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di autore anonimo del Secolo XIV, dal titolo I Fioretti di S. Francesco, testo di Lingua, citato dalla Crusca nel suo dizionario. La crociera di questa chiesa, la quale meriterebbe il grado e gli onori di basilica, conserva ancora intatte le sue forme primitive ogivali. La famiglia dei Cerrosi, una delle più illustri fra le Patrizie di Viterbo, ora estinta fin dal XVIII secolo nei Torellini, fece restaurare questa chiesa verso la fine del Secolo XVII. Nel principio, o verso la metà di quel secolo fu dato il bianco sulle pitture e fu deturpata la chiesa con moltiplicare gli altari con grave pregiudizio dell'antica sua maestosa struttura. A chi guarda all'esterno quelle mura vetuste in pietra viva, quei grandiosi finestroni a sesto gotico, abbelliti d'intagli il pensiero ritorna di quei tempi nei quali i Papi od i Cesari avean quivi temporanea dimora, nelle sedizioni di Roma, o nelle guerre per l'indipendenza d'Italia. - Ora il convento fu ridotto dal 1849 a caserma. L'archivio, come sopra dissi, andò in gran parte distrutto. La chiesa dal 1875 fu chiusa al culto pubblico, quantunque si speri, come notai, di vederla presto riaperta. (1) — Fu essa frequentemente visitata da Papi e dai Sovrani i quali spesso, come notai, dal XI al secolo XIII, verso la metà, dimorarono nel Palazzo ivi edificato, ove sorgeva già il Castello di S. Angelo. La visitarono nel 1227 Gregorio IX, nel 1261 Alessandro IV, nel 1262 Vrbano IV, nel 1268 Clemente IV, nel 1270 Gregorio X, 1276 Adriano V, nel 1276 Giovanni XXI, nel 1277 Niccolò III, nel 1281 Martino IV, nel 1304 Benedetto XI. (Di queste memorie sopra il soggiorno dei Papi in Viterbo trovai molte notizie nel Ferlone e nel Gattico De Itineribus Rom. Pont.) Nel 1368 Vrbano V. nel 1378 Gregorio XI, nel 1160 Alessandro III, il quale consacrò l'antica chiesa di S. Angelo in Castello, e non quella di S. Angelo in Spata, consecrata da Eugenio III, precedentemente, come risulta dall' epigrafe (che qui riporto) è in caratteri del secolo XII.

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(1) Cfr. Resoconto della gestione del R. Delegato Straordinario del Municipio di Viterbo F. Brunelli dal 24 Giugno al 25 Luglio 1886 Viterbo Tip. Monarchi 1885, pag. 12. «Il Ministero dell' Istruzione pubblica, come risulta dalla lettera 3 corr. N. 143. Gabinetto della Sotto Prefettura di Viterbo, dispose che la chiesa di S. Francesco, già ceduta al Comune, debba essere riaperta al Culto, destinata à contenere un museo sacro. In esecuzione di tali ordini, con deliberazione del 4 corr. Luglio, ho provveduto per la retrocessione al governo della chiesa stessa, e con verbale del 14 corr. ne ho eseguita la consegna al Sig. Sottoprefetto, compresi i monumenti esistenti in essa chiesa al momento della consegna e compresa ogni altra appartenenza dei monumenti stessi. >

Anno Ab Incarnatione Dni Nri Iesu Xti

MCXLV Indictione VII Evgenivs Ven. PP. III Ad Honorem Beati Michelis Archangeli Vna Cvm Episcopis Archiepiscopis Et Cardinalibvs Hanc Dedicavit Eccliam VIII Invs Maii Presidente In Eadem Domo Biterbo Ven. Priore (1) Sitam In Burgo Biterbo In Qva Tria Sunt Altaria Mirabiliter Dedicata Majus Vero Ad Honorem S. Michelis Archangeli In Qvo Recondita Svnt Patrocinia Sanctorvm Protomartyris Stephani Calixti P. M. Cornelii P. M. Et De Ven. Ligno Crveis Dni Septentrionale Avtem Altare Ad Honorem Scorvm Savini Et Eugenii Qvorvum Ibidem Requiescent Corpora. Meridionale Ad Honorem Scorvm Fortvnati Conf. Et S. Illvminatae Virg. Reliqviae Qvorvm Hic Reqviescvnt Presb. Petrus Ec (sic) Scripsit Filivs Bencivenga

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La visitarono altresì i Papi Innocenzo III nel 1198, Vrbano VI nel 1383, l'imperatore Sigismondo nel 1433, nel 1493 da Alessandro VI, Martino V nel 1420. Niccolò V. nel 1450, Pio II nel 1460, l'imperatore Federico III nel 1469. Sisto IV nel 1481. Giulio II nel 1505 e 1506. Leone X nel 1515. Clemente VII nel 1528 e quivi approvò l'ordine dei Minori Cappuccini con la bolla Religionis zelus. Dat. Viterbii, IV Non. julii Pont. Anno VI. (1528). Paolo III nel 1536, 1537, 1538, 1539, 1540, 1545. Gregorio XIII nel 1578. Clemente VIII nel 1597. Innocenzo X nel 1653. Benedetto XIII nel 1727. Pio VII

nel 1804 Gregorio XVI nel 1841 e Pio IX nel 1857. Nell'interno dell'antica costruzione di questa chiesa monumentale non rimane che la volta ogivale della crociera di mezzo ed il soffitto a scheletro, cioè a tetto, annerito dal tempo, ora nascosto da una volta assai barocca la quale nei presenti restauri è da sperare che verrà tolta. Nel pavimento tuttora si osservano alcune sepolture con basso rilievi. Suppongo che quel mausoleo in pietra senza epitaffio, presso quello del Vicedomino, sia la tomba del celebre poeta Veronese Giovanni Cotta, morto in Vi terbo nel 1510, probabilmente quivi sepolto, avendo dimorato nella Rocca con la corte di Giulio II. I superbi mausolei dei cardinali Marco da Viterbo Vicedomini e Landriani, ma in specie il monumentale sepolcro di Adriano V, danno a questa chiesa una maestosa imponenza. Nel sarcofago del Cardinale Marco da Viterbo è scolpito il seguente epitaffio:

Marcus Viterbiensis Ex Ord. Min. Cardinalis Ab Vrbano V Ob Suam Ingentem In Omni Virtute Gloriam Kal. Januarii MCCCLXVI Creatus Viterbii Vitam

(1) Lacuna nella pietra per erosione.

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Vir Sanctitate Vite Conspicvvs Obiit Nomen Suum Immortalitati Consecravit Anno Virginei Partus MCCCLXIX. Quam Tibi plus Marco longe huic Vetulonia debes. Nam tu illi esse dedit ille bene esse Tibi..

Noto che erroneamente nell'epigrafe è notata la creazione a cardinale di detto fra Marco addì 1 Gennaio 1366 mentre invece seguì addi 18 Sett. (Cfr. Contelorius Felix, Elenchus S. R. E. Card.) All'esterno di questa chiesa è un pulpito in pietra di peperino. d' onde S. Bernardino da Siena nel 1426 predicò la pace fra le fazioni Gattesca e Maganzese o Tignosina. La facciata fu deturpata con imbiancarla ed è di forma basilicale (1). Dalla parta posteriore, nella piazza detta di Campo Bojo, si vedono ancora i muri a pietre di taglio ed i finestroni gotici, ora murati, mirabili per fregi ed intagli, tanto manierati nei secoli nei quali l'architettura gotica fu in fiore fra noi. A Dio piaccia che questa chiesa, come l'altra di S. Giovanni in Ciocola, possa essere interamente restaurata, dal R. Governo, togliendo via quanto dal seicento in poi, a scapito della sua maestosa forma, le fu aggiunto dai frati i quali la custodivano e dai benefattori che la restaurarono a più riprese, ma senza discernimento e senza gusto.

Nella Chiesa suddetta si venerano le teste di S. Cunegonda Regina di Sicilia, di S. Abondia de' Reali di Bretagna, di S. Elisabetta regina di Ungheria ed altre reliquie, il catalogo delle quali finora non potei ritrovare per pubblicarlo, come feci per quello di S. Maria di Gradi. Scrive il Tossig: ano che i frati solo nel 1430 si ridussero ad abitare stabilmente nel convento di S. Francesco. Forse nel 1430 ivi si stabilirono coloro. i quali più non praticavano l'osservanza perfetta della regola, sicche nel Pontificato di Eugenio IV si ridussero in conventi diversi, mentre i più rimasero fedeli all' antica Regola. Questi si dissero Minori Osservanti, quelli Minori Conventuali. In Viterbo ai minori conventuali fu affidata questa Chiesa di S. Francesco ed ai Minori Osservanti, dal Cardinal Giovanni Vitelleschi Legato, fu concessa la Chiesa di S. Maria in Valle d'Inferno, detta poi del Paradiso, già delle Monache Cistercensi, soppresse perchè rilassate dal detto Cardinale (Cfr. fra Casimiro da Roma Memorie Storiche delle Chiese e Conventi dei Minori nella provincia Romana pag. 454).

La chiesa di S. Francesco ha la forma di Croce Latina ed ha molte cappelle. Ivi già si ammiravane varii dipinti pregevolissimi quali ora sono custoditi nel Museo Municipale. Noto, fra gli altri, il celeberrimo dipinto di fra Sebastiano del Piombo, (così detto per

(1) Sulla porta all'esterno si legge l'epigrafe seguente: Divo Francisco Botota Familia Ob. Avitam. Devotionem Ann. MDCIII.

chè era piombatore delle bolle della Cancelleria apostolica) rappresentante la Deposizione dalla Croce di Gesù morto, e l'altro di Cesare Nebbia, Orvietano, che raffigura la venuta dei Re Magi al Presepio. L'altar maggiore fu dichiarato Privilegiato da Gregorio XIII con breve surriferito. In questa chiesa si celebrava solennemente la festa dell' Epifania e vi si tenea in detta ricorrenza un'accademia di prosa, poesia e musica. Il mausoleo del Cardinale fra Marco da Viterbo dei Minori, il quale si ammira, a cornu evangelii (nota il Theuli) come da iscrizione nel sarcofago, fu fatto erigere da certo fra Guglielmo, forse all' epoca della morte del detto Cardinale (1369), Guardiano di questo convento, od anche discepolo del suddetto, già Ministro Generale dell'Ordine dei Minori. In un angolo dell' una si legge difatti Frater Julianus fecit fieri hoc opus. L' Epitaffio del Cardinale fu da me riferito, fra le altre epigrafi di questa chiesa. Altre ne riferirò in fine.

In questa Chiesa Urbano IV ai 20 Febbraio 1263 canonizzò solennemente S. Riccardo Vescovo di Chichester in Inghilterra con la bolla « Exultet Angelica turba coelorum, in data di Viterbo in tale giorno.

Non so se questo cenobio abbia avuto sue cronache. Certo le sue memorie sono molte, ma finora non furono raccolte, nè ordinate. Pare l'archivio fosse di gran pregio, ma come notai, le sue scritture andarono in gran parte perdute. Avrei desiderato riferire, relativamente a questo celebre tempio ed al suo storico convento, ulteriori memorie, ma finora non mi riuscì di ritrarne altre notizie, oltre quelle che sopra notai, tratte dagli Scrittori dell'Ordine Minoritico, in specie del Theuli e dalla storia di Viterbo del Bussi. Noto che il Ch. Sig. Conte Prof. Giuseppe Gnoli recentemente riprese i monumenti di Adriano V e del Card. Landriani e li espose nella mostra di belle arti nel 1883 in Roma. Riprodusse anche il classico dipinto di Lorenzo di Giacomo Viterbese che si ammira in S. M. della Verità, in un bozzetto acquistato dal British Museum diLondra, ove ora si conserva. Ricordo in questo mio libro il valente miniatore, mio carissimo amico, il quale nel suo breve soggiorno nella città nostra tanto ebbe a cuore l'Illustrazione dei monumenti storici ed artistici di Viterbo in specie questa magnifica chiesa, lasciata fino ad ora, da dieci anni in assoluto abbandono, con grande scapito della sua fabbrica di pura architettura ogivale. - Descritta così rapidamente la chiesa passo a ricordar la traslazione quivi fatta delle ceneri di Clemente IV ed a descriver la tomba di Adriano V che pur in essa si ammira.

CAPO II.

La traslazione delle ceneri di Clemente IV in S. Francesco, seguita ai XXI Luglio MDCCCLXXXV.

Riassumo in questo capo alcune memorie relative alla traslazione della tomba di Clemente IV dalla chiesa di S. M. di Gradi all'altra di S. Francesco, ove ora fu convenevolmente ricomposta. Per certi riguardi impostimi dalla libertà che ora gode la pubblica stampa in Italia, mentre tuttora, per i noti fatti recenti, sub iudice lis est, mi astengo dal pubblicar alcuni documenti relativi a fatti contemporanei da me già in parte stampati, poi per ragioni di opportunità a malincuore stralciati da questo lavoro. In altro volume riunirò sullo stesso tema ulteriori memorie, raccolte da altre molteplici fonti, insieme a nuovi documenti, non meno importanti, se sarà opportuno poterli render di ragione pubblica. Ora intanto qui riferisco alcune notizie sulla traslazione suddetta.

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Nota degli oggetti raccolti entro una cassa e disposti su cartoni numerati già ritrovati nel Sarcofago di Clemente IV. 1.° Cartone - 1.° Due calze e relativi calzari di seta, due sole di sughero. Due manichetti di seta a maglia, supposti parti inferiori di guanti più non esistenti. Due piccole pezze circolari di seta, forse già applicate al dorso dei guanti. Pettorale in seta e filo d'argento. Due frammenti ossidati e corrosi di una placca di stagno, applicata sopra una pezza di tessuto greve a maglia. - 2.° Cartone. Gallone di tessuto serico e metallico, della larghezza circa di una stola in tre pezzi. Brano di velo serico con filamenti metallici annodati. 3.o Cartone.mitra di semplice tessuto di seta con due bende. — Cingolo di seta con due pendagli di filo metallico. Cingolo di seta con cordone. 4.o Cartone. varii frammenti di guarnizione in tessuto con filo metallico di diverse dimensioni. Frammenti di sottile nastro di seta. 5.o Cartone. Due frammenti di stoffa istoriata, forse già parte del piviale o paluda

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