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nei sonetti (1), della forma al mi' parere là dove il

canta appassionatamente il suo amore.

poeta insegna e non

Questa tendenza del poeta rivela una sua cura di non gravare troppo la sua opinione, come invece faceva l'Orlandi, di cui la boria tutte le corrispondenze con i poeti.

appare nettamente in

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Di Bonaggiunta a Guido una forma: « al meo parere »: una del Guinicelli : « al mio parvente ».

LA GENEALOGIA DEI MANOSCRITTI

LE CANZONI.

La canzone filosofica d'amore, ritenuta per lungo tempo come l'opera più perfetta di Guido Cavalcanti, fu riprodotta in un numero larghissimo di codici, i quali esamineremo primi fra i non pochi manoscritti oggi rimastici, che portano rime di Guido. Questa canzone è data completamente da quarantasette codici (1), due dei quali la riproducono due volte (2): più due codici (3) che non conservano che l'esposizione di Egidio Colonna. La larga fama della canzone e la sua difficoltà d'interpetrazione furono causa di molti commenti (*) che vi si fecero, dei quali noi terremo conto soltanto per quello ch'essi poterono modificare del testo originale per facilitare l'interpetrazione: massimamente quindi dei commenti del Colonna, di Dino del Garbo e del Verino, poichè tutti i commenti posteriori si servirono più o meno delle riduzioni dei commentatori primi (5).

Il verso 44 della canzone distingue i codici in una prima grande divisione: chè, essendo il verso difficile ad intendere, si produssero profonde varianti: delle quali due principali :

(1) La, Lb, Lc, Ld, Le, Lh, Lk, Lm, Ln, Lp, Ma, Mb, Mc, Mf, Mg. Mh, Mk, Ml, Mm, Mn. Mq, Rb, Rf, Rh, Rg, Ri, RI, Rm, M'a, M'b, M'e, M'ƒ, Ca, Cb, Cd, Ce, Pa, Pb, Pd, Cap, Cap, Par1, Par2, Ba, Vc, C, Mart.

(2) Lb, Ma, che noi chiameremo Lb2, Ma2.

(3) Mo, Mp.

(4) Ne fece un largo studio comparativo il Pasqualigo (Alighieri, Ann. III) negando con argomenti molto discutibili l'esistenza dei primi commenti di Egidio Colonna e di Dino del Garbo. Egli assume una lezione repugnante a qualsiasi profon la indagine critica dei mss. più puri. (5) Si vede chiaramente da la tavola comparativa del Pasqualigo: op. cit,

Cap', Mq, Mn, MI, Mk, Mh, Mg, M'a, M'b, Lk, Lp, Vc, dànno:

fuor di natura di misura torna

tutti gli altri, salvo leggiere varianti, dànno:

ch'oltre misura di natura torna.

Dal primo gruppo si possono staccare i codici che portano il nome del Verino secondo (1), Mn, Ml, Mk, ai quali dobbiamo aggiungere Lp, che non serba il nome del commentatore, ma si unisce al gruppo per le sue varianti in modo assoluto. Si dovrebbe ritenere fra questi mss. come testimone più sicuro dell'opera del Verino l'autografo (Mn), ma esso nel primo verso del commiato si stacca da gli altri tre (), i quali dànno una lezione identica a la lezione data da tutti gli altri codici di questo primo gruppo, formato su la variante del v. 44. Mn è tutto pieno di note e correzioni ed attesta il lavoro preparatorio del commentatore, mentre gli altri, specialmente M, ci sono testimoni della lezione che il Verino adottò definitivamente nella sua lezione del 15 settembre 1566: onde si può credere che il commentatore, avendo a mano codici di lezione diversa da quella del gruppo a cui si attenne, dubitasse fra le due lezioni ed in fine scegliesse quella del gruppo che più gli era servito di guida.

