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nanze di parenti, d'amici e di vicini. Il padre di Dante, per nome Allighiero, avea per vicino Folco Portinari, uno de' più ricchi cittadini di Firenze, e da tutti tenuto in istima per la sua pietà, la sua probità e la sua beneficenza. Secondo l'uso, Folco avea riunito in sua casa un gran numero di persone, fra le quali trovavasi Allighiero accompagnato dal piccolo Dante, il quale avea già passato il nono anno.

Nella folla de' fanciulli assembrati in questa domestica festa annoveravasi la figlia di Folco Portinari dell'età di nove anni, chiamata Bice, graziosa abbreviazione del nome di Beatrice. Chi mai pensato avrebbe, che la vista di questa fanciulla produr potesse sopra un altro fanciullo una incancellabile impressione ? E nondimeno ciò accadde, se deesi prestar fede a Dante medesimo; e in quali termini egli parlasse diciott' anni dopo di questo incontro, quand' era già uomo adulto, e ormai gettatosi nella vita tempestosa del suo tempo, e dopo la morte di Beatrice, può desumersi dal principio d' una sua operetta col titolo di Vita Nuova, libro curioso e interessante per lo studio del carattere e del genio di Dante.

Certo è che Beatrice apparve a Dante come un essere soprannaturale, che bentosto divenne l'oggetto de' suoi più dolci pensieri; ed è certo che il sentimento, che a lei lo trasse, dovea essere il movente di ciò che di più elevato e più puro conteneva il suo genio. Questo sentimento fu nella sua aniina il solo sempre scevro d'amarezza, il solo che potesse mescolarsi ancora colle idee pietose delle ultime ore.

Prima fra le sventure di Dante fu la mancanza del padre, ch'egli perdette essendo ancora fanciullo. Appare che sua madre nulla trascurasse per l'educazione di lui ; ma non si conoscono particolari sicuri intorno a' suoi studii. È probabile ch'egli studiasse a Bologna nella sua gioventù; ma s'ignora quali materie, e sotto quali precettori. Il solo che la tradizione accenna avergli dato qualche istruzione, è Brunetto Latini, notajo della Repubblica fiorentina, e l'uno de' personaggi più illustri, nel quale associavasi felicemente la cultura delle lettere col saper trattare i pubblici affari. Rimangono di lui alcune opere, le quali non sono prive d'interesse, avuto riguardo al loro tempo; il Tesoro, specie di esposizione in prosa francese di tutte le cognizioni allora coltivate; e il Tesoretto, altro trattato morale e scientifico, in versi italiani. Quanto alla poesía amorosa, che a que' tempi era di moda, Brunetto non vi si esercitò punto, ovvero con poco frutto; o almeno non hansi di lui in questo genere che alcuni versi di poco conto; dimodochè s'egli insegnò veramente qualche cosa a Dante, furon piuttosto gli elementi delle scienze, che la volgare poesía.

Non si sa da chi Dante apprendesse quest' arte; e forse egli fu maestro a sè stesso, limitandosi a studiare i componimenti dei poeti non pochi, ch' erano allora in nominanza; particolarmente di Guido Guinicelli di Bologna, che in fatti godeva i primi onori. Checchè però sia, aveva egli appena diciannove anni, quando arrischiò il suo primo saggio in poesía con un Sonetto non meno bizzarro per l'idea che per la forma, nè per verità di gran valore. Ma questo Sonetto fu il principio poetico di Dante, e merita quindi che se ne tenga qualche discorso.

Un giorno, era il primo in cui Beatrice aveagli rivolta graziosamente la parola, Dante ritirossi, giunta la notte, nel proprio appartamento, ed essendosi addormentato nella contentezza di tale rimembranza, fece un sogno assai stravagante: parvegli vedere l'Amore in sembianza lieta bensì, ma da cui traspariva alcunchè di minaccioso e terribile. Egli tenea fra le sue braccia una donna dormiente, che bentosto Dante riconobbe per Beatrice, quantunque coperta dal capo ai piedi d'una veste porporina. In una delle mani l'Amore portava una cosa infiammata : « Ecco il tuo cuore », diss' egli a Dante, mostrandogli quella cosa. E quindi svegliando la bella che dormiva, presentolle a mangiare quel cuore che aveva in mano. Dopo qualche esitanza, Beatrice avea finalmente ubbidito all' Amore, ed erasi pasciuta, benchè con paura, del cuore ardente. Pareva l'Amore averne gioito; ma breve era stata la gioja sua: chè messosi ad un tratto a piangere amaramente, e portandosene Beatrice fra le braccia, era salito al cielo, disparendo con lei.

