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I

in lilia. Nam Grossi gerunt pro insignibus in scuto aureo aquilam nigram expansam unguibus et rostris coccineam circumdatam limbo nigro octo globulis argenteis onerata. » Ricordo, a questo proposito, che nell' antica basilica Vaticana, descritta dal Manlio, dal Panvinio e dal Vegio, la più parte dei Pontefici ivi sepolti giacevano nel portico innanzi la chiesa, o fra le porte, per le quali vi si avea accesso.

4.o Periodo 1571-1885. Nel 1571 fu restaurata la chiesa di S. Maria dei Gradi. Il Mausoleo fu allora trasferito nella Chiesa antica, detta anche Cappella di S. Domenico, dirimpetto al lato dell'epistola, innanzi l'altare di detto santo (1). Nel 1798 e 1799 il monumento fu esteriormente guastato dai repubblicani francesi e dai giacobini loro partigiani. Però non fu violata la santità della tomba. Di ciò si ha una prova nell' arca di pietra, ritrovata a quanto si asserisce dai presenti testimoni intatta nella recente violazione e nel corpo lasciatovi entro, senza rapirgli i pontificali ornamenti. Più volte, dopo chiusa la chiesa, mi recai a visitar le tombe, che là erano rimaste, abbandonate all' ingiuria del tempo e dei miscredenti. Salii fino all' altezza della statua giacente del pontefice, mediante una scala a piuoli, e per quanto potei vedere, non rinvenni niuna traccia di stuccatura recente o di cemento, posto ivi a chiudere le compressure del marmo. Se però nei restauri del 1738 la tomba di Clemente IV fosse aperta non saprei precisare. Suppongo negativamente perchè altrimenti nelle scritture coeve da me consultate ne avrei trovata di certo memoria. Ed a quanto mi si assicura neppur nel Libro delle Riforme del Comune, conservato nell' Archivio storico Viterbese, se ne trova alcuna menzione benchè in semplice

cenno.

Da quanto ricordai nei due articoli (riferiti fra i documenti), che inviai al riputatissimo periodico l'Unità Cattolica, mi si fece un addebito da taluni in Viterbo, che o non capirono, o finsero di non comprendere quanto ivi scrissi relativamente alla profanazione della tomba di Clemente IV, per opera dei repubblicani Francesi nel 1798 e 1799. Dal fatto che i Francesi e i loro adepti esteriormente danneggiarono la tomba, ne dedussero che io avea asserito che la tomba era stata già visitata, e quindi era giustificata la mancanza nell' avello della pergamena che ricordava le gesta di Clemente IV (e se ne rinvenne solo il suggello) e

(1) Oppure nel 1738 quando si rifabbricò la chiesa, su disegno del Salvi, si effettuò tale traslazione: ciò che è più probabile, ed allora il terzo periodo va dal 1738 al 1885.

delle medaglie monumentali e commemorative del pontificato di detto Pontefice. I Francesi devastarono solo la parte superiore del monumento ed i musaici, i quali erano intorno al Sarcofago. Però non aprirono l'urna sepolcrale come asseriscono testimoni oculari, ora trovata inesplorata. Ciò a provare che non fu violata interiormente, nel 1793, (1) ma solo danneggiata nel 1798 nella parte superiore al sarcofago, e nell'esterno. Ora si spera che il Mausoleo di Clemente IV potrà venire trasferito in qualche chiesa, o alla Quercia, od in Cattedrale, purchè, come si desidera, le ossa del Papa possano rimanere in un luogo sacro a Dio, del quale egli in terra tenne già le veci. Il Museo Municipale di Viterbo, nella già chiesa di S. Francesco, od alla Verità, altra idea sublime di quel genio nefasto che sognò la ruina delle nostre torri gloriose, e delle nostre mura otto volte secolari, o non si farà mai, o se si farà, durerà quanto dura la neve in aprile. Anche se si riuscisse di porre insieme quanto già si ammirava nelle chiese ora chiuse al culto divino, ed in pregevole collezione di distinto antiquario, (2) (che generosamente la offrì in parte al Municipio purchè se ne erogasse l'importo a scopo di beneficenza) detto museo sarebbe incompatibile coi mausolei e coi sepolcri Cristiani. Le tombe dei papi non sono le casse mortuarie delle mummie di Egitto, nè è decente che chi in vita ebbe a veste il gran manto, dopo sei secoli si trovi esposto fra i quadri, le medaglie i vasi etruschi e le anticaglie.

Descritta, come sopra, la tomba di Clemente IV, per sommi capi né ricorderò, nel capitolo seguente, la vita, le gesta ed i biografi per passar quindi a descrivere la Chiesa di Gradi, ove il suo Mausoleo si ammirava e ricordarne l'epigrafi, i privilegi, principali e le vicende. Poi con lo stess' ordine descriverò le tombe di Alessandro IV, di Adriano V e di Giovanni XXI.

(1) Scrisse poco esattamente l'Avvocato Stefano Camilli in un articolo notato. Il Mausoleo di Clemente IV (Album di Roma, Tom. XI, pag. 109): Questo monumento fu quasi affatto distrutto, in specie nei musaici dalla barbarie dei forsen nati repubblicani Francesi i quali si fecero altresì trastullo delle ceneri e degli arredi che vi erano contenuti. Quanto asserì il Camilli recentemente fu provato insussistente ed assurdo, essendosi ritrovati intatti gli arredi sacri e completo lo scheletro.

(1) Noto con compiacenza, in questo volume, il nome dell' egregio mio amico, e collega nella Commissione per l' Archivio Storico Viterbese, Sig. Bonifacio Falcioni. A niuno secondo nell' affetto verso la città nostra, curò di riunire in una ricchissima collezione i ricordi delle diverse età, e la più parte ritrovati nella nostra provincia, raccogliendo e classificando con diligenza e criterio le medaglie, i vasi, e le antic aglie, dall' epoca etrusca fino alla rinascenza inclusivamente.

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Dopo aver ricordate le vicende della Tomba di Clemente IV, qui riassumerò la vita ed il Pontificato di questo virtuosissimo Papa. Confuterò con le testimonianze degli scrittori coevi, riconosciuti autorevoli pur dai protestanti, le calunnie molteplici che in passato furono inventate, ed ora ripetute, contro questo, che fu uno dei più grandi pontefici che governarono la chiesa nel secolo XIII.

Narrano concordi i suoi biografi, Amalrico Augerio. Bernardo di Guidone, ed altri, che Guido detto Le Gros, figlio di un certo Fulcodio, nacque a Saint Gilles ad Rodani ripam». Che fosse di famiglia plebea, egli stesso non esitò a dichiararlo, nella sua lettera a Pietro, Le Gros suo nipote. Il P. Ludovico Iacob da S. Carlo nella sua bliblioteca Pontificia (pag. 49 e seg.) si sforza ciò nulla meno a provare la nobiltà della famiglia Le Gros. Ivi si possono consultare da chi desiderasse conoscerli gli argomenti che reca, quale prova di quanto asserisce. Quando Guido nascesse, non potei trovare in verun codice, nè in alcuna opera edita. Non fu Guido che si rese Certosino, ma Fulcodio, padre di lui.

Guido nella gioventù esercitò simultaneamente l' avvocatura ed il mestiere delle armi. Fu giureconsulto ed avvocato famoso. Indi divenne consigliere di S. Luigi IX. Sposò una nobile fanciulla e n'ebbe due figlie. Così attesta Hermanno Althaens. (Annal. ap. Pertz. XVIII. 403) « Dominus Guido quondam miles uxoratus habens duas filias per uxorem, postea Sabinensis episcopus etc. )» Di queste due sue figlie una si maritò e l'altra divenne monaca. Rimasto vedovo, si rese chierico, circa il 1247, nel quale anno, probabilmente scrisse al priore ed ai frati predicatori di Montpellier, (come si rileva dalle sue lettere) narrando che venuto in quella città con Maria sua sorella, signora di Tarascona, e pregando con lei nella chiesa dell' Ordine, al cominciare. del canto dell' inno« Veni Creator Spiritus » ebbero una celeste

visione. Videro una gran fiamma che, scendendo dall'alto, avviluppò tutto il coro, e durò finchè fu terminato il cantico del Paracleto. Cio è narrato dal Touron (Histoire des hommes illustres de l'ordre de Dominique Vol. 1. pag. 116). Risulta dal Baluze (Concil. Gall. Narbon. pag. 118) che ai 21 Giugno 1251 Guido di Fulcodio, chierico, insieme con Raimondo Vescovo di Beziers, presso Narbona, conchiuse l'accordo fra Guglielmo Arcivescovo di Narbona ed Almarico Visconte di quella città. Ivi pure (p. 131), si ricorda che Guido fu arbitro in altre contese fra i baroni nei loro dissensi, nel medio evo così frequenti. In Vaissette (Histoire du Languedoc III. p. 502) si trova ricordato che agli 8 Aprile 1253. Guido Gros, con altri commissari, promulgò uno statuto contro gli eretici Albigesi, che infestavano la Linguadoca. Nella Gallia Christiana (Instr. 370 Vol. II.) è ricordato che ai 15 Aprile 1255 Guido di Fulcodio, chierico, fu presente ad una ricognizione di reliquie, fatta da Pietro vescovo di Maguelonne, nel Castello di Suidry. Nel 1256 fu eletto vescovo di Le Puy (Anicien.) Narra Duchesne. (Histoire Des Chanceliers de France, pag. 232) che ai 6 Luglio 1258 Guido di Fulcodio vescovo Aniciense (Le Puy), già si trova, nei monumenti coevi, enumerato fra i consiglieri del Re di Francia. Nel Regesto di Alessandro IV (Potthast N. 17673), si rileva da un documento, che quel Pontefice gli comanda di curare gli affari dell' Arcivescovo di Narbona presso il re di Francia (Baluz. Conc. Gall. Narbon. append. 159-160) — Dallo stesso Baluzio (loc. cit. fol. 161) si rileva che ai 10 ottobre 1259, dal Capitolo della Metropolitana di Narbona, secondo la consuetudine, fu eletto Arcivescovo di quella città. Anche ivi (loc. cit. append. 169) si ricorda che ai 22 Nov. 1263 fu inviato legato in Wallia, Anglia, ed Hibernia. Da Urbano IV fu creato cardinale, con altri, nel 1262, come risulta da una bolla di detto Papa, nel suo regesto (Potthast. II N. 18441.). dat. ap. Vrbem Veterem X. Kal. Nov. an. III.) fu creato Vescovo Suburbicario di Sabina.

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Teodoro de Vaucouleur, nella sua vita di Urbano IV, ricorda la promozione di Guido le Gros, con questi due versi :

Hinc Archipresul Narbonae, nomine Guido

Qui successit ei, saecula jure regens.

La sua legazione avea per scopo di conciliare le discordie fra Enrico III Re d' Inghilterra, Simone conte di Montfort, ed altri Baroni. Di ritorno dalla detta missione, felicemente compiuta, quantunque pare non potesse recarsi in Inghilterra, per ignota cagione, assente in in Perugia, da XIX Cardinali fu eletto Pontefice. I nomi dei Porporati che lo elessero sono da me ricor

dati, quali li enumera il Massarelli (Promotiones S. R. E. Card. ab Leone IX ad Paulum IV. Mss. Arch. Vatic. XI. 44). (1) Narra Salimbene Parmense (Chron p. 243): « Anno Dom. MCCLXV. Indictione VIII In festo B. Agathae, idest. VII februarii electus fuit Dnus. Clemens IIII. apud Perusium, et ipse erat in ultramontanis partibus tunc, et eratde collegio Cardinalium, et noluit ire ad accipiendum papatum, nisi prius visitaret ecclesiam B. Francisci de Assisio. » La sede Apostolica da alcuni mesi era vacante. Scrive infatti un cronista coevo: « Sedes cessavit a fine septembris usque ad V diem februarii successitque illi (Urbano III), Clemens IIII, natione Provincialis, de Villa S. Aegidii (Iperii. Chron. S. Bertni ap. Marthene. Thes. Aned. III. pag. 740). » E Tolomeo Lucense (Hist. Eccl. Lib. XXII, cap. 30, ap. Rainaldi Annal. ad annum 1265) ricorda circa la sua elezione • A papa Vrbano in Angliam legatus mittitur, propter turbationem inter Regem Henricum et Comitem Simonem Montisforti. Existens in Francia, quia in Angliam transire non potuit, eligitur in Papam, sed scrutinio retento, mittitur pro ipso a Collegio.

(1) Cardinali viventi all' epoca dell'elezione di Clemente IV al Pontificato, in Perugia (1265 5 o 7 Febbraio) e che poi sottoscrissero le bolle di detto Papa (dal 1265 al 1268).

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II.

III.

IV.

V.

VI.

VII.

VIII.

De Bartolomei da Susa Enrico Ostia e Velletri,
De Toledo Giovanni O. S. B. Cist. Porto a Ruffina.
Stefano Vngaro Palestrina.

De Chateauroux Oddone Frascati.

Le Gros Guido Sabina, eletto Papa Clemeute IV (assente)
Della Molara Annibaldo, De Pred. T. SS. XII Apostoli.
Guido 0. S. B. Cist. T. S. Lorenzo in Lucina.

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XII.

Annibaldeschi della Molara Riccardo, O. S. B. A S. Angelo,

XIII. Fieschi, di Lavagna, Ottobono. A S. Adriano.

XIV. Pirunto de Conti di Terracina Giordano A SS. Cosma e Damiano.

XV. De Conti d' Elci Vberto A S. Eustachio.

XVI. D' Alatri Gottifredo ▲ S. Giorgio in Velabro.

XVII. Savelli Giacomo. A S. M. in Cosmedin.

XVIII. Orsini Rosso Matteo. A S. M. in Porticu.

XIX. Vbaldini Ottaviano. A M. S. in Via Lata.

XX. Orsini Caetani Giovanni. A S. Niccola in Carcere Tulliano.

Vice Cancelliere di S. R. C. dal 1265 al 1268, nel Pontificato cioè di Papa

Clemente IV, fu certo Maestro Guglielmo di Tolosa, Francese.

Il Signum di Clemente IV fu il seguente versetto biblico (Ps. XXIV. 15) « Oculi mei semper ad Dominum. »

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