§. VI. Mette il nome di BEATRICE fra quello di sessanta donne le più belle di Firenze, e in una Serventese non gli può dar luogo in altro numero che nel nono. Dico che in questo tempo, che questa donna 1) era schermo di tanto amore, quanto dalla mia parte, mi venne una volontà di voler ricordare 2) lo nome di quella gentilissima, ed accompagnarlo di molti nomi di donne, e spezialmente del nome 3) di questa gentil donna: e presi li nomi di sessanta, le più belle della città, ove la mia donna fu posta dallo altissimo Sire 4); e composi una epistola sotto forma 5) di Serventese 6), la quale io non iscriverò; e non ne avrei fatta menzione, se non per quello che, ponendola 7), maravigliosamente addivenne, cioè (XIII) che in alcuno altro numero non sofferse il nome della mia donna stare, se non in sul nono 8) tra' nomi di queste donne. Note al S. VI. 3) Così l' ediz. S., il Cod. B. e l' EP.; nella volgata manca del nome. * - 4) Siri l'ediz. S., che registra in fine (pag. 119) questa voce fra quelle non usate da altri. Ricorre ivi pure nella Canz. I, st. 2, v. 2, e nel §. ultimo dell' opera, invece di Sire. L'EP. ha Signore, e così il CC. in questo luogo. Osservisi che Dante, usando l'appellativo città, non nomina qui nè mai nel séguito Firenze; ed anche l'ultima volta che la ricorda al §. XLI, non lo fa che per cenni allusivi a Beatrice. * 5) sotto modo - Codd. B. F. 6) « Questa maniera di versi chiamati ora terzetti, ora ternarii, e quando terzine, non sono altro che versi di undici sillabe rinter- 8) Ma propriamente sul nono, e non altro? « Oh che nome saltarizzo, che s'andò a situare giusto lì », nota scherzosamente il Rossetti. Nel Cod. B. e nell' EP. leggesi - in sul nove, e così pure nel CC. * §. VII. Parte colei che faceva difesa al suo amore; e scrive un Sonetto, in cui si duole di questo; e ciò per confermare l'altrui credenza. La donna, colla quale io avea tanto tempo celata la mia volontà, convenne 1) che si partisse dalla sopraddetta cittade, e andasse in paese molto 2) lontano. Perchè io, quasi sbigottito della bella difesa che m'era venuta meno, assai me ne disconfortai 3) più, che io medesimo non avrei creduto dinanzi. E pensando che, se della sua partita io non parlassi alquanto dolorosamente, le persone sarebbero 4) accorte piuttosto del mio nascondere; proposi adunque 5) di fare alcuna lamentanza in un Sonetto, lo quale io scriverò 6), perciocchè 7) la mia donna fu immeDante, Vita Nuova 2 diata cagione di certe parole che nel Sonetto sono, siccome appare a chi lo intende 8); ed allora dissi questo Sonetto 9). V. Append. n.• XIV. BALLATA I. O voi, che per la via d'Amor passate, S'egli è dolore alcun, quanto il mio, grave: E poi immaginate, S'io son d'ogni tormento 11) ostello e chiave. Amor non già per mia poca bontate, Ma per sua nobiltate, Mi pose in vita si dolce e soave, Ch'io mi sentía dir dietro spesse fiate 12): Cosi leggiadro questi lo cor ȧve? Ora ho perduta tutta mia baldanza, Ond' io pover dimoro, In guisa 14) che di dir mi vien dottanza: Si che, volendo far come coloro Che per vergogna celan lor mancanza, Di fuor mostro allegranza, E dentro dallo cor mi struggo 15) e ploro. † + Questo Sonetto ha due parti principali; chè nella prima intendo di chiamare gli fedeli d' Amore per quelle parole di Jeremia Profeta 16): 0 vos omnes, qui transitis per viam, attendite et videte, si est dolor sicut dolor meus 17); e pregare che mi sofferino 18) d'udire; nella seconda narro là ove Amore m' avea posto, con altro intendimento 19) che l'estreme parti del Sonetto non mostrano; e dico ciò che io ho perduto. La seconda parte comincia 20): Amor, non già ecc. Note al S. VII. 6) il quale io scrivo, leggono l'EP. e il CC. 7) acciocchè conforme al Cod. B., invece di perciocchè, come tante volte usa Dante nel Convito ed anche in quest'opera. Al contrario perocchè per acciocchè usò l'Autore nella Rime: « E perocchè il mio dir util vi fia » (Canz. - Donna mi prega ecc. st. 3). Anche nel Parad. C. XI, 31 : « Perocchè andasse ver lo suo diletto ». 8) Vedi qui sotto la nota alla Divisione .