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Tornati dunque a Ormus con tristi auspiSparser della CAMICIA i cercatori, [ci Che gli astri ai voti lor non furo amici, E che delle CAMICIE i possessori,

Come all'esterno appar, non son felici,
Sebben gli dicon tai gli adulatori,
E il volgo come tai li cole e officia.
Quei che felici son, non han CAMICIA.

GLI ANIMALI PARLANTI.

CANTO PRIMO

LA DISCUSSIONE.

ARGOMENTO.

Lo stuolo de' Quadrupedi desia
Crear savio Governo, e in concistoro
Al ragionar del Can la monarchia
D' adottar stabilisce, e già fra loro
Allo squittinio molti ammessi sono,
Acciò si elegga animal degno al trono.

CANTO gli usi, i costumi, le vicende,
E l'ire animalesche, e di nemicha
Brutali schiere le battaglie orrende,
Che furo al tempo che le bestie antiche
Possedean la ragione e la loquela;
Cose che a noi dei tempi il buio cela.

Parlerò di materia affatto ignota,
Da cui forse trarrem qualche profitto.
La politica umana a tutti è nota,
Nè dell' animalesca alcuno ha scritto;
Che se passabilmente io vi riesco,
Mi dican pur poeta animalesco.

Te che il corso del Sol reggi e governi,
O celeste Zodiaco, te invoco;
A te che i bruti cangi in astri eterni
Consacro i versi i miei; tu del tuo foco
Un raggio animator dall'alto invia,
Che infiammi al gran lavor la mente mia.
I membri più distinti e accreditati
D'ogni specie quadrupede di bruti
De' pubblici interessi incaricati
Eransi uniti, e s'eran già seduti
In una solennissima adunanza
Per affari dell'ultima importanza
Fissar dovean dopo maturo esame
Di governo legittimo la forma
Che convenir potesse a quel bestiame,
Prendendo i culti popoli per norma;

Un argin per opporre all' anarchia,
Che gran progressi ognor facendo gia.
Sapean, che l'anarchia, come di fatto
Negli stati accader vedean sovente,
Rompe di società qualunque patto,
E seco porta inevitabilmente
Conseguenze gravissime e funeste,
E de' corpi politici è la peste.

L'anarchia degli umor nel corpo umano
Come mortal considerar si dee;
E non è che un frenetico, un insano
Colui che ha in testa un' anarchia d'idee.
Di venti opposti l'anarchia producé
Tempesta in mar che a naufragar conduce.

In somma l'anarchia è d'ogni eccesso,
D'ogni calamità germe diabolico;
E l'inferno perfin, l'inferno istesso,
Secondo il più ortodosso e il più cattolico
Parer degli antichissimi nostri avoli,
Altro non è che un' anarchia di diavoli.

Perciò quei prudentissimi animali
Legislator, filosofi, politici,
Per porre alcun riparo a tanti mali,
Esami fean sintetici e analitici

Di qualunque governo o buono o tristo,
Repubblican, monarchico, oppur misto.

Se udiam gli aristocrati, il democratico Egli è dell' anarchia fratel minore; Se i democrati udiam, l'aristocratico Egli è d'oligarchia fratel maggiore; Chè di giustizia e di ragion non è Trascurar mille e favorirne tre.

Il misto è un certo amalgama posticcio, Un non so che d'anfibio, o ermafrodito, E specie di politico pasticcio D'agri e di dolci intingoli condito, Che avvicinar volendo e unir gli estremi Di sua distruzion racchiude i semi.

In ciaschedun di lor trovi difetto, Chè unità manca in tutte e tre le forme;

4

Ove regna unità tutto è perfetto,
E senza l'unità tutto è difforme.
Moltiplice complesso ognor cadrà,
E l'anima di tutto è l'unità.

Fra molti governanti è ognor discordia;
Sempre guerra perciò gli uomin si fero;
Che fra gli stessi Dei stabil concordia
Esser mai non potè, l'attesta Omero.
E bestie avvezze a oprar come lor piace,
Viver dovrian concordemente in pace?

Ciò ben sapean quell' erudite bestie, Che unite eran colà solennemente Per sottrarsi alle anarchiche molestie ; Ed erano convinte intimamente, Che il governo monarchico è sol quello, Che dir si può governo buono e bello.

E invero a esaminar la cosa a fondo
In monarchia s'unisce e si concentra
Quanto di buon, quanto di bello è al mon-
Onde fortunatissimo e chi c'entra; [do,
E lo sfortunatissimo che n'esce
Debbe languir, come fuor d'acqua il pesce.
In monarchia si spira aura felice,

Che a ciascuno è di vita e sugo e germe.
Nella beata monarchia ti lice
Di tranquilli menar sicuro, inerme.
Possiede ognun sicuramente il suo,
E quel ch'è tuo sicuramente è tuo.

Viene la carestia? vien la gragnuola?
Chi vive in monarchia non muor d'inedia.
Vengono guai? la monarchia consola.
Manca danar? la monarchia rimedia.
Dal Ciel sone i monarchi prediletti,
Ei ne dirige opre, pensieri e detti.

Prendi uom rozzo e comun, fanne un monarca,

Tosto il favor del Ciel sopra gli piove;
Tosto divien di sapienza un' arca;
Nella testa di lui s'alloggia Giove.
Decide, ordina, giudica : un oracolo
Tutto a un tratto divien: pare un miracolo.
E perció con ragion trasecolati
Restan quei savi, che un destin felice
Al fianco d'un monarca ha collocati,
Scorgendo in tutto quel ch' ei pensa e dice
Sublimi idee, pensier profondi e nuovi,
Ne sanno dove diavolo li trovi.

in qualunque assemblea repubblicana,
E sia pur di Licurghi e di Soloni,
Scuote la face ognor discordia insana,
E attizza odio, livor, dissensioni.
Assai si ciarla, e si contrasta assai,
Nulla di buon non si conclude mai.
Chi da un lato la tira e chi dall' altro :

È raro la ragione e la giustizia,
Ma sol dell' eloquente e dello scaltro
L'interesse trionfa, o la malizia;
Perciò ben dice un certo libro anonimo:
Repubblica e disordine è sinonimo.

Divisa autorità che si distende
Su teste democratiche, o patricie,
È qual materia elettrica, che prende
L'estension di vasta superficie;

[sa,

Più che ampiamente è l'una e l'altra esten-
Tanto divien men vigorosa e intensa.
Se però quell'elettrico vapore
Si condensa, s'agglomera, s' ammassa,
Fulmin divien, che con alto fragore
Scoppia, e fa gran ruina ovunque passa;
Così il poter con più vigore agisce,
Se in un sol si concentra e riunisce. [me:

Parla un sovrano? è come parli un Nu-
Ode ciascun, pronto obbedisce e tace,
Ne contraddir, nè replicar presume;
È legge universal ciò che a lui piace;
E par che accomunato abbia con lui
Lo stesso Onnipotente i dritti sui. [tro;

Che più? l'estro gli vien, mi crea minisE sia pur io bestia ignorante, e sciocca, Tutta la monarchia reggo e amministro, Ho scienza nel cervel, sentenze in bocca. Tolta da me la balordaggin prima, [ma. Par ch'altro conio il mio padron m'impri

Ciò prova che il monarchico governo È d'ogni altro governo il più perfetto; E all'immortal somiglia ordine eterno, Onde veggiam che l'Universo è retto : Ogni bene in sè stesso aduna e accoglie, E ogni qualunque mal slontana e toglie.

Queste son verità chiare e palpabili,
Che in oggi a vero dir nessuno ignora;
Ma non meno di noi perite ed abili
Le bestie le sapeano infin d'allora ;
Perciò fisso era in quel gran concistoro
Di stabilir la monarchia fra loro.

Sol discuter dovean se convenisse
Re creare assoluto; o patto o legge,
E alcune stabilir regole fisse,
Per cui vietato fosse a quei che regge
D'oltrepassare i limiti prescritti
Contro gli altrui riconosciuti dritti.

Onde ai propri interessi ei non potesse,
Siccome fare il più de' re fur visti,
Sacrificare il pubblico interesse :
In somma un re crear, che i pubblicisti,
Giusta il tecnico lor vocabolario,
Soglion chiamare Costituzionario.

Volendo inoltre quell' augusto stuolo

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Chè ambo i sistemi in uso sono, ed hanAmbo i vantaggi loro, i lor difetti. Da una parte si rischia ad un tiranno, Dall' altra a un imbecille esser soggetti; Perciò spettava al savio lor consiglio Di bilanciare l'util col periglio.

Gli animali più forti e più potenti Che un' aristocrazia avrian voluto, Conseguir non potendo i loro intenti, Ammetter non volean un re assoluto, Che ogni privato dritto avrebbe escluso, E a suo capriccio del poter fatto uso. Volcan però, per contenere i regi, Che l'oro non confondano col fango, È i giusti e meritati privilegi Conservino a ciascun e il proprio rango, Dividere in due camere e in due classi Gli alti animali e gli animali bassi.

Rege elettivo inoltre aver piuttosto [gno
Volean, chè ognun di lor più che altri de-
Credeasi d'occupar quell'alto posto :
Ne dubbio avean che in conferire il regno
Dagli elettori non si fosse fatta
Giustizia allo splendor della lor schiatta.

La gran pluralità però dei bruti
Contro quei forti e quei potenti istessi,
Dall' orgoglio de' quali eran tenuti
In servil dipendenza abietti, oppressi,
Trovar sperava in re assoluto e puro
Stabil sostegno e difensor sicuro.

Poichè a tutti coloro era ben noto,
Che re puro, assoluto, indipendente
Altro alfin non vuol dir che re dispoto;
Né regnar da dispoto impunemente
Gran tempo ei può, se strettamente unito
Non tiensi al democratico partito.

Di costoro alla testa era un Can grosso, Arrogante, ardentissimo e feroce; Lungo pel, muso nero, ed occhio rosso; E di petto instancabile e di voce. Ringhia con tutti ognor, brontola e sbuffa, Pronto con tutti ad attaccar baruffa.

Avea per altro il don della parola, E gli uscian bei periodi di bocca, E per molti anni essendo stato a scuola, Un saggio di politica barocca Composto avea, che in quell' età lontane Fu detta la politica del Cane.

Tali fur dunque allor fra gli animali

Le politiche idee, qual' io d' esporle
Ebbi l'onor, e il Can d'idee cotali
Profitto trarre, e non cangiarle, o torle
Procuro destramente, e questo è quello,
Che in tai casi si fa da chi ha cervello.

Onde in quell'assemblea volle a ogni cos-
Primeggiare ed aver distinto luogo, [to
Ne osando d'affettare il regio posto,
Capo-popol si fece, e demagogo:
Più il regno non ambi, cangiò registro,
E aspirò a divenir primo ministro.

Un re, fra se dicea, nè aveva torto, A forza di regnar spesso si secca; Se dalle cure lo distrae l'accorto Ministro, e a tempo il liscia, adula e lecca, Come costante esperienza insegna, Il re obbedisce, ed il ministro regna.

Della plebe quadrupede l' amica Aura godeva ed era ai grandi in odio, Come i tribuni già di Roma antica, I Gracchi, i Saturnini, e Rullo, e Clodio, Quando a parlar costui si fece avanti Tutti applaudiro i democrati astanti. E fino a quando inutili parole Farem, dicea, cercando il quando, il coAlte e potenti bestie, un re si vuole, Ma un re di fatti, e non re di nome; Un re, che il giusto e il debole difenda Contro chiunque a soverchiarlo imprenda.

[me?

Non curiam di gran prence i fregi esterni, La pompa, il fasto, e l'apparato vano. Savio prence vogliam, che ci governi, Che abbia il poter, ch'abbia la forza in maNe per altra ragione a conferenza [no Convocati qui siam: grand'è l'urgenza.

Della baldanza altrui dura e proterva Gli aspri non soffrirem modi oltraggianti. Giacchè servir si debbe, a un sol si serva, Nè il supremo potere usurpin tanti. Legittimo padrone io non ricuso; Serva chi vuol usurpatore intruso.

Leggi a chi regna impor, seco far patti, Scusa vi chiedo, o bestie alte e potenti, Vi proverò ch' egli è un pensar da matti, E chimerici son regolamenti.

Non parlo invan, millanterie non trincio, Ragiono da filosofo, e incomincio.

Spurgo, ciò detto, e fece alquanto pausa, L'occhio girando intorno all'uditorio, Per osservar l'impression che causa Il suo fervor politico oratorio. Che fatto fin allor non altro avea, Che gli animi tentar dell'assemblea. Altri per indolenza e per pigrizia

Al Can si riportaro interamente;
Altri per balordaggine e imperizia
A quella acconsentir bestia eloquente.
Che chi di spirto e di talenti è pieno
Domina ognor su quei che n' hanno meno.
Pochi, ma pochi assai v'eran, di cui
Erasi il cane assicurato pria:
Ch'ei non solea troppo fidarsi altrui,
Sapendo che il fidarsi è scioccheria.
Chi distratto a quel dir l'attenta orecchia
Non presta, e chi sbadiglia, e chi sonnec-
chia.

Ma non dorme la Volpe; e non trascura
Un si importante e critico momento,
Ch' anzi in opera por tutto procura
Il più fino e sagace accorgimento,
Sendo il furbo animal ben persuaso
Che il Can non opra mai, nè parla a caso.
Onde stassene attenta e vigilante
Qual piega ad osservar prendan le cose;
Che dichiararsi ella non vuol, se innante
Non scopre di ciascun le viste ascose;
E a tutto bada, e non badar s'infinge;
Ma il Caval sorge, ed a parlar si accinge.
Poi dice; o Can, noi qui ci siam raccolti
Per migliorar degli animai la sorte,
Noi d'ogni giogo pria liberi, e sciolti;
Ne comprend' io qual trista idea ti porte
A proporci dispotica arbitraria
Autoritade, a ogni ragion contraria.
Sotto despota re nulla tu sei,

O sei solo ciò ch' ei vuol che tu sia, E forse su di te provar tu dei La verità della sentenza mia; Onde pria d'annullar te stesso e noi, Pensaci o Can; vano è pentirsi poi. Pertanto scusa, amico Can, deh scusa; Ma il tuo discorso a schiavitù ci mena: Più poter che si han in man, più se n'abusa, Se legittimo vincolo non frena Il capriccio dispotico, che punge Gl'indocili regnanti. E il Can soggiunge: Scusa tu, Caval mio ; sei troppo ombroE temi ove non son mali e perigli; [so, Credi prence assoluto un mostro esoso, E alla volgar prevenzion t'appigli : Logico usar ragionamento astratto Teco io non vo', vo' ti convinca il fatto.

Sa ognun di noi, quanto la specie umana Sensatamente opra, ragiona, e pensa : L'illimitata autorità sovrana

Pur ella e sempre a sostener propensa;
E il poter assoluto ed arbitrario
Util non crede sol, ma necessario.

[ta

Senza di ciò quel bipede animale Pieno di vanità, gonfio d'orgoglio, Potria ripor sua gloria principale In mantener i despoti sul soglio? E in preferir l'utile lor privato Al pubblico interesse, al ben di stato? Non vedi tu con quanto ardor, con quanOstinatezza scannansi a vicenda, Acciò più forte ognor la sacrosanta Autorità dispotica si renda? Non vedi come ciaschedun s' onora Del nobil giogo, e il dispotismo adora? Se libere in te volgi idee secrete, O muovi dubbio sol contro di quello, Turbator della pubblica quiete Tu sei chiamato, e al tuo sovran rubello. Credi che l'uom cosi operar volesse, Se ragion grandi e forti ei non avesse?

Onde su punto tal, Cavallo mio, Gli scrupoli deponi, e i timor tuoi. Despotismo vi vuol, te lo dich' io, Su di me riposartene tu puoi; Quando è il genere uman di tale avviso, Caro Caval, questo è un affar deciso.

Era un Orso fra lor, cui l' uom già tenne Per suo piacer gran tempo alla catena, Onde a disciorsi, ed a fuggir pervenne. Parlando il Cane, brontolava, e appena Attese ch' egli di parlar finisse,

Che a lui si volse bruscamente e disse:

Tu che con tal gaiezza e compiacenza Dell' uom l'esempio per model ci additi; Propor credi animal per eccellenza, E il più assurdo animal forse tu citi. Propon di grazia, o Can, miglior modello, S'ami che noi ci conformiamo a quello.

Cui 'l Cane: Eppur all' uom, su cui si sfoOr l'antico astio tuo, servisti prima. [ga E l'Orso: Forse quei che ci soggioga Esiger da noi debbe amore e stima? Sorriser tutti, ed applaudiro all' Orso; Ma il Can sté sodo, e prosegui il discorso:

Re, che di re non ha se non la scorza, È un fantoccio di re, egli è un re nullo. Impotente voler, che non ha forza, Serve altrui di ludibrio e di trastullo: E quando un re è a termin tal ridutto È meglio assai di non ne aver del tutto.

Che se poi della forza un re dispone, In che d'autorità consiste il nervo, Legge o patto al più forte invan s' impone; Di leggi e patti ei non sarà mai servo : Le leggi, i patti, e altre tai cose belle Legano solo il debole e l'imbelle.

Ragion congiunta a sperienza insegna Che ov'è costituzion che freni e tempre Il supremo poter, colui che regna Della costituzion nemico è sempre, E se ha la forza in man, le leggi abbatte Che per temprare il poter suo fur fatte. Ne sol re non vogliam costitutivo, E abbastanza finor dissi il perchè; Ma nè tampoco re vuolsi elettivo; Poiché a ogni nuova elezïon di re L'urto de' concorrenti e de' rivali Germe saria di rinascenti mali.

Re pertanto assoluto, ereditario, Dico che a noi convien più che altro assai ; Ne timor ci rattenga immaginario Ch' egli ci opprima e tiranneggi: mai Popol non fu, che finchè volle, schiavo. Ei molti: Bravo! alto gridaron, bravo!

E i pochi a forza l'orgogliosa voce Frenando si guardavano nel muso, E contenendo l'indole feroce Susurrando all' orecchia in tuon confuso, Sicchè uditi non fosser dai lontani, Dicean fra lor: Sian maledetti i Cani!

O fosser falsi, o fosser veri e giusti Di quel