, ma non furono; sciagurati che, vivendo senza vergogna e senza gloria,

non vissero mai, ivi sono forzati a precipitarsi in folla dietro una insegna, che velocissima li precede: essi sono nudi, e punti, senza triegua, da vespe e da tafani: il sangue gronda dai loro volti confuso colle lagrime, e cade ai loro piedi, ove se ne nutricano vermi fastidiosi. I due viaggiatori s' inoltrano sino alla trista riviera d'Acheronte.

Il nocchier della livida palude

Inf. III. 98.

ripassa nella sua barca l'anime di quanti muojono nell' ira di Dio. La tenebrosa campagna si scuote: il Poeta perde ogni sentimento. Un tuono strepitoso lo sveglia: egli trovasi sull' altro lato del fiume, e in riva all' abisso dei dolori.

Non però di dolori, bensì d' amori noi qui ci proponemmo di gire in traccia, e singolarmente degli amori di Dante e di Beatrice. Per diffinire e bene addentro conoscere l' amore di Dante, non ei faremo noi ad ascoltare e ripetere la dottrina di Virgilio, che risponde gravemente all' inchiesta:

Però ti prego, dolce padre caro,
Che mi dimostri amore.

Purg. XVIII. 13.

Noi non andiam' ora in cerca dell' amore, al quale si ascrive ogni bontà ed ogni malizia del nostro

operare; domandiamo unicamente, come il nostro Poeta ardesse d'amore per la bellezza. In un solo verso di Dante trovò il Tasso definito il dantesco amore. « Se io, dic' egli in un suo Dialogo, recassi la definizione di Dante, udireste, che

Amore e cor gentil sono una cosa.»>

Leggiamo noi pure nelle rime di Dante:

Amore è una passione in disïanza,
Piacer di forma dato per natura,

Si che 'l voler del core ogni altro avanza. Frattanto che Beatrice tarda lo scendere incontro

il suo Vate, ne gioverebbe rintracciare qua e là i contrassegni dell' amore di Dante in quel suo stile pittoresco ed animato, in quell' armonia imitativa, che aggiunge al pensiero ed alla passione, seducendo l'orecchio ed il cuore, in quelle descrizioni liete e ridenti delle varie e vaste bellezze della natura, nell' artificio incantatore de' soavi dolcissimi versi, onde in tante e tante prospettive il divino Poema s' allegra e s' abbella. Dante avrebbe di che ripetere :

Nè credo, che 'l mio dir ti sia men caro,
Se oltre promission teco si spazia;

Purg. XXVIII, 137.

poichè tutto egli sa narrare con veemenza e ra

pimento d'animo, siccome quegli che, per natura, non per istudio, in ogni cosa vede il mirabile, in ogni cosa sa ritrovare il sublime; ed ammiranda mostrasi per lui la divina Giustizia nell'atto medesimo di saettare i peccatori, e di rifar belle le anime col temporale tormento. Ma un modo sarebbe questo da protrarne soverchio il cammino lungo la valle dolorosa, e da non uscire più mai delle fruttuose pene del Purgatorio; perocchè, come osserva Scipione Maffei, il divino Dante è si gran fonte di poesia, che per quanto se n'attinga, più sempre ve ne rimane.

Però salta la penna, e non lo scrivo.

Par. XXIV. 25.

Ne basti appena il porgere alcun' attenzione alla spontaneità e precisione di que' dialoghi, che prestano maggiore azione e maggior vita al poema, ascoltando il passionato linguaggio dell' Anime o dannate o penitenti. Nè strano ci sembri, se gl'Innamorati fino in Inferno, per ragguaglio di Dante, si fanno buona compagnia, e con gli sguardi amorosi rattemperano l' atrocità dell' aterne lor pene.

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