Tornati dunque a Ormus con tristi auspiSparser della CAMICIA i cercatori, [ci Che gli astri ai voti lor non furo amici, E che delle CAMICIE i possessori, Come all'esterno appar, non son felici, GLI ANIMALI PARLANTI. CANTO PRIMO LA DISCUSSIONE. ARGOMENTO. Lo stuolo de' Quadrupedi desia CANTO gli usi, i costumi, le vicende, Parlerò di materia affatto ignota, Te che il corso del Sol reggi e governi, Un argin per opporre all' anarchia, L'anarchia degli umor nel corpo umano In somma l'anarchia è d'ogni eccesso, Perciò quei prudentissimi animali Di qualunque governo o buono o tristo, Se udiam gli aristocrati, il democratico Egli è dell' anarchia fratel minore; Se i democrati udiam, l'aristocratico Egli è d'oligarchia fratel maggiore; Chè di giustizia e di ragion non è Trascurar mille e favorirne tre. Il misto è un certo amalgama posticcio, Un non so che d'anfibio, o ermafrodito, E specie di politico pasticcio D'agri e di dolci intingoli condito, Che avvicinar volendo e unir gli estremi Di sua distruzion racchiude i semi. In ciaschedun di lor trovi difetto, Chè unità manca in tutte e tre le forme; 4 Ove regna unità tutto è perfetto, Fra molti governanti è ognor discordia; Ciò ben sapean quell' erudite bestie, Che unite eran colà solennemente Per sottrarsi alle anarchiche molestie ; Ed erano convinte intimamente, Che il governo monarchico è sol quello, Che dir si può governo buono e bello. E invero a esaminar la cosa a fondo Che a ciascuno è di vita e sugo e germe. Viene la carestia? vien la gragnuola? Prendi uom rozzo e comun, fanne un monarca, Tosto il favor del Ciel sopra gli piove; in qualunque assemblea repubblicana, È raro la ragione e la giustizia, Divisa autorità che si distende [sa, Più che ampiamente è l'una e l'altra esten- Parla un sovrano? è come parli un Nu- Che più? l'estro gli vien, mi crea minisE sia pur io bestia ignorante, e sciocca, Tutta la monarchia reggo e amministro, Ho scienza nel cervel, sentenze in bocca. Tolta da me la balordaggin prima, [ma. Par ch'altro conio il mio padron m'impri Ciò prova che il monarchico governo È d'ogni altro governo il più perfetto; E all'immortal somiglia ordine eterno, Onde veggiam che l'Universo è retto : Ogni bene in sè stesso aduna e accoglie, E ogni qualunque mal slontana e toglie. Queste son verità chiare e palpabili, Sol discuter dovean se convenisse Onde ai propri interessi ei non potesse, Volendo inoltre quell' augusto stuolo Chè ambo i sistemi in uso sono, ed hanAmbo i vantaggi loro, i lor difetti. Da una parte si rischia ad un tiranno, Dall' altra a un imbecille esser soggetti; Perciò spettava al savio lor consiglio Di bilanciare l'util col periglio. Gli animali più forti e più potenti Che un' aristocrazia avrian voluto, Conseguir non potendo i loro intenti, Ammetter non volean un re assoluto, Che ogni privato dritto avrebbe escluso, E a suo capriccio del poter fatto uso. Volcan però, per contenere i regi, Che l'oro non confondano col fango, È i giusti e meritati privilegi Conservino a ciascun e il proprio rango, Dividere in due camere e in due classi Gli alti animali e gli animali bassi. Rege elettivo inoltre aver piuttosto [gno La gran pluralità però dei bruti Poichè a tutti coloro era ben noto, Di costoro alla testa era un Can grosso, Arrogante, ardentissimo e feroce; Lungo pel, muso nero, ed occhio rosso; E di petto instancabile e di voce. Ringhia con tutti ognor, brontola e sbuffa, Pronto con tutti ad attaccar baruffa. Avea per altro il don della parola, E gli uscian bei periodi di bocca, E per molti anni essendo stato a scuola, Un saggio di politica barocca Composto avea, che in quell' età lontane Fu detta la politica del Cane. Tali fur dunque allor fra gli animali Le politiche idee, qual' io d' esporle Onde in quell'assemblea volle a ogni cos- Un re, fra se dicea, nè aveva torto, A forza di regnar spesso si secca; Se dalle cure lo distrae l'accorto Ministro, e a tempo il liscia, adula e lecca, Come costante esperienza insegna, Il re obbedisce, ed il ministro regna. Della plebe quadrupede l' amica Aura godeva ed era ai grandi in odio, Come i tribuni già di Roma antica, I Gracchi, i Saturnini, e Rullo, e Clodio, Quando a parlar costui si fece avanti Tutti applaudiro i democrati astanti. E fino a quando inutili parole Farem, dicea, cercando il quando, il coAlte e potenti bestie, un re si vuole, Ma un re di fatti, e non re di nome; Un re, che il giusto e il debole difenda Contro chiunque a soverchiarlo imprenda. [me? Non curiam di gran prence i fregi esterni, La pompa, il fasto, e l'apparato vano. Savio prence vogliam, che ci governi, Che abbia il poter, ch'abbia la forza in maNe per altra ragione a conferenza [no Convocati qui siam: grand'è l'urgenza. Della baldanza altrui dura e proterva Gli aspri non soffrirem modi oltraggianti. Giacchè servir si debbe, a un sol si serva, Nè il supremo potere usurpin tanti. Legittimo padrone io non ricuso; Serva chi vuol usurpatore intruso. Leggi a chi regna impor, seco far patti, Scusa vi chiedo, o bestie alte e potenti, Vi proverò ch' egli è un pensar da matti, E chimerici son regolamenti. Non parlo invan, millanterie non trincio, Ragiono da filosofo, e incomincio. Spurgo, ciò detto, e fece alquanto pausa, L'occhio girando intorno all'uditorio, Per osservar l'impression che causa Il suo fervor politico oratorio. Che fatto fin allor non altro avea, Che gli animi tentar dell'assemblea. Altri per indolenza e per pigrizia Al Can si riportaro interamente; Ma non dorme la Volpe; e non trascura O sei solo ciò ch' ei vuol che tu sia, E forse su di te provar tu dei La verità della sentenza mia; Onde pria d'annullar te stesso e noi, Pensaci o Can; vano è pentirsi poi. Pertanto scusa, amico Can, deh scusa; Ma il tuo discorso a schiavitù ci mena: Più poter che si han in man, più se n'abusa, Se legittimo vincolo non frena Il capriccio dispotico, che punge Gl'indocili regnanti. E il Can soggiunge: Scusa tu, Caval mio ; sei troppo ombroE temi ove non son mali e perigli; [so, Credi prence assoluto un mostro esoso, E alla volgar prevenzion t'appigli : Logico usar ragionamento astratto Teco io non vo', vo' ti convinca il fatto. Sa ognun di noi, quanto la specie umana Sensatamente opra, ragiona, e pensa : L'illimitata autorità sovrana Pur ella e sempre a sostener propensa; [ta Senza di ciò quel bipede animale Pieno di vanità, gonfio d'orgoglio, Potria ripor sua gloria principale In mantener i despoti sul soglio? E in preferir l'utile lor privato Al pubblico interesse, al ben di stato? Non vedi tu con quanto ardor, con quanOstinatezza scannansi a vicenda, Acciò più forte ognor la sacrosanta Autorità dispotica si renda? Non vedi come ciaschedun s' onora Del nobil giogo, e il dispotismo adora? Se libere in te volgi idee secrete, O muovi dubbio sol contro di quello, Turbator della pubblica quiete Tu sei chiamato, e al tuo sovran rubello. Credi che l'uom cosi operar volesse, Se ragion grandi e forti ei non avesse? Onde su punto tal, Cavallo mio, Gli scrupoli deponi, e i timor tuoi. Despotismo vi vuol, te lo dich' io, Su di me riposartene tu puoi; Quando è il genere uman di tale avviso, Caro Caval, questo è un affar deciso. Era un Orso fra lor, cui l' uom già tenne Per suo piacer gran tempo alla catena, Onde a disciorsi, ed a fuggir pervenne. Parlando il Cane, brontolava, e appena Attese ch' egli di parlar finisse, Che a lui si volse bruscamente e disse: Tu che con tal gaiezza e compiacenza Dell' uom l'esempio per model ci additi; Propor credi animal per eccellenza, E il più assurdo animal forse tu citi. Propon di grazia, o Can, miglior modello, S'ami che noi ci conformiamo a quello. Cui 'l Cane: Eppur all' uom, su cui si sfoOr l'antico astio tuo, servisti prima. [ga E l'Orso: Forse quei che ci soggioga Esiger da noi debbe amore e stima? Sorriser tutti, ed applaudiro all' Orso; Ma il Can sté sodo, e prosegui il discorso: Re, che di re non ha se non la scorza, È un fantoccio di re, egli è un re nullo. Impotente voler, che non ha forza, Serve altrui di ludibrio e di trastullo: E quando un re è a termin tal ridutto È meglio assai di non ne aver del tutto. Che se poi della forza un re dispone, In che d'autorità consiste il nervo, Legge o patto al più forte invan s' impone; Di leggi e patti ei non sarà mai servo : Le leggi, i patti, e altre tai cose belle Legano solo il debole e l'imbelle. Ragion congiunta a sperienza insegna Che ov'è costituzion che freni e tempre Il supremo poter, colui che regna Della costituzion nemico è sempre, E se ha la forza in man, le leggi abbatte Che per temprare il poter suo fur fatte. Ne sol re non vogliam costitutivo, E abbastanza finor dissi il perchè; Ma nè tampoco re vuolsi elettivo; Poiché a ogni nuova elezïon di re L'urto de' concorrenti e de' rivali Germe saria di rinascenti mali. Re pertanto assoluto, ereditario, Dico che a noi convien più che altro assai ; Ne timor ci rattenga immaginario Ch' egli ci opprima e tiranneggi: mai Popol non fu, che finchè volle, schiavo. Ei molti: Bravo! alto gridaron, bravo! E i pochi a forza l'orgogliosa voce Frenando si guardavano nel muso, E contenendo l'indole feroce Susurrando all' orecchia in tuon confuso, Sicchè uditi non fosser dai lontani, Dicean fra lor: Sian maledetti i Cani! O fosser falsi, o fosser veri e giusti Di quel Cane audacissimo i discorsi, Gli animai più potenti e più robusti Liberamente e legalmente opporsi, Risponder, contraddirgli avrian potuto; Nè di quel petulante avrian temuto. [to, Ma quell' audace bestia ha un gran partiE seco trae pluralità di voti; Onde non voller d'animal si ardito Inimicarsi i partitanti noti; Perchè ciascun di lor dentro di sè Speranza avea d'essere eletto re. Poichè, sebben sprezzanti ed orgogliosi, O altro interesse lor volgeano in mente, Perciò con tanta nobiltà celare Dissimulazion! o sii sovrano Non così igrandi son dei nostri tempi, Che l'ingenuità sempre han per duce; Ne mai la forza degli antichi esempi La generosa indole lor seduce; Ne avvilirebber mai l' animo altero Per l'acquisto d'un regno o d' un impero. Vero e però che il nobile costume, E la vasta politica sublime Spargendo or sulla terra un chiaro lume, L'eroico egoismo ovunque imprime, E di delicatezza i pregiudizi Nella categoria ripon dei vizi. Della filosofia al sacro foco [chia, Scaldasi il mondo, e migliorando invecE le frivole scuote appoco appoco Cavalleresche idee dell' età vecchia; Di ciò inquietarsi non però conviene, [ne. Lasciam le cose andar, che andranno be Quell'assemblea, come diss' io, contraNon mostrossi del Cane al raziocinio; [ria E monarchia assoluta ereditaria D'adottar stabiliro, e lo squittinio Incominciår dei concorrenti al trono, Che molti e insigni pei lor merti sono. Ma sapean quei quadrupendi elettori, Forse più ancor degli elettor moderni, Che convien lumi aver superiori Per isceglier talun che ci governi, E valutarne i merti, e andare adagio, E non dare alla diavola il suffragio. E senza previa esamina i sovrani Armar d'autorità quasi infinita, E ciecamente por nelle lor mani Le sostanze dei sudditi e la vita, L'onor, la stima, e quanto a ognuno è caro Delle sostanze e della vita al paro. Ne ignoravan però, che se si tratta E [to, Perciò natura oggi lasciar dobbiamo Unicamente oprar su tai materie; Ma dovean gli animai di cui parliamo Riflessioni far mature e serie, E d'ogni candidato il merto e il pregio Pesar pria d'elevarlo al grado regio. |