Ma per istabilire quale fu l'opera dell'interpetre dobbiamo ricercare quale fu il codice, su cui Francesco Vieri intraprese l'opera sua. Certo fu uno dei codici che abbiamo raccolto nel primo gruppo, dei quali si hanno gruppi minori, onde: Mg sta con Mh, contenendo ambedue la canzone ed il sonetto: << Io vidi li occhi dove amor si mise > e portando lezioni speciali:

Mq sta con Lk (3) per questa canzone e per l'attribuzione al Cavalcanti della canzone in lode dell' imperatore: « Virtù che 'l ciel movesti a sì bel

punto ». Nessuno però di questi gruppi minori fu origine del Verino,

(1) In Mn, che è mss. autografo, si ha: « Le chiose di ms. Franc. Verini nipote ord. accademico fiorentino da leggersi piacendo a Dio questo anno 1566 di settembre al consolato di ms. Leonardo Salviati ». Si può quindi ritenere che Mu rappresenti il lavoro preparatorio e sia antecedente al 1566. M invece, che è una raccolta esclusiva di opere del Verino, appare posteriore: «.... si espone la canzone di Guido Cavalcanti, letta publicamente nell'Accademia di Firenze questo di XV di settembre 1566 nel consolato di ms. Leonardo Salviati ».

(2)

Mn con il gruppo avverso.

Tu puoi sicuramente gir, canzone.
Canzon mia, tu puoi gir sicuramente. - MI, Mk, Lp con il gruppo simigliante.

(3) LA altrove si stacca da My portando la ballata: « Poi che di doglia etc. » e la canzone: «Io non pensava che lo cor già mai » che non sono in My: ma, essendo Lk facilmente dimostrabile discendente di Mq, la differenza non ha valore se non in quanto rappresenta una aggiunta fatta più tardi dal raccoglitore di Lk.

perchè, pur essendo tutti ad esso anteriori per l'età, ne differiscono per alcune lezioni importantissime (1) e nelle differenze la forma assunta dal Verino appare più pura, perchè controllata da codici del gruppo avverso per la divisione del verso 44.

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Resterebbero M'a, Mb, Vc (2), Cap1, dei quali dobbiamo escludere i due primi per la variante del v. 5 (3) del tutto arbitraria, pur essendo M'a del maggio 1509 e quindi anteriore ad Mn. L'esame delle varianti di Vc porta a conclusioni simili. Questo codice, unico nel gruppo, porta al v. 65: ben aude in forma, mentre gli altri dànno: ben aude forma e serba continue traccie di correzioni, nelle quali è palese lo studio di ridurre la lezione arbitraria originale più simile a la lezione data dalla maggioranza dei codici (*), tranne in un unico luogo, ove anzi è modificata (3). Si potrebbe credere che queste correzioni fossero opera del Colocci stesso e dovremmo quindi ammettere che il codice fosse completo, come oggi lo abbiamo, prima del 1537 od al massimo prima del 1549, anno in cui morì il Colocci: nel qual caso non si saprebbe come spiegare una revisione del Verino su questo codice, che con ogni probabilità non si mosse da Roma prima di entrare nella Vaticana e dopo essere uscito da le mani del suo ordinatore. Se poi si ammette che le correzioni, e forse anche la prima trascrizione della canzone, sieno state fatte dopo la morte del Colocci e sieno opera di ignoti, a minor ragione si potrà credere che prima del 1566 il Verino potesse averle sott'occhio, onde servirsene per la sua interpetrazione, non poten

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(2) Rappresenta una copia del Vat. 3793 fatta fare dal Colocci, la cui biblioteca andò di spersa durante il sacco di Roma nel 1537 (cfr. De Nolhac La biblioteque de F. Orsini). Affermò il prof. Ercole che la canzone del Cavalcanti vi si trova nella seconda parte. Essa invece è a f. 2 ed il nome del nostro non appare negli indici. Parrebbe quindi ch'essa fosse stata aggiunta più tardi, non essendo nemmeno compresa fra le rime del Vat. 3793.

