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PARTE II.

§. XXIX. E' n' aveva composta la stanza prima, quando accadde che BEATRICE se n' andò al cielo per morte; e mostrato come a lui non convengasi trattare di questa, entra a dire per quali ragioni il numero nove abbia potuto aver luogo più volte nel raccontare di lei.

Quomodo

uomodo sola sedet civitas plena populo? facta est quasi vidua domina gentium 1). Io era nel proponimento ancora di questa Canzone, e compiuta ne avea questa soprascritta stanza 2), quando il Signore della giustizia 3) chiamò questa gentilissima a gloriare sotto la insegna di quella reina benedetta 4) Maria, lo cui nome fu in grandissima reverenza nelle parole di questa Beatrice beata 5), Ed avvegnachè forse piacerebbe 6) al presente trattare alquanto della sua partita da noi, non è mio intendimento di trattarne 7) qui per tre ragioni. La prima, che ciò non è del presente proposito, se volemo guardare il proemio che precede questo libello. La seconda si è che, posto che fosse 8) del presente proposito, ancora non sarebbe sufficiente la mia penna 9) a trattare, come si converrebbe, di ciò. La terza si è che, posto che fosse l'uno e l'altro, non è convenevole a me trattare di ciò; per quello che, trattando 10), converrebbe essere me laudatore di me medesimo; la qual cosa al postutto è biasimevole a chi il fa; e però lascio cotale trattato ad altro chiosatore. Tuttavia, perocchè molte volte il numero del nove ha preso luogo tra le parole dinanzi, onde pare che sia non senza ragione; e nella sua partita cotal numero pare che avesse molto 11); conviensi qui dire 12) alcuna cosa, acciocchè 13) pare al proposito convenirsi. Onde prima dirò come ebbe luogo nella sua partita, e poi ne assegnerò 14) alcuna ragione, perchè questo numero fu a lei cotanto amico.

Note al S. XXIX.

4) È il principio del Cap. I de' Treni di Geremia. Vedi §. XXXI qui appresso. Così pure comincia l'Epistola di Dante ai Cardinali italiani stampata colla nostra versioue al N.o XII, vol. V, pag. 82. *

2) Vedi sopra la nota 4) al §. XXVIII.* 3) quando lo Signore di questa gentilissima, cioè lo Signore della giustizia, chiamò questa nobile a gloriare ecc. e CC. *

4) virgo Maria - EP. e CC. manca in S.

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EP.

5) beata 6) a presente il Cod. M. Vedi sopra la nota 6) pag. 58. *

7) Così il CC., al quale sembra accor

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12) Così ci par bene di leggere col Cod. M., invece di conviensi dire quindi colla volgata. L'ediz. S. - converriesi dire. *

13) Qui pure acciocchè, in senso di perciocchè, come appunto legge il Cod. M. E fra tanti esempii addotti, e che potrebbero allegarsi di Dante medesimo, uno ne citeremo delle Novelle antiche, num. 75: Le balie de' fanciulli dicono, quand' elli piangono: ecco il re Ricciardo; acciocchè come la morte fu temuto. 14) ne segnerò - EP.

§. XXX. Nota che BEATRICE mori nella prima ora del giorno nove di Giugno (ch'è il nono mese dell' anno Siriaco) dell' anno 1290, cioè nella diecina nona del Secolo XIII in cui era nata. E ciò dice avvenuto per questo, che si erano perfettamente accordati nella sua generazione i Cieli, che secondo Tolomeo sono nove; e che come il tre è numero fattore del nove, così è da credere che la mirabile Trinità abbia voluto esser radice del nove, cioè del miracolo di bellezza che fu Beatrice.

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I。 lo dico che, secondo l'usanza d' Italia 1), l'anima sua nobilissima si parti nella prima ora del nono giorno del mese; e, secondo l' usanza di Siria, ella si parti nel nono mese dell'anno, perciocchè il primo mese è ivi Tismin 2), lo quale a noi è Ottobre. E, secondo l'usanza nostra, ella si parti in quello anno della nostra Indizione, cioè degli anni Domini, in cui il perfetto numero 3) era compiuto nove volte 4) in quel centinajo 5), nel quale in questo mondo ella fu posta; ed ella fu de' Cristiani del terzodecimo centinajo. Perchè questo numero fosse tanto amico di lei 6), questa potrebbe essere una ragione: conciossiacosachè, secondo Tolomeo, e 7) secondo la cristiana verità, nove sieno li cieli che si muovono; e, secondo comune opinione astrologica 8), li detti cieli adoperino quaggiù, secondo la loro abitudine, insieme 9); questo numero fu amico di lei, per dare ad intendere che nella sua generazione tutti e nove li mobili cieli perfettissimamente 10) s'aveano insieme. Questa è una ragione di ciò; ma più sottilmente pensando, e secondo la infallibile 11) verità, questo numero fu ella medesima; per similitudine dico, e ciò intendo cosi: Lo numero del tre è la radice del nove; perocchè senz' altro numero per sè multiplicato fa nove, siccome vedemo manifestamente 12) che tre via tre fa nove. Dunque se il tre per sè medesimo è fattore del nove; e lo Fattore de' miracoli per sè medesimo è tre, cioè Padre, Figliuolo e Spirito Santo, li quali sono tre ed uno; questa donna fu accompagnata dal numero del nove, a dare ad intendere che ella era un nove, cioè un miracolo, la cui radice 13) Dante, Vita Nuova.

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è solamente la mirabile Triade. Forse ancora 14) per più sottil persona si vedrebbe in ciò più sottile ragione 15); ma questa è quella che io ne veggio, e che più mi piace.

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Note al S. XXX.

1) d' Arabia, l' EP. con questa nota : « Nel nostro Cod. Alias Italia interlineare »). - Ivi, dopo anima sua, manca nobilissima in S. *

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2) Forse Tisri -. Salvini. <<< Sirim primo. Nel nostro Cod. Alias Tismin in margine ». EP. Se tutto ciò che l' Autore scriveva della sua Beatrice era finto, perchè affaticavasi egli a cercare fin nella Siria il mese al nostro Giugno corrispondente, che la fosse il nono, quando comodamente finger poteva il transito di lei in Novembre, che per vocabolo e numero all'uso fiorentino, è appunto il nono? Dionisi (Prepar, istor. crit. ecc., vol. 2.o, pag. 50).*

3) Il perfetto numero è il dieci. Perchè ciò sia, lo spiega l'Autore nel Convito (Trattato II, cap 15): « Conciossiacosachè dal dieci in su non si vada se non con esso dieci alternando con gli altri nove e con sè stesso ». Dion. (loc. cit.).

4) « Prendo qui la voce compiuto in senso largo; che allora cioè corresse l'anno 1290 poichè in istretto varrebbe, che il detto anno fosse già terminato; ciò che guasterebbe ogni altro conteggio di età (in ordine a Dante e a Beatrice) d'un anno ». Dion. (ivi).

5) Cioè secolo. E vale a dire, che Bea trice mori nell' ora prima del giorno 9 di Giugno dell' anno 1290. EM. E dappoi chè, da quanto dice l'Autore sul principio di questo libretto, si rileva che ella aveva otto o nove mesi meno di Dante, può stabilirsi che alla sua morte ella contava 24 anni e 3 mesi d' età. PF. Anche qui osserviamo, che se B. fosse stata un ente immaginario, e non reale, non si sarebbero precisati gli anni che visse, l'essere cristiana, e per fino il giorno e l'ora della sua morte.

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6) Le parole fra gli asterischi da Perchè fino a di lei sono supplite coi Codd. B., M.; ed allo stesso modo leggono l'EP. e il CC. Negli altri testi è lacuna. Il nostro Fraticelli, volendo liberar l' Allighieri dalla taccia di frivolezza nell' aver data si grande parte al numero nove nel procedimento di questo suo libro, ecco in qual guisa lo giustifica, ed a quanto ci pare, assai giudiziosamente; se non che rimane in noi sempre il dubbio, che siavi coperto un misterioso intendimento, come accennammo nella Prefazione già composta or son sette anni, e poi pubblicata l'estate dell'anno 1839 nel Nuovo Giornale de' Letterati di Pisa N. 105, prima che venisse in luce l'edizione della Vita

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Nuova a cura del sullodato amico: « Qui « dà la spiegazione del perchè questo nume«ro fosse cotanto simpatico della sua amata, « dicendo che al momento ch' ella venne <<< al mondo tutti e nove i mobili cieli, con<< giunti insieme, piovvero sopra di lei i << loro benefici influssi. E questa idea la ri<< petè nel Son. XLV e nella Ballata V. Non « dovrà far maraviglia cotale puerile e a « bello studio cercata coincidenza del nu« mero nove. L'astrologia giudiciaria for«mava parte degli studii e dell' istruzione << di quel tempo: ond' è che l'alta mente « di Dante, imbevuta dall' adolescenza dei << pregiudizii del secolo, non seppe affatto <<< liberarsene, e così pagò un tributo al<<< l'umana credulità. Anche il Petrarca volle << trovare una coincidenza nella morte di <<< Laura, dicendo ch'essa morì lo stesso « mese, lo stesso giorno, la stessa ora nella CC quale era nata >>.

7) e, secondo li Cristiani, veritade è che nove sieno li cieli ecc. - EP. Intorno a ciò si osserva opportunamente dal Dionisi, che « cristiana verità non vuol dire una « verità di fede, la qual' è infallibile; ma << una opinione generale, in cui non entra « nè Cristo nè la Cristianità. Infatti nel « Convito (Trat. II, cap. 3), mentovando « egli questa stessa opinione, ne allega solo «gli astrologi e i filosofi, dicendo: Sicchè se« condo lui (cioè Tolomeo), e secondo che « si tiene in astrologia e in filosofia (poi« chè quelli movimenti furono veduti), so« no nove li cieli mobili. Guarda nel me<< desimo Convito (Trat. IV, cap. 6), dove << troverai che la dottrina d' Aristotele puo« tesi appellare quasi cattolica opinione. « Dice quasi cattolica, perchè la dottrina <<< aristotelica, nemmen quando era più in « voga, potea dirsi assolutamente universa<< le essendo mancati mai a Platone « seguaci ». (Aned. V, pag. 140 ).

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8) Così li Codd. B., F. La comune lezione delle stampe (su cui è fondato l'articolo ASTROLOGO Add. della Crusca) secondo comunione astrologa, è quindi per lo meno assai dubbia, quanto a cotesto astrologo usato addiettivamente; e quel comunione, invece di comune opinione, è assolutamente errato. EM. - Alla variante da noi adottata è pure conforme l'EP. e il CC.; salvo che leggesi pur ivi astrologa, e non astrologica; e l'ediz. S. ancor peggio, cioè comunione Astrología.

*

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e quelle che si attribuiscono esclusivamente alla Divinità; a meno che non mirasse questo ragionamento a qualche segreto significato, del quale non è pervenuta fino a noi la chiave. Laonde rimettendoci alla nota 1) pag. 3, staremo contenti per ora alle prudenti riflessioni sul proposito soggiunte dal ch. Scolari nell' Append. N.o X. *

14) Forse ancora per più sottili ragioni ciò è; ma questa è quella che più mi piace, e che io ne veggio - EP. e CC. Anche il Cod. M. ha trasposizione in quest'ultimo membretto. Probabilmente non mancava al tempo di Dante chi capiva ben addentro le ragioni positive di questo discorso; mentre a noi non è dato che di far congetture di allusioni sottratte alla nostra intelligenza come si è la ragione stessa che l'Autore dice di vederne, e piacergli. *

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§. XXXI. Ripiglia dicendo che, morta BEATRICE, la città ne rimase tutta desolata, e tanto che della sua condizione egli scrisse una lettera latina ai principi della terra, la quale cominciava: Quomodo sedet sola etc.

Poichè la gentilissima donna 1) fu partita di questo secolo 2), ri

mase tutta la sopraddetta città 3) quasi vedova, dispogliata da ogni dignità; onde io ancora lacrimando in questa desolata 4) città scrissi aʼ principi della terra 5) alquanto della sua condizione 6), * pigliando quello cominciamento di Jeremía: Quomodo sedet sola civitas? E questo dico, acciocchè altri non si maravigli, perchè io l'abbia allegato di sopra, quasi come entrata della nuova materia che appresso viene. * E se 7) alcuno volesse me riprendere di ciò, che non iscrivo qui le parole che seguitano a quelle allegate, scusomene, perocchè lo intendimento mio non fu da principio di scrivere altro che per volgare: onde, conciossiacosachè le parole, che seguitano a quelle che sono allegate, sieno tutte latine, sarebbe fuori del mio intendimento se io le scrivessi; e simile intenzione so che ebbe questo mio amico, a cui ciò scrivo, cioè che io gli scrivessi solamente in volgare 8).

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7) Cosi S., EP. e CC. La volgata comincia il periodo colla prep. Se. *

8) Vedi nota 42) pag 7, per ciò che riguarda il qui accennato amico di Dante.

Ma,

per quanto concerne al suo intendimento, assai diverso dall' apparentemente espresso sembra esser quello, ch' effettivamente ebbe in vista l' Autore. *

§. XXXII. A sfogare sempre più il dolore che lo struggeva, si fa a comporre una Canzone, dalla quale in poi la indicazione delle parti, in cui si dividono li componimenti poetici compresi nella V. N., viene premessa, e non posta dopo, come fino a qui.

Poichè gli occhi miei ebbero per alquanto tempo lacrimato, e tanto

affaticati erano 1), ch' io non potea sfogare la mia tristizia, pensai di 2) volerla sfogare con alquante parole dolorose; e 3) però proposi di fare una Canzone, nella quale piangendo ragionassi di lei, per cui tanto dolore era fatto distruggitore dell' anima mia; e cominciai allora 4): Gli occhi dolenti. †

Acciocchè questa Canzone 5) paja rimanere viepiù vedova dopo il suo fine, la dividerò prima ch' io la scriva; e cotal modo terrò da qui innanzi. Io dico che questa cattivella 6) Canzone ha tre parti. La prima è proemio: nella seconda ragiono di lei: nella terza parlo alla Canzone pietosamente. La seconda comincia: Ita n'è Beatrice; la terza: Pietosa mia Canzone. La prima si divide in tre: nella prima dico 7), che mi muove a dire: nella seconda dico, a cui voglio dire: nella terza dico, di cui voglio dire. La seconda comincia: E perchè mi ricorda; la terza: E dicerò. Poscia, quando dico - Ita n'è Beatrice -, ragiono di lei; e intorno a ciò fo due parti: prima dico la cagione, perchè tolta ne fu; appresso dico, come altri si piagne 8) della sua partita; e comincia questa parte : Partissi dalla sua. Questa parte si divide in tre nella prima dico chi non la piagne : nella seconda dico chi la piagne : nella terza dico mia condizione. La seconda comincia: Ma vien tristizia; la terza: Dannomi angoscia. Poscia quando dico - Pietosa mia Canzone-, parlo a questa Canzone, designandole 9) a quali donne se ne vada, e steasi con loro.

+ CANZONE IV.

Gli occhi, dolenti 10) per pietà del core 11),
Hanno di lacrimar sofferta pena,

Si che per vinti son rimasi omai.
Ora s'io voglio 12) sfogar lo dolore,

Che a poco a poco alla morte mi mena,

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