⚫ 19). n.o §. VIII. Muore poco appresso un'amica della sua BEATRICE, e ne piange in due Sonetti la morte. Appresso il partire di questa gentil donna, fu piacere del Signore degli Angeli di chiamare alla sua gloria una donna giovane di gentile aspetto molto 1), la quale fu assai graziosa in questa 2) sopraddetta cittade; lo cui corpo io vidi giacere senza l'anima in mezzo di molte donne, le quali piangevano 3)* assai pietosamente. Allora, ricordandomi che già l' avea veduta fare compagnia a quella gentilissima, non potei sostenere alquante lacrime *; anzi piangendo mi proposi di dire alquante parole della sua morte 4), in guiderdone di ciò che alcune fiate l'avea veduta colla mia donna. E di ciò toccai alcuna cosa nell' ultima parte delle parole che ne dissi, siccome appare manifestamente a chi le intende; e dissi allora questi due Sonetti, de' quali comincia il primo Piangete, amanti; e 'l secondo: Morte villana. SONETTO II. Piangete, amanti 5), poichè piange Amore, Udite quanta Amor le fece 9) orranza; Chè donna fu di sì gaja sembianza. † † Questo 12) Sonetto ha tre parti 13). Nella prima chiamo e sollecito i fedeli d' Amore a piangere; e dico che il Signore loro piange 14); e dico che 15), udendo la cagione perch' e' piange, s'acconcino più ad ascoltarmi. Nella seconda narro la cagione. Nella terza parlo d'alcuno onore, che Amore fece a questa donna. La seconda parte comincia: Amor sente. La terza: Udite quanta. Note al S. VIII. 1) Il can. Dionisi, investigando quale potesse essere nel senso istorico la donna accennata da Beatrice a Virgilio, per narrargli il motivo della sua venuta al Limbo (Inf. C. II, v. 94 e segg.) « Donna è gentile in ciel, che si compiange Di questo impedimento, ov'io ti mando,- Sì che duro giudizio lassù frange. - Questa chiese Lucía in suo dimando, E disse or ha bisogno il tuo fedele Di te, ed io a te lo raccomando », osserva che i comentatori non si sono cu rati di ricercarlo, nè egli si vanta di averlo trovato con sicurezza; ma pure, verisimilmente parlando, dice esser quella di cui Dante fa qui menzione. Vedasi la sua Prepar. stor. crit. vol. 2.o, pag. 198-99. * 2) nella sopraddetta ecc. Cod. F. 3) L' ediz. S. è mancante del membretto chiuso fra gli asterischi dalla parola assai fino a lacrime. * 4) Cosi li Codd. B. F., l'EP. e il CC.; la volgata nella sua morte.* Note al Sonetto II. nel 5) Ad intelligenza di questo Sonetto, quale va fra le altre cose dicendo il Poeta, che vide Amore in forma vera lamentarsi sopra il corpo della morta avvenente donzella, e riguardar verso il cielo, convien sapere che sotto il nome di Amore cela egli la sua Beatrice la quale in forma vera, e non ideale siccome Cupido, fu da lui veduta lamentarsi sopra il corpo della estinta compagna. Anche nell' ultimo verso del Sonetto XII Dante adonibra la sua donna sotto il vocabolo Amore. 6) parlare Cod. Redi. 7) Per clamare; e quindi a pietà chiamare significa esclamare pietosamente. PF. 8) La lezione - fuora, conforme alla stam Note alla Divisione. 12) L'EP. e il CC. aggiungono qui - primo. 13) si divide in tre ecc. - Cod. B. 14) e dico del Signor loro che piange Cod. B. 15) Nella volgata è intralciato il discorso, per la mancanza della prep. che opportunamente fornita dall'EP. * BALLATA II 16). Morte villana, e di pietà nimica, Di dolor madre antica, Giudicio incontrastabile 17) gravoso, Poi c'hai dato 18) materia al cor doglioso, Di te biasmar la lingua s' affatica: Eh! se di grazia ti vo' 20) far mendica, Convenesi 21) ch'io dica Lo tuo fallir d'ogni torto 22) tortoso; Chi d'amor per innanzi si nutrica 25). E, ciò che in donna è da pregiar, virtute Distrutta hai l'amorosa leggiadria. Più non vo discovrir qual donna sia, Che per le proprietà sue conosciute: Chi non merta salute, Non speri mai d'aver 28) sua compagnia. † † Questo sonetto 29) si divide in quattro parti. Nella prima parte chiamo la morte per certi suoi nomi proprii. Nella seconda, parlando a lei 30), dico la cagione perchè io mi muovo a biasimarla. Nella terza la vitupero. Nella quarta mi volgo a parlare a indiffinita 31) persona; avvegnache, quanto al mio intendimento, sia diffinita 32). La seconda parte comincia: Poi c'hai dato. La terza: Eh! se di grazia. La quarta: Chi non merta salute. |