Sayfadaki görseller
PDF
ePub

A

A MESS. BARTOLOMEO PANCIATICHI

PATRIZIO FIORENtino a).

A vendoci

vendoci Messer Niccolò Carducci, nostro amicissimo, e deditissimo di vostra Magnificenza, accomodato d' un'operetta del famosissimo Poeta e Teologo Dante Allighieri, intitolata Vita Nuova da esso Dante, e da altri riputata di non piccol valore ; ho voluto per mezzo delle nostre stampe farne partecipi gli studiosi, e quelli che delle composizioni antiche si dilettano, le quali nè migliorare, nè pareggiare si possono, bastando dir solamente essere opera di Dante. Ma non mi sodisfacendo io di questo, ho voluto mandarla fuora sotto il chiarissimo e d'ogni laude degno nome di vostra Maguificenza, sì come fo al presente. E perchè il volume era piccolo, mi è parso d' accompagnarlo con la vita di esso Dante scritta dal facondissimo Boccaccio; la quale credo potersi tenere di maggior fede di nessun' altra, sendo che allora il tempo aveva consumato manco assai della notizia dell'azioni di Dante, che non è stato dipoi quando da tanti altri è stata scritta o sulle conietture, o sulle opinioni altrui Degnisi la Magnificenza vostra di accettar questo mio libretto, senza riguardare al piccolo volume, che come piccolo non sarebbe degno di lei; ma considerando le qualità che in esso si ritrovano, o almeno per esser composizioni de' primi e maggior lumi della nostra favella, devono essere stimati e pregiati da quella; la quale si degnerà accettarlo con la sua solita benignità prima dal prefato mess. Niccolò Carducci, e da me che desidero sommamente servirla, Iddio supplicando per ogni suo contento.

[blocks in formation]

B.

PREFAZIONE

DEL CANONICO ANTON MARIA BISCIONI b).

Questa

uesta raccolta di prose di Dante Alighieri e di Giovanni Boccaccio, cittadini ambedue di Firenze, contiene alcune operette di questi valentuomini, le quali per essere di piccola mole, erano state o mescolate con opere d' altri autori, o in piccoli libretti impresse e perciò essendo divenute rare, non erano così pronte a' desiderosi di vederle: oltre di che alcune di esse non erano giammai state stampate. L'opere di Dante sono le seguenti: la Vita Nuova, il Convito e due Epistole. Quelle del Boccaccio: la Vita di Dante e le Pistole, delle quali in tutto non se ne sono ritrovate che sei. Non occorre, che io vanamente mi diffonda dietro alle notizie ed agli encomj di questi eccellentissimi ingegni, di questa nostra città splendori luminosissimi: perciocchè, non che le vite di quelli già da molti state compilate, e gli elogi e le testimonianze di quasi infiniti letterati, se non compiutamente, a sufficienza almeno ne parlano; ma l'opere istesse, e spezialmente le primarie di ciascheduno di essi, le quali non ànno, e non avranno mai pari nel genere loro (e sono, come a ciascuno è ben noto, di Dante la Divina Commedia, e del Boccaccio il Decamerone), rendono indubitata fede dell' eccellenza di questi sovrani autori. Io solamente dirò quello, che a me pare necessario di dire, per la retta intelligenza delle prefate operette, ma principalmente della Vita Nuova : la quale, comecchè per l'avanti non sia stato da alcuno, ch' io sappia, ricercato il suo vero concetto, resta piuttosto alquanto oscuretta, che no, e pertanto di qualche dichiarazione bisognevole ed in questo mezzo toccherò ancora intorno al Convito quelle cose, che per la maggior chiarezza di quello giudicherò necessarie. Nel che fare, se io, per la debolezza del mio talento, prenderò alcun abbaglio, oltre allo sperare d' incontrarne benigno compatimento, averò grandissimo piacere, se dietro alla scorta mia s' aprirà ad altri spazioso campo di rintracciare più depurata la verità.

E primieramente io dirò quello, che altri, intorno a questa Vita Nuova ed al suo oggetto, anno detto: e dipoi ne discenderò a manifestare il mio sentimento. Giovanni Boccaccio, assai vicino de' tempi di Dante, nella di lui Vita racconta così tutta la sustanza del fatto: « Quasi dallo inizio della sua vita, insino all'ultimo della morte, Dante « ebbe fierissima ed importabile passione d'amore ». E precisamente dell'età di questo gran Poeta parlando, nella quale egli s'innamorò, dice: « Il di cui nono anno non era au« cora finito ». E quindi all' oggetto de' suoi amori venendo, soggiunge: « Era in fra la << turba de' giovanetti una figliuola del sopraddetto Folco (Portinari), il cui nome era Bice, << comecch'egli sempre dal suo primitivo, cioè Beatrice, la nominasse, la cui età era forse «‹ di otto anni ». E dopo averla leggiadramente descritta, prosegue: « Costei adunque, tale « quale io la disegno, o forse assai più bella, apparve in questa festa, non credo prima<< mente, ma prima possente a innamorare, agli occhi del nostro Dante ». E poco dopo: « Quanti e quali fossono i pensieri, li sospiri, le lagrime, e l'altre passioni gravissime,

b) All' edizione fiorentina del 1723. Vedi in fine ai Preliminari l' Indice Bibliografico.*

« poi in più provetta età da lui sostenute per questo amore, egli medesimo in parte il << dimostra nella sua Vita Nuova; e però più distesamente non curo di raccontarle ». Ma più distintamente nel suo Comento inedito sopra la Commedia di Dante, al Cauto II dell' Inferno, ne parla, così dicendo: « Fu adunque questa donna, secondo la relazione « di fede degna, di persona, la quale la conobbe, e fu per consanguinità strettissima a « lei, figlinola d'un valente uomo, chiamato Folco Portinari, antico cittadino di Firenze. << E comecchè l'autore sempre la nomini Beatrice dal suo primitivo, ella fu chiamata « Bice, ed egli acconciamente il testimonia nel Paradiso, laddove dice:

Ma quella reverenza che s'indonna

Di tutto me, pur per Be per ICE ;

«<e fu di costumi e d'onestà laudevole, quanto donna esser debba e possa; e di bellezza, « e di leggiadría assai ornata; e fu moglie d'un cavaliere de' Bardi, chiamato Messere « Simone; e nel XXIV anno della sua età passò di questa vita, negli anni di Cristo 1290. « Fu questa donna maravigliosamente amata dall'autore: nè cominciò questo amore nella « loro provetta età, ma nella loro fanciullezza; perocchè essendo ella d'età d'otto anni, e « l'Autore di nove, siccome egli medesimo testimonia nel principio della sua Vita Nuova, << prima piacque agli occhi suoi: ed in questo amore con maravigliosa onestà perseverò «mentr'ella visse: e molte cose in rima per amore ed onor di lei già compuose: e, se«< condochè egli nella fine della sua Vita Nuova scrive, esso in onor di lei a comporre « la presente opera si dispose: e come appare, e quivi ed in altre parti assai maraviglio<<< samente l'onora ». Ed in proposito della Vita Nuova, egli dà nella Vita di Dante questo giudizio « Egli primieramente, duranti ancora le lagrime della morte della sua « Beatrice, quasi nel suo ventesimo sesto anno, compose in un suo volumetto, il quale « egli intitolò Vita Nuova, certe operette, siccome Sonetti e Canzone, in diversi tempi « davanti in rima fatte da lui, maravigliosamente belle ; di sopra da ciascuna partitamente «<e ordinatamente scrivendo le cagioni, che a quelle fare l'avevan mosso; e di dietro po« nendo le divisioni delle precedenti opere. E comecchè egli d'avere questo libretto « fatto, negli anni più maturi si vergognasse molto; nondimeno, considerata la sua età, è <<< egli assai bello e piacevole, e massimamente a' volgari ».

Dietro all' autorità del Boccaccio, per l'antichità ed eccellenza di quest'uomo stimabilissima, si sono lasciati portare gli altri più moderni scrittori. Benvenuto da Imola, commentatore di Dante, e quasi de' tempi del medesimo Boccaccio, fu senz'altro dell' istesso parere; perocchè venendo a comentare quel passo del Canto trentesimo del Purgatorio : Sovra candido vel, cinta d' oliva,

Donna m' apparve, ecc.

immediatamente dice: « Sed ad pleniorem cognitionem eorum, quae dicuntur hîc, et in <«< capitulo sequenti de istâ Beatrice, volo te scire, quod cùm quidam Fulcus Portinarius, <<< honorabilis civis Florentiae, de more faceret celebre convivium Kalendis Maii, convocatis « vicinis cum dominabus eorum, Dantes tunc puerulus novem annorum, secutus patrem << suum Aldigherium, qui erat unus de numero convivarum, vidit casu inter alias puellas, « puellulam, filiam praefati Fulci, cui nomen erat Beatrix, aetatis VIII annorum, mirae « pulchritudinis, sed majoris honestatis; quae subito intravit cor ejus ita, quòd nunquam « postea recessit ab eo, donec illa vixit, sive ex conformitate complexionis et morum, sive « ex singulari influentia caeli. Et cum aetate contind multiplicatae sunt amorosae flammae; « ex quo Dantes, totus deditus illi, quocumque iret pergebat, credens in oculis ejus videre << summam felicitatem, pro quâ lacrymas, vigilias, et infinitas tulit poenas : tamen hic amor <«<< honestissimus semper fuit, ut nunquam apparuit signum libidinosi actus in amante, vel « amatâ. Hoc autem fuit certissimum pronosticum et augurium futuri amoris, quem habi«turus erat ad Beatricem sacram, ad quam erat pronus a naturâ. Ex his potes videre, quòd « Poeta aliqua dicit historicè, aliqua allegoricè de Beatrice suâ ». Lionardo Aretino (del

ati i Toluzilo, che disse cose vere, e di sè stesso degne, biasimando molto in DRESSE, MELE À 30co avvedimento del Boccaccio), così in questo particolare parla : « Fu

a guvinezza sua con giovani innamorati, ed egli ancora di simil passione occu6 has won per abidine, ma per gentilezza di cuore: e nei suoi teneri anni versi d'amore A1 Soper, ominciò, come veder si può in una sua operetta volgare, che si chiama Yum Cristoforo Landino poi, dal Vellutello medesimo tassato per troppo wede mare dei Boccaccio, ecco quanto ne ragiona: «Nella sua prima età s'inna4 more I got lanciulletta, figliuola di Folco Portinari, chiamata Bice, la quale egli poi a sempre chamò per lo suo intero e diritto nome Beatrice ». Ma sentiamo di grazia quado de se di questo Alessandro Vellutello : « Usò nella sua gioventù con gioveni annavadi, ok egli ancora di simile passione fu oppresso, e specialmente per la sua Beaine da teneri anni, come egli stesso afferma nel trigesimo canto del Purgatorio. E ww siecivia, ma per gentilezza e generosità d'animo, cominciò a scriver versi d'awere come si può vedere in quella sua operetta, intitolata Vita Nuova ». Il Daniello WACHO (per tralasciare gli altri, quando ve ne siano che non parlino altrimenti ) sokk gå i medesimo afferma : « Conversò nella sua gioventù con gioveni innamorati, kad ucora di simile passione fu oppresso per la sua Beatrice, non per lascivia, ma xeuulessa e generosità d'animo ». Ho riferite così per appunto le parole di questi spiedi de' fatti di Dante, intorno a questo particolare, acciocchè non solo si veda, che

[ocr errors]

s'in

scrittore ba copiato l'altro, non tanto in sustanza che in lettera, e che ciascuno ece ha seguitato in questa parte il Boccaccio; ma ancora acciocchè dalle predette pavie a veggia, che tutti concludono primieramente: Che Dante in età d'anni nove s' errace realmente della figliuola di Folco Portinari, nominata Bice, che era in età d'otto ... lei quelle cose facendo, che i giovani innamorati sogliono fare; in secondo woes Che questo libretto della Vita Nuova sia stato composto dal Poeta a solo oggetto

[ocr errors]

"

[ocr errors]
[ocr errors]

dore,

、ma si debba fare dell' autorità de suddetti scrittori, i quali, avendo copiato de dall'altro, non fanno autorità che per uno, io voglio farlo decidere ad altri; chè me nou presumerò mai d' impugnare l'asserzione di coloro, che per l'antichità pere meritano piuttosto venerazione, che critica. Non tacerò bensì quello, che me detto del Boccaccio, e spezialmente il soprannominato Vellutello, il quale così da lui «Scrisse la Vita di Dante Giovanni Boccaccio, quasi in tragico stile, v'in piena d'amorosi sospiri e lagrime, narrando leggerezze, parte finte, e parte augumate da lui, e lasciando addietro le cose più gravi ». E di nuovo: «Scrisse la Vita te, piuttosto da poeta, come fece l'altre opere sue, che cercasse di dirne la vera quindi numera alcune cose vane ed inverisimili, quali sono: il sogno della

Câ、 di Dunte avanti il parto; il cordoglio di esso per la morte di Beatrice, al rimedel quale fu giudicato espediente il dargli moglie; l'avere egli scritto sette Canti seanga Uvailio, ed essergli di poi stati questi mandati, acciocchè egli proseguisse quelitrovamento degli ultimi Canti del Paradiso, fatto da Jacopo figliuolo di wy, mediante l'essergli apparita l'ombra del padre già morto, e simili. Ora se il o già da istorico, ma da poeta ha scritto la Vita di Dante; dunque non alie suddette vanità, o inverisimilitudini, ma in altre cose ancora si potrà dubitare a tede. Laonde si raccoglie chiaramente, essere ciascheduno in libertà di dire, ina di Dante, il suo sentimento. Questo non si può fare compiutamente, se ricercarne da Dante medesimo la verità delle cose; perciocchè a scrivere con a vita d'alcuno, o bisogna essere vissuto al tempo di colui, di cui scrivere si dvere con esso domesticamente conversato, ovvero fa di mestieri, con istudio al' opere di quel tale, o da altri legittimi documenti, che autentici dichiarare te, le notizie ritrarne. Nè l' uno, nè l' altro, per quanto a me pare, ha eseguito Moccaccio, lu quanto al primo, egli fu incapace di poterlo fare, per avere appena sette

[ocr errors]

anni, quando Dante passò da questa vita, esule già dalla patria per più di venti anni: ed in ordine all'altro, l'opere del medesimo Dante testificano piuttosto il contrario, come di sotto vedremo.

Ma per venire al proposito nostro, io non dubito punto di pronunziare: la Beatrice di Dante non essere stata donna vera, e perciò non essere quella de' Portinari: e la Vita Nuova essere un trattato d'amore meramente intellettuale, senza alcuna mescolanza di profano.

E per venire senz'altro indugio alle prove; primieramente, per quello appartiene alla prima proposizione, bisogno è che io confessi, essermi questa caduta nel pensiero molto tempo fa, ed avanti ch'io vedessi averla altri parimente pensata. Questi fu Gio. Mario Filelfo, il quale verso l'anno 1468 scrisse latinamente la vita di Dante, forse a petizione di Piero Alighieri, pronipote di esso Dante; perciocchè questo Piero la dedicò egli stesso a Piero de' Medici e a Tommaso Soderini, siccome si vede nel MS. che nella Laurenziana si conserva. Il Filelfo dunque afferma, che Beatrice non fu donna vera, ma finta : di che fu tassato dal Vellutello, forse perchè egli nou produsse altre prove che quelle, che aveva tratte dall'arte oratoria, nella quale era eccellentissimo. Le parole del Filelfo son queste: « Ego aeque Beatricem, quam amasse fingitur Dantes, mulierem unquam << fuisse opinor, ac fnit Pandora, quam omnium Deorum munus consequutam esse fabulan<<< tur poetae ». E venendo alle prove così segue: « Scripsit, dicit ille (intende del Boc« caccio), ad amicam cantiones. Scripserunt et navalia bella, et castra in hostes firmarunt, « et machinas erexerunt poetarum carmina; quibus nunquam adfuerunt. Multa solent exer« cendi ingenii gratiâ fieri, quae nullam admisêre libidinem. Hoc verius argumentum, « quòd, cùm uno Dante nemo fuerit incorruptior et inuocentior, nemo moderatior, possi<«<<mus manifesto conjectari, solius hunc virtutis et honestatis amicum extitisse; non enim «<< qui sibi summum bonum in gloriâ constituunt immortali, voluptates praeficiunt dominas, <<< quas sequantur, quae ad interitum nos deducunt ». Queste parole non mi turbarono punto, nè mi diedero alcun motivo di ritirarmi dəl mio proponimento: anzi maggiormente mi confermarono in quello; perciocchè a me parve, che le mie ragioni fossero più salde ed efficaci. Conciossiacosachè egli non è necessario, che i poeti nell' opere loro si servano di nomi proprii; ma possono tanto questi, che gl' inventati da loro adoperare; non v'essendo regola, che prescriva loro questa legge; ed essendovi moltissimi esempli di poeti non tanto moderni, che antichi, i quali ànno creati da per sè quei nomi, ch' essi volevano usare ne' loro componimenti. E per non discostarsi dagli autori, che circa a'tempi di Dante vivevano, se si vorrà riflettere all' opere del Boccaccio, si ritroveranno piene di nomi inventati da lui, siccome principalmente si vede nel Decamerone, e nell'Ameto, nel quale introduce sotto sembiante di sette bellissime Ninfe le tre Virtù Teologali, e le quattro Cardinali, e adatta a ciascheduna nomi sustanzievoli, come io ho in parte osservato; ma ad altro tempo mi riserbo di favellarne : quantunque vi abbia un gran letterato, che da' colori delle vestimenta di queste Ninfe ne ha tratta la significazione. Ecco qual è il costume dei poeti nell'elezione de' nomi: O eglino li fabbricano di pianta per accomodargli facilmente alla loro idea: O gli prendono proprj, ma però tali, che ad essi la loro idea adeguatamente si accomodi. Questo si dice, quando il poeta pensa prima alla sustanza dell' opera, che al nome dell'oggetto primario della medesima; perciocchè accade alle volte, che l'oggetto risveglia la mente ed a comporre la sprona; ed altre, che la mente infiammata e gravida di concetti si debba procacciare l'oggetto. Tanto per appunto accadde a' due nostri ingegni, a Dante cioè, e al Petrarca; perocchè a questo l'oggetto diede motivo d'esercitare lo 'ngegno; ed a quello, lo 'ngegno di fabbricarsi l'oggetto.

[ocr errors]

Ma, per venire a' particolari, dico, che è inverisimile, che Beatrice fosse donna vera. E primieramente, perchè è fuori d'ogni probabilità, che Dante s' innamorasse così fortemente in età di nove anni d'una fanciulletta, che ne aveva soli otto; e che questo amore

« ÖncekiDevam »