Questa fu la visione più bizzarra che poetica, la quale Dante descrisse iu un sonetto sotto forma di quistione, per domandarne spiegazione.

Convien sapere, che fra' poeti toscani del secolo XIII correva l'uso, ed era esercizio gradito, l' indirizzarsi l'un l'altro per mezzo di sonetti certi enimmi o problemi poetici sopra quistioni difficili o capricciose, d'amore, di galantería e di metafisica cavalleresca. Ciascuno di quelli, a cui alcuna di tali quistioni era diretta, studiavasi come potea meglio di rispondere, avvegnachè offrivasi a lui una bella occasione di far prova di sapere e d' ingegno.

Dante fece come gli altri: mandò il suo sonetto enimmatico ai poeti toscani, e non attese molto a riceverne parecchi altri sonetti in risposta. Tre di questi ne giunsero fino a noi: uno è attribuito, ma falsamente, fuor di dubbio, a Cino da Pistoja, il quale non avendo allora che quattordici o quindici anni, non poteva esser consultato in quistioni sottili d'amore e galantería; il secondo era di Guido Cavalcauti; e il terzo, di Dante da Majano, rimatore di poca vaglia, ma allora assai più celebre di Dante Allighieri. Guido Cavalcanti e Cino da Pistoja, o per dir meglio il poeta incognito il cui sonetto fu a Cino attribuito, presero in sul serio la visione e la quistione, e vi fecero una risposta cortese. Dante da Majano non le intese ugualmente: esse gli parvero più presto pazze che altro; e diede caritatevolmente, a chi gliele avea dirette, un consiglio equivalente a quello di prendere una copiosa dose d' elleboro.

Questa poetica fanciullesca corrispondenza non riuscì tuttavia per Dante priva d'importanza e vantaggio; essa gli porse occasione di stringersi in benevolenza o in amicizia colla maggior parte de' poeti da lui consultati intorno alla sua visione, segnatamente con Guido de' Cavalcanti ; e fu tra questo e lui tanta la simpatía, che resistè a più prove pericolose, e non fu distrutta che dalla morte.

Dante fu incoraggiato a tentar nuovi saggi poetici dopo il buon successo del primo. Noi lo vediamo per sei anni consecutivi, dal 1283 al 1289, occuparsi unicamente di poesía, tormentato continuamente dal bisogno d'esprimere in qualche guisa l'entusiasmo amoroso di cui riempivalo Beatrice, e superare sè stesso ogni qual volta industriavasi a trovare imagini, parole e armonía confacenti alle proprie emozioni ed idee.

In questo intervallo probabilmente gli venne il primo pensiero, il progetto ancora informe e vago del grande componimento, che fu poi la Divina Commedia............. Dopo la battaglia di Campaldino (1389) dispiaceri d' ogni genere attendevano Dante a Firenze. Appena rientrato ne' domestici focolari, fu assalito da un' infermità che grandemente lo travagliò per più giorni. Quando fu guarito, gli toccò dividere il dolore cagionato a Beatrice dalla morte di Folco Portinari padre di lei. Finalmente fu colpito più direttamente e non meno crudelmente che potesse avvenirgli: Beatrice morì il dì 9 Giugno 1290, nell'anno vigesimo sesto dell' età sua, entrata da non molto tempo per matrimonio nella nobile famiglia de' Bardi.

Tutto ciò che Dante potè fare in sul principio di questa perdita, fu di lagrimare e abbandonarsi interamente al suo dolore. Già più mesi passarono, prima che gli riuscisse esprimere il suo rammarico in versi ad onore di Beatrice. Allora egli la celebrò, la pianse, la divinizzò in più Canzoni e Sonetti; ed il quadro di questi componimenti parendogli troppo angusto e volgare per tutto ciò che volea dire sopra tale soggetto, scrisse una lettera latina diretta ai re ed ai principi della terra, per dipinger loro la desolazione in cui la morte avea lasciato Firenze e tutto il mondo. Per cominciamento di questa lettera egli avea preso le famose parole di Jeremía: Quomodo sedet sola civitas plena populo? etc. In queste parole nulla egli rinveniva di troppo solenne per le sue impressioni. (Traduz. dell' Editore)

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M. OZANAM

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(Dante et la Philosophie catholique au treizième siècle Versione italiana con note di Pietro Molinelli. Milano 1841, pag. 273).

La società cattolica nel 13.° secolo presentava condizioni più favorevoli. Già si levava

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un concerto di voci poetiche dalle rive dell' Adige al faro di Messina. In mezzo alle montagne dell'Umbria S. Francesco d'Assisi improvvisava inni, in cui la sua ardente carità si versava fin sulle più umili creature; il Beato Jacopo da Todi componeva canti religiosi nella sua prigione ; e fuori del chiostro una maggiore libertà autorizzava Guitton d'Arezzo a celebrare a quando a quando la Regina degli Angeli e le figliuole degli uomini. Guido Cavalcanti componeva la famosa Canzone, che definisce la natura dell' amore, il cui pensiero tutto filosofico attirò l'attenzione dei dottori. Le rime di Dante da Majano si guadagnarono il cuore di Nina la Siciliana, ch'egli non vide giammai. Subito poi doveva levarsi la stella di Petrarca. Tale fu l'epoca, cui si riferisce la seguente narrazione; l'introduzione della Vita Nuova prima opera di Dante, e forse la perfezione della Divina Commedia – 1). A datare dal glorno. 4.° Maggio 1274 Dante segue la storia della sua vita interiore, e ci fa assistere allo svolgimento simultaneo della sua coscienza e del suo genio. Beatrice era per lui un tipo di perfezione, una cosa celeste cui bisognava arrivare, liberandosi dal fango delle affezioni viziose, elevandosi collo sforzo sostenuto da una istancabile volontà. Ancor fanciullo una voce segreta lo spinse di sovente a visitare la casa vicina, in cui cresceva la giovinetta; e sempre se ne partì migliore. Più tardi, all' età delle passioni, in mezzo alle violenze d' un temperamento impetuoso, in mezzo agli esempii di tanta gioventù dissoluta, che non si arrestava tampoco alla vista del sangue, bastava a lui per ridurlo all'impotenza del male, per ridonargli l'energia del bene, bastava aver visto da lungi la pietosa figura della sua diletta. Circondata dalle compagne, essa gli appariva come una immortale discesa fra le donne di quaggiù per ornarne la debolezza e proteggerne la virtù. Inginocchiata a pie' degli altari, ei la vedeva cinta dell' aureola, partecipante al poter dei Beati, mediatrice pei peccatori; e sentiva venirsi sulle labbra la preghiera più confidente e più facile. Ma quando al ritornare egli l'aspettava per istrada, e ne riceveva il benevolo saluto della fraternità cristiana, egli solo può esprimere ciò che allora sentiva. Del resto questa impressione era si viva e disinteressata, che Dante credeva avvenisse anche in molti altri, e se ne godeva.

Ma la volontà non può prendere il volo, senza portarsi seco l'intelletto: non sapreb

1) Qui l'autore riporta il §. II della V. N., che può leggersi a suo luogo, pag. 2; e quindi soggiunge in nota: « Le espressioni scientifiche prodigate in questa prima pagina della Vita Nuova non debbono assolutamente essere considerate come lo sfoggio d'inutile dottrina. Per lo contrario bisogna riconoscere il mistico valore che il Poeta attaccava alle emozioni della propria fanciullezza, la sua sollecitudine a respingere le apparenze d'un amore volgare, il desi

derio infine di render più solenne l'apparizione di Beatrice. D'altra parte diventa impossibile il ridurre la donna di questo nome ad una parte esclusiva d'idea astratta, con tante indicazioni precise. Un'idea astratta a nove anni! La Teologia uscente dalle fasce appena, al secolo XIII dell'éra cristiana! Boccaccio (Vita di Dante) narrò il momento del primo vedersi dei due fanciulli,e Benvenuto da Imola ne ha riportato i principali tratti ». (V. sopra, pag. XXIX).

bero nobilitarsi gli affetti, senza che s' arricchissero le idee; e l'ebrezza dell' intelletto, l'abbondanza delle idee si manifestano colla fecondità della parola. Così la potente attrattiva, che dominava lo spirito di Dante, nol tenne in una cieca schiavitù. La imagine di Beatrice illuminava le sue véglie, ue incoraggiava i lavori, e non bandivagli dalla memoria le dotte lezioni di Brunetto Latini. Egli aveva da costui imparato gli elementi delle scienze e delle arti; e riceveva da quelle l'ispirazione, che le ravvicina e le anima. Giovine predestinato, tra il grave Segretario della Repubblica e la dolce figlia di Portinari, mettevasi agevolmente sul cammino della gloria. A diciott' anni il bisogno di comunicare le segrete emozioni a picciol numero d'amici gli dettò i primi versi, che furono presto seguiti da lunga serie di sonetti, canzoni, serventesi e ballate: sempre più viva effusione del suo casto amore, sempre più chiara rivelazione del suo avvenire poetico. Dapprima non erano che enigmi e giuochi di parole, sogni bizzarri di cui bisognava indovinare il senso ;-sessanta nomi riuniti in un solo componimento, per porvi senza tradirlo il nome prediletto; speranze senza scopo, timori senza motivo. Era la puerile disadattaggine d'una passione nascente e d'un novello scrittore. Presto all'impazienza d'esser compreso si unì il timore di profane interpretazioni; erano allora illusioni velate, ma non coperte; circostanze destramente colpite; parole di gioja, armoniosi sospiri per tutte le gioje, per tutti i dolori della persona amata; confidenze preparate da lungi e taciute per metà. Il pensiero e la parola si purificano e si raggentiliscono; hanno acquistata una grazia, una delicatezza verginale. Questo sentimento infine, poc' anzi si timido, provato ora coll' esperienza e colla riflessione, sicuro di sua legittimità, va a sfidare la publicità. A colei, cui per tanto tempo prestò culto segreto, Dante vuol preparare un trioufo publico, e da quel punto più nulla gli costa nè l'arditezza de' concetti, nè lo splendore delle figure, nè il contrasto dei colori, nè la severità del ritmo. Si riconosce il genio virile, cui deve obbedire la capricciosa lingua d'Italia, e a cui presteran mano e cielo e terra. La Canzone seguente - Donne che avete intelletto d'amore - segna, a così dire, il passaggio dalla seconda alla terza maniera, il momento forse più degno d'interesse nella storia del Poeta.

I tristi presentimenti, che a' suoi trasporti si mescolavano, dovevano presto verificarsi : « Lo Signore della giustizia chiamò questa nobile a gloriare sotto l'insegna di « quella reina benedettta virgo Maria, lo cui nome fu in grandissima reverenza nelle « parole di questa beata Beatrice ». Beatrice morì il nono giorno di giugno, l'anno di Cristo 1290. Come dire, quale in allora fu il dolore del Poeta? Nella foga de' suoi pensieri egli scriveva a tutti i principi della terra, per annunziar loro quella perdita quasi presagio minaccioso dell'avvenire del mondo, ed i suoi occhi inessiccabili pareva che più non fossero se non che « due desiderii di piangere ». - Nulladimeno, quando il tempo ebbe sgombrato le tristi memorie del letto di morte e del sepolcro, e disparvero i lugubri apparati; la donna amata da Dante ritornò alla sua memoria, raggiante, immortale, più bella, più potente che mai; ella visse in lui una seconda vita; lo ricondusse alla luce e alle ispirazioni - 2). Da quel punto incominciarono di bel nuovo i canti interrotti; qui essa vi era celebrata contenta di lasciare l'esilio di quaggiù pel soggiorno dell' eterna pace; là era l'anniversario del giorno in che ella fu posta a fianco della Vergine nella sfera dei cieli abitata dagli umili; altre volte erasi lasciata mirare alla somma altezza dell' Empireo infinitamente onorata - 3). Ma questi fuggevoli preludii annunciavano un'opera maggiore; un'apparizione maravigliosa ne suggerì l'idea, colla quale ha fine la Vita Nuova.

Da questa semplice esposizione risulta senza dubbio l'esistenza storica di Beatrice, non che la purezza dell'amore ch'ella inspirò; ma vediamo in pari tempo il principio per essa di un destino nuovo e poetico, il primo splendore della sua apoteosi.

2) Convito, II, 2. «Quella Beatrice beata che vive in cielo cogli Angeli, e in terra colla mia anima ».

3) Vedi la Canzone: ti ecc.; e i Sonetti: Oltre la spera ecc.

Gli occhi dolenEra venuta ecc.j

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M. DELECLUZE

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(La Vie Nouvelle de Dante Allighieri, traduite etc. Estratto dalla Prefazione, pag. 111).

IT libretto della Vita Nuova è un' opera curiosa, istruttiva, e non di rado interessante. Si riguarda come la prima produzione letteraria di Dante Allighieri; ed è per lo meno la raccolta ordinata di trentatrè componimenti in versi, ch' egli avea dettati sino all'età di 26 anni; alla qual' epoca, se dee credersi al Boccaccio, il giovine Poeta fiorentino, tutto ancor pieno del rammarico ispiratogli dalla morte di fresco avvenuta di Beatrice (nel 1290 ), raccolse le poesie che avea composte per esprimere la casta passione in lui destata da questa giovinetta, unendovi la narrazione dei diversi avvenimenti che diedero luogo a tali versi, ed un comentario in cui fa spesso l'esposizione psicologica della causa, del conflitto, e del risultato de' proprii sentimenti.

Queste memorie, questo romanzo, poichè la Vita Nuova s' attiene per qualche conto a siffatte due specie d'opere, infine la Vita Nuova di Dante è scritta in tre forme, che si sviluppano simultaneamente, la narrazione particolareggiata in prosa, la stessa ristretta in versi, spiegata poscia in un comentario.

Ho creduto bene di fare avvertito il lettore di questa singolarità, sia per disporre in anticipazione il suo spirito, sia nell'intendimento di risparmiargli la briga di districare la specie di confusione d'imagini e d' idee, che questo sistema di narrazione fa nascere in una prima lettura. Questo libro è dunque insieme narrativo, poetico e filosofico, e vi s'incontra abitualmente e spesso in una stessa pagina l'espressione dei sentimenti più appassionati, ed i ragionamenti scolastici più ricercati ed aridi. Tale si è questo libro, dal quale scorgesi non meno il genio vigoroso, ma giovine ancora dell' autore della Divina Commedia, che il secolo in cui fu composto.

Ora che il lettore è consapevole di ciò, che potrebbe rinvenire di strano nella forma del libro della Vita Nuova, dirò alcune parole necessarie su la persona di Beatrice, ch'è l'anima di questa prima composizione di Dante, com' essa vivificò più tardi i grandi poemi del suo illustre amante.

Beatrice, chiamata altresì Bice per abbreviazione, è nata in Firenze nel 1266, e morì nella città stessa nel 1290 dell'età di 24 anni. Dante non avea che nove o dieci mesi più di lei. Beatrice era figlia di Folco di Ricovero Portinari, ricco e ragguardevole cittadino di Firenze, il quale fra varie sue beneficenze fondò lo Spedale di Santa Maria Nuova. Le famiglie Allighieri e Portinari eran legate d'amicizia; ed avvenne in una riunione per la festa di maggio dell'anno 1276 in casa il padre di Beatrice, che Dante colà condotto dal proprio, videvi codesta giovinetta per la prima volta, concepì per lei una passione mistica, se così può dirsi, nè cessò durante la vita di Beatrice, ed anche dopo la morte sua, d' essere preoccupato di lei e della sua memoria. Fino a qual punto la passione di Dante fu reale o immaginaria? Ecco ciò ch' io lascio giudicare a chi leg. gerà la Vita Nuova. Si troveranno ivi tutti i fatti, il confronto de' quali potrà giovare i curiosi nella soluzione di questa ricerca. Quanto a me, che ho intenzione di dirne più avanti il mio parere, vo' astenermi di prevenire in qualsiasi guisa l'animo del lettore su tale soggetto; avvegnachè, per leggere con frutto, fa sempre d' uopo non essere prevenuti, nè avere un' opinione già formata. Se la lettura ne riesce alquanto più malagevole,

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