Il codice appare compilato da due mani: ma ciò non ha grande valore per noi, perchè la prima mano riappare fra le ultime carte e, ciò che più vale, la seconda mano si trova in un indice che è in principio. Le due mani furono dunque contemporanee e, se pur si deve ammettere che le prime carte, aventi traccia di una numeratura antica fino ad 8o, sieno un fascicolo aggiunto a parte alla copia del Vat. 3793, è certo che esso entrò ben presto a far parte dell' organismo attuale del codice.

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dosi anche spiegare come egli abbia tenuto conto delle correzioni soltanto e mai della prima lezione, la quale egli, come erudito, doveva stimare al suo giusto valore.

Resterebbe quindi ultimo Cap1, il quale è il più antico di questo gruppo. Non grandi differenze esistono fra Ve e Cap1; ma Ve si avvicina a Cap1 più che tutto nelle correzioni, le quali hanno un valore molto relativo, rappresentanti cioè di una mano erudita del sec. XVI: onde Ve resta nella sua origine a rappresentare già una inquinazione della lezione più pura e più genuina data da Cap1. Confrontando quindi a parte le lezioni di Ver e Cap si vedrà che in Ver si manifesta una correzione continua, ora legittima, ora arbitraria: il che non verrà a provare che precisamente su Cap1 sia stata condotta la lezione di Ver; ma soltanto che Cap1 è per noi il rappresentante più prossimo di un cod. x originario di Ver. Le correzioni infatti di Ver o sono mutazioni che attestano un'epoca più erudita di classicismo (1) fra la formazione sua e quella di Cap1, o sono abbandoni di scritture più antiche volgari (2) e di forme glottologiche primitive (3), o finalmente correzioni dei luoghi dove il significato più difficilmente si desumeva (). Queste ultime in parte sono suggerite da l'uso comune degli altri cdd., in parte sono opera dell' interpetre stesso (5) là dove Ver appare diverso da tutti gli altri mss., in parte sono rammende di errori evidenti (") di Cap1, onde anche su tal guida si può stabilire in quali luoghi Cap1 sia difettoso. Escludendo quindi definitivamente Vc (7), noi abbiamo fino ad ora potuto stabilire che Cap1 rappresenta (salvo i suoi errori evidenti) il più antico e più puro esemplare di questo gruppo, che il Verino si servi di un esemplare simile

(1) huom per om, l'uso dell' nelle forme del presente indicativo del verbo avere, il man tenimento dell'u tonica in sua per soa, l'uso del ph per f: ed anche: obscuritate per oscuritate, potentia per potenza, sapere per savere, coperto per coverto, etc. Vedi a tale proposito: N. Caix - Le origini della lingua italiana.

(2) Così lo scioglimento di alcuni raddoppiamenti: e si per essi, e se per esse. Queste forme raddoppiate sono usatissime nei 61 sonetti del Vat. 3793.

(3) Il dittongamento di e, o toniche: per es.: - niega, viene, mantiene, huom, muove - mentre in Cap1: nega, vene, mantene, hom, etc. Così pure per le forme arcaiche: canoscente, canoscenza - l'uso di conoscente, conoscenza: e l'ammissione dell'iato regolarmente evitato nelle prime età, per es.: possibile intelletto per possibilentelletto, la intenzione per lantenzione, fusse impedita per fossinpedita, che in per chen. Vedi pure: Caix

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op. cit. pered a presente perchè da qualitate si che non puote

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om che lo prova

non già selvagge la beltà

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dunquelli meno

dico degno in fede etc.

Ver: posa

opposita

«

«

per sorte non può dire huom ch'aggia vita.

(7) Anche per il v. 24, ove Ma mantiene l'evidentemente originale: pesanza di Cap1, e lc porta il possanza, facile rammendamento accolto da quasi tutti i codici di ambedue i gruppi, non esclusi M, Mk mss. secondari del Verino. Il possanza era di ben più facile interpetrazione,

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