Chi mi ridona il piangere Forse la speme, o povero Proprii mi diede i palpiti Non l'annullår: non vinsela Il fato e la sventura; Non con la vista impura L'infausta verità. Dalle mie vaghe immagini So ben ch'ella discorda: So che natura è sorda, Che miserar non sa. Che non del ben sollecita Fu, ma dell' esser solo; Or d' altro a lei non cal. So che pietà fra gli uomini Il misero non trova; Che lui, fuggendo, a prova Che ignora il tristo secolo E voi, pupille tremule, Nessuno ignoto ed intimo Quel bianco petto in se. Anzi d'altrui le tenere Cure suol porre in gioco; E d'un celeste foco Disprezzo è la mercè. Pur sento in me rivivere Gl'inganni aperti e noti; Si maraviglia il sen. Da te, mio cor, quest' ultimo Spirto, e l'ardor natio, Solo da te mi vien. Mancano, il sento, all' anima Alta, gentile e pura, Il mondo e la beltà. Ma se tu vivi, o misero, XXL A SILVIA. Silvia, rimembri ancora Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi, Sonavan le quiete Stanze, e le vie dintorno, Al tuo perpetuo canto, Allor che all' opre femminili intenta Sedevi, assai contenta Di quel vago avvenir che in mente avevi. Era il maggio odoroso: e tu solevi Io gli studi leggiadri Talor lasciando e le sudate carte, Ove il tempo mio primo E di me si spendea la miglior parte, D' in su i veroni del paterno ostello Porgea gli orecchi al suon della tua voce, Che percorrea la faticosa tela. Mirava il ciel sereno, Le vie dorate e gli orti, E quinci il mar da lungi, e quindi il monte. Lingua mortal non dice Quel ch' io sentiva in seno. Che pensieri soavi, Che speranze, che cori, o Silvia mia! Quale allor ci apparia La vita umana e il fato! Quando sovviemmi di cotanta speme, Acerbo e sconsolato, E tornami a doler di mia sventura. O natura, o natura, Perchè non rendi poi Quel che prometti allor? perchè di tanto Tu pria che l'erbe inaridisse il verno, Non ti molceva il core La dolce lode or delle negre chiome, Anche peria fra poco La speranza mia dolce: agli anni miei La giovanezza. Ahi come, Come passata sei, Cara compagna dell' età mia nova, Questo è quel mondo? questi I diletti, l'amor, l' opre, gli eventi Tu, misera, cadesti: e con la mano LEOPARDI. — 1. 7 XXII. LE RICORDANZE. Vaghe stelle dell' Orsa, io non credea Quante immagini un tempo, e quante fole Là nella selva; e sotto al patrio letto Di quel lontano mar, quei monti azzurri, Felicità fingendo al viver mio! Ignaro del mio fato, e quante volte |