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d'arte. Finalmente nella poetica e presso che divina visione, da lui descritta nella Commedia, tornò a lodar la sua prima donna, cioè Beatrice, fatta già cittadina del reguo de' Beati, col lume sovrannaturale e scientifico della fede.

Quali effetti producesse in Dante quel primo amore per la Portinari, il quale altro non era che una naturale inclinazione d'un cuor gentile per donzella adorna di tutti i pregi, il palesa egli stesso quando racconta, che considerando nell'oggetto amato un modello di bellezza, d'onestà e di virtù, si elevarono le sue idee e si posero con esso a livello; senti quindi in sè medesimo un cambiamento, nè più trovò l'uomo di pria. Sublimandosi la sua mente, il suo affetto altresì informossi di spiritualità e di purezza, come la sua volontà acquistò rettitudine ed energía. Laonde egli asseriva che il saluto di Beatrice, il quale era il massimo suo desiderio, operava in lui mirabilmente e virtuosamente 16); e diceva, buona essere la signoria d'Amore, perchè trae l' intendimento del suo fedele da tutte le vili cose - 17).

Io non dirò, che questo – 18) fosse il vero modo di trattare l'amore, e che queʻ primi italiani poeti rinvenissero un bello sconosciuto a Tibullo e a Properzio ; ma dirò solo, che tale si era il mistico e bizzarro gusto del tempo Perciò l'Allighieri, non tanto dalla sua elevata fantasía, e dalla nobiltà del suo animo quanto, dall'esempio de'suoi contemporanei, fu spinto a sublimare l'affetto per la sua donna, e a far di essa un essere meraviglioso e più che terreno. Che se a ciò avesse volato por mente il Biscioni, non avrebbe mosso tante dubbiezze intorno Beatrice, nè avrebbe prodotta quella sua speciosa opinione intorno l'amore del divino Poeta, affannandosi tanto nel torgli di dosso una taccia che egli ha comune con tatto il genere umano, e sforzandosi nel far credere, che uno solo ed identico, cioè quello della Sapienza, sia stato l'amore, ch' egli ha sì vivamente descritto in tutte e quattro le sue opere italiane, la Vita Nuova, il Canzoniere, il Convito, e la Divina Commedia. Parecchi dati storici, parecchie deduzioni, e parecchi argomenti stanno per me a provar questo: che Dante dopo avere ne' suoi più verdi anni amato Beatrice Portinari non per libidine, ma per gentilezza di cuore, si diede nella sua gioventù alla passione e allo studio della Filosofia morale ch'è la bellissima femmina del Convito; e da questo passò poi facilmente all' amore della celeste Sapienza, o Scienza delle cose divine, simboleggiata nella gloriosa Beatrice della Commedia. E se io di leggieri vorrò concedere, che gli ultimi due amori possano prendersi l'uno per l'altro e identificarsi, non vorrò nè potrò concedere altrettanto del primo, accettando per buone e per vere le ragioni del Biscioni e de' suoi illusi seguaci, perciocchè io tengo opinione che possa fino all'ultima evidenza mostrarsi come due, cioè il naturale e l' intellettuale, siano stati gli amori di Dante Allighieri: della qual cosa a far persuasi coloro che di tali ricerche prendon vaghezza, stimo conveniente il ragionare alcun poco.

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Più volte dice Dante nella Vita Nuova, nel Canzoniere ed anco nella Commedia, che egli erasi innamorato di Beatrice fino dalla sua puerizia : — Nove fiate appresso il mio nascimento era tornato lo cielo della luce quasi ad un medesimo punto (cioè erano trascorsi quasi nove anni), quando alli miei occhi apparve prima la gloriosa donna della mia mente, la quale fu chiamata Beatrice (Vita Nuova, pag. 2). E amore mi dicea queste parole...... voglio che tu dica certe parole per rima, nelle quali tu comprenda la forza ch'io tegno sopra te per lei (per Beatrice), e come tu fosti suo tostamente dalla tua puerizia (Vita Nuova, pag. 18) La mia persona parvola (pargoletta) sostenne Una passion nuova, E a tutte mie virtù fu posto un fieno (Canz. X, St. V). – Nella vista mi percosse L'alta virtù che già m'avea trafitto Prima ch'io fuor di pue

46) V. Vita Nuova, S. XI.

17) Ivi, §. XIII.

gradazione delle bellezze, del quale è parlato in un luogo qui sopra omesso per

18) Il sistema immaginato da Platone sulla brevità.*

Dante, Vita Nuova.

II

rizia fosse (Purg. XXX, 40). — Altrove poi egli disse (e lo abbiamo veduto più sopra da uno squarcio del Trattato II del Convito), che s'innamorò della Filosofia, ovvero della Sapienza, qualche anno appresso la morte della Portinari, avvenuta (narra egli stesso) il 9 Giugno del 1290 : le quali cose valgono a significare, che Dante s'innamorò della Filosofia in età pressochè di sei lustri. Qui pertanto abbiamo due innamoramenti, l'uno da giovinetto, l'altro da adulto : dunque (e la deduzione è facile) l'amore di Dante non è stato uno solo : dunque il secondo era tutt'altro che il primo.

Fastidium est in rebus manifestissimis probationes adducere, dice Il nostro Allighieri nel terzo libro della Monarchia : nulladimeno prendendoci di buona voglia questo fastidio, proseguiremo ad ascoltare lo scrittore medesimo; e così la nostra certezza vedremo farsi sempre più maggiore, Certo sono (egli esclama nel Tratt. II, Cap. IX del Convito), certo sono ad altra vita migliore dopo questa passare, là dove quella gloriosa donna (la beata Beatrice, da lui poco innauzi nominata) vive, della quale fu l'anima mia innamorata, quando contendea, Chi pretende che tutti gli amori di Dante siano allegorici, dice, come ho già notato, non esser giammai esistita l'innamorata dell'Allighieri, e per essa doversi intendere la Filosofia, o la Sapienza. Ma se la donna di Dante, rappresentata sotto il nome di Beatrice, è sempre, e non altrimenti, la Filosofia; come mai nel tempo istesso che egli dichiara, e ad ogni momento protesta di esserne innamorato, qui dice che già lo fu? Non è egli da ciò evidente, che Dante è stato invaghito prima d'una femmina, e poscia d'un'altra, l'una corporea, cioè Beatrice figlia di Folco Portinari, la seconda simbolica ed intellettuale, cioè la Sapienza? Ed avvertasi che l'Allighieri, dopo aver detto che di Beatrice fu l'anima sua innamorata, aggiunge, quando contendea, ad indicare che la sua anima ne fu innamorata per tutto quel tempo, nel quale la potenza sensitiva contese coll' intellettuale, fino a che questa ebbe su quella vittoria. Nel Canto XXX e XXXI del Purgatorio, rimproverando a Dante i suoi mondani trascorsi, Beatrice va dicendo così:

Alcun tempo 'l sostenni col mio volto:
Mostrando gli occhi giovinetti a lui,
Meco 'l menava in dritta parte vólto.
Si tosto come in su la soglia fui

Di mia seconda etade, e mutai vita,
Questi si tolse a me, e diessi altrui.
Quando di carne a spirto era salita,

E bellezza e virtù cresciuta m' era,

Fu' io a lui men cara e men gradita.

Avvisti qui il Lettore fra le altre quell' espressione non punto equivoca: Quando di carne a spirto era salita ; e poscia consideri queste altre che seguono :

O Dante - perchè me' vergogna porte

Del tuo errore, e perchè altra volta,
Udendo le Sirene, sie più forte,

Pon giù 'l seme del piangere ed ascolta:
Si udirai, com' in contraria parte
Muover doveati mia carne sepolta.
Mai non t'appresentò natura ed arte
Piacer, quanto le belle membra, in ch'io
Rinchiusa fui, e ch' or son terra sparte:
E se'l sommo piacer si ti fallio,
Per la mia morte; qual cosa mortale
Dovea poi trarre te nel suo disio?

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Se Beatrice era dunque un essere di carne che presso al secondo stadio della sua esistenza mutò vita, e divenne spirito; se la natura non avea mai fatto tanto di bello, quanto

eran belle le membra, nelle quali quell' essere animato stava rinchiuso, e le quali divennero ben presto terra e cenere; non è egli veramente da dirsi e asseverantemente da ripetersi, che la Beatrice del giovine Dante fosse una donna vera, in carne in ossa e colle sue giunture? Se nel Serventese dall'Allighieri composto, e che oggi sventuratamente è perduto, erano celebrate le sessanta più belle donne fiorentine, fra le quali stava pure Beatrice, come mai potrà egli asserirsi, che sola quest'ultima non fosse una donna? E se Beatrice non fosse stata infatti una donna, come mai avrebbe potuto Dante esclamare: Dal primo giorno ch' io vidi il suo viso

In questa vita ecc.?

Parad. XXX, 28.

Dice di lei Amor: cosa mortale

Com' esser puote si adorna e pura?

Canz. I, st. 4.

Come mai avrebbe temuto cotanto, che ella morisse, raccontando,

Che sospirando dicea nel pensiero :

Ben converrà che la mia donna mora;

Canz. II, st. 3.

e che questo pensiero mettea in lui gravissimo sbigottimento? Come mai in una grave malattia di Beatrice avrebbe indiritto una Canzone alla Morte, supplicaudola a rattenere il colpo già mosso contro di lei? Come raccontare ch' ella aveva un fratello, da cui fu pregato a comporre alcun verso in morte di essa? Come confessare di aver cominciato a sentire un qualche affetto per un' altra gentil femmina un anno appresso la dipartita di quella prima 19)?

Queste obiezioni, che io faccio ai seguaci del buon Canonico, non sono appena una metà di quelle che potrei loro fare, e che qui non riporto per non tediare di troppo il mio Lettore. Il quale se vorrà finir di convincersi, che la Beatrice della Vita Nuova era una donna che mangiava e beveva e vestía panni, non avrà da far altro che per un poco considerare il seguente Sonetto, scritto da Dante nella sua adolescenza, e da lui indirizzato al suo primo amico Guido Cavalcanti :

Guido, vorrei, che tu, e Lapo ed io

Fossimo presi per incantamento,

E messi in un vascel, ch' ad ogni vento
Per mare andasse a voler vostro e mio;
Sicchè fortuna od altro tempo rio

Non ci potesse dare impedimento,
Anzi vivendo sempre in un talento,
Di stare insieme crescesse 'l desio.
E Monna Vanna, e Monna Bice poi,

Con quella ch'è in sul numero del trenta,
Con noi ponesse il buono incantatore;

E quivi ragionar sempre d'amore,

E ciascuna di lor fosse contenta,
Siccome credo che sariamo noi.

La Bice qui nominata è, come ognuno conosce, la Beatrice di Dante; Vanna o Giovanna era l'amorosa di Guido Cavalcanti; quella ch'è in sul numero del trenta, cioè quella che nel Serventese in lode delle sessanta belle fiorentine cadeva in sul numero trenta (come la Beatrice, apprendiamo dalla Vita Nuova, cadeva in sul numero nove), era la donna di Lapo Gianni, la quale, se non erro, chiamavasi Monna Lagia. Potrà egli

19) Vita Nuova, pag. 77, e Convito, Trat. I, Cap. II.

mai il Lettore supporre, che fra queste femmine fiorentine la sola Beatrice fosse una Scienza od un Simbolo, e che Dante volesse condurla seco a diporto, come nel Sonetto si esprime? Se tale d'altronde fosse da dirsi colei, converrebbe dir tali, cioè simboli e scienze, anche le amanti di Guido e di Lapo; e così una grande stranezza condurrebbe ad un' altra maggiore, come di fatto ha condotto il Rossetti, il quale s'è dato affatto a credere, che le donne de' nostri primi Poeti siano tutte fantastiche e ideali 20), e che il linguaggio da essi tenuto sia un gergo convenzionale e furbesco della setta ghibellina o imperiale.

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Cotesti antichi poeti ghibellini erano, secondo il Rossetti, paurosi cotanto della guelfa potenza, che a manifestarsi vicendevolmente i loro sentimenti non aveano altro espediente, che quello d'un gergo composto di segui convenzionali ed arcani. Essi tremavano al solo nome di Guelfo, come i fanciulli al nome dell' Orco, e guardinghi e diffidenti si spiavano l'un l'alro, paventando ognora i ceppi, i pugnali e i veleni, de' quali il Guelfismo servivasi contro i propri avversarii -21). Dante altresì, che era timido e pauroso si come gli altri -22), dovè appigliarsi al partito di nascondere sotto i segni convenzionali della sua setta, e sotto frasi e maniere fatte a mosaico, i suoi liberi sensi tendenti alla civile e religiosa rigenerazion dell'Italia; perciocchè in quei semibarbari tempi nei quali egli visse, tempi di oppressioni e di vendette, avrebbe ben presto pagato a prezzo di sangue il fio di cotanta arditezza Questa ragione, a chi non avesse vedute le opere dell'Allighieri, uè conoscesse la storia del di lui secolo, potrebbe sembrare sodisfaciente; ma qual'è quegli, il quale, iniziato per alcun poco nella nostra letteratura non sappia che Dante, fiero ed indomito per carattere, compiacendosi ne' patimenti siccome prove a dimostrar sua fortezza, e ne' propri difetti siccome inevitabili seguaci a virtù tutte lontane dalle battute vie, non avea ritegno ad urtare uomini ed opinioni ? Alcune delle sue Canzoni, varie delle sue Epistole, molti passi del Convito, ed il Trattato della Monarchia non racchiudono forse alti, arditi e liberi sensi? Ma che dico? La Divina Commedia stessa, il capolavoro di Dante, è forse meno l'opera di una immensa dottrina, che di una bile generosa? In questo Poema particolarmente egli prende occasione di esalare tutta l'amarezza d'un cuore esulcerato. Il suo risentimento vi comparisce senza alcun velo. Tutto ciò che l'ignoranza e la barbarie, gli odii civili, l' ambizione, l' ostinata rivalità del trono e dell'altare, una politica falsa e sanguinaria ebbero mai d'odioso e di detestabile, tutto entra nel piano che il Poeta si propose. Il colorito e la tinta di questi differenti oggetti è sempre proporzionato alla loro nerezza ed il pennello di Dante non comparisce mai tanto sublime, quanto allorchè tratteggia fiera mente quegli orrori. Quale scrittore pertanto, o fra gli antichi o fra i moderni, svelando le turpitudini di tanta gente del suo secolo, ha osato senza alcun velame d'allegoría, e senza ricorrere ad un arcano linguaggio, parlar più forte e più libero di Dante? Per fare che i buoni imparassero a sperare (dice uuo Scrittore della vita di lui), e i tristi a temere, presentò loro un Libro, ogni pagina del quale ha impressa in fronte questa sentenza: Discite justitiam moniti, et non temnere Divos. Nell' eseguire si ardito disegno si determinò a parlar liberamente de' suoi contemporanei, e massime de' potenti cagione delle comuni calamità; e ne assegna per ragione quella stessa, per cui la tragedia si versa sempre sulle vicissitudini di uomini illustri, dal che vien detta tragedia reale; vale a dire, perchè gli esempi tratti da gente ignota sono meno istruttivi di quelli, che si desumono da cognitissimi personaggi: onde non timido amico del vero, e

20) « La Donna di Guido Cavalcanti era « la stessa, che quella di tutti gli altri allego«rici Rimatori». Rossetti, vol. II, pag. 471. 21) Lo dice e lo ripete cento volte nella

Disamina del Sistema Allegorico, e nello
Spirito Antipapale.
22) Ivi.

rimossa da sè ogni menzogna, fe' come il vento, che le più alte cime più percuote. Molti de' suoi contemporanei e conoscenti, di soverchio timidi e circospetti, lo tacciavano d'imprudente, e lo consigliavano a raffrenarsi; ma ei gl'incolpava di pigri e di vili, e fe' dirsi dalla Filosofia, Purg. V, 13:

Vien dietro a me, e lascia dir le genti:

Sta come torre ferma, che non crolla

Giammai la cima per soffiar di venti.

E in tutto il suo misterioso corso non dimenticò mai quel precetto di Polibio, che gli dicea: Nè dal riprendere l'amico, nè dal lodare l'avversario ti resterai, quando verità te lo imponga. Or sa egli il Lettore chi sia mai il biografo, che così scrive di Dante? È quell' istesso Rossetti - 23), che poco innanzi ce lo ha dipinto timido e meticuloso si

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Quando morì Beatrice, Dante scrisse a' Principi della Terra -24). E a qual proposito, esclama il Rossetti - 25), scrivere a' Principi della Terra (ai Sovrani del Mondo), per la morte di Madonna Beatrice Portinari (cioè d'una privata donzella)? Si sappia, egli prosegue, che i Principi della Terra sono i Cardinali, perchè tale era lo specioso titolo conferito loro da Pio II; e chi sia Beatrice lo appureremo in appresso, ciò non essendo, com' egli s' esprime, di veruua utilità nella questione presente. Così l'Interpetre del Ghibellinismo francamente discorre, quasichè non si sappia che terra significava e significa non tanto il nostro pianeta, quanto città, paese. Aprasi il libro di Giovanni Villani, e il detto vocabolo vi si rinverrà con questo significato, sto per dire, a ogni pagina. Che vale adunque quella frase della Vita Nuova? Vale, che Dante scrisse della morte di Beatrice a' principali cittadini della città di Firenze. Ecco alcuni esempj della voce in quistione, usata perfino dal Tasso:

Goffredo alloggia nella terra (in Gerus.), e vuole
Rinnovar poi l'assalto al nuovo sole.

Gerus. Lib. C. XXX. 50.

È una usanza in tutte le terre marine. Bocc. Nov. 80. A una sua possessione forse tre miglia alla terra vicina. Bocc. Nov. 94. 4. Standosi domesticamente co' cittadini per la terra in pace e in sollazzo. Matt. Villani, 9. 27.- Di continuo si facea solenne guardia per la terra di dì e di notte. Cron. d' Amar. 224. .

Lasciamo finalmente l' Interpetre Napoletano, e torniamo al Biscioni, del quale ora vo' porre in vista alcune maliziette, ed alcune false e vane interpetrazioni, onde sempre più s'apprenda in qual conto tener si debbano i trovati ingegnosi di chi per voglia di novità s'è allontanato dalle vie del semplice e del vero. Io ho detto più sopra, che la Vita Nuova fu scritta da Dante nel ventesimosesto o al più ventesimosettimo anno dell' età sua. Il Biscioni peraltro pretende provare, che lo fosse nell'anno ventesimoquarto; nè ciò è senza molta malizia; poichè se fosse così, Dante avrebbe narrato la morte della sua amata innanzi che la Portinari morisse, e così vero sembrerebbe quello, che il Biscioni opina, vale a dire che la Beatrice, di cui nella Vita Nuova si tien discorso, nou sia la più volte nominata figlia di Folco. Asserisce il Boccaccio, che Dante compose quella prima operetta nel suo auno ventesimosesto, duranti ancora le lacrime per la morta Beatrice -26); ed il Villani aveva già detto - 27), che la compose nella sua giovanezza. A tutto questo s'aggiunga quanto Dante medesimo intorno a ciò manifesta - 28), cioè che quando scrisse la Vita Nuova, non avea fatto studj di scienze, e che ad essi solo si diede un anno

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23) Vita di Dante, pag. XXXIII. 24) Vita Nuova, p 67.

25) Vol. II, p. 439.

26) Vita di Dante, parte II.

27) Lib. IX, Cap. 136.

28) Ne ho citati i passi, parecchie pagine più sopra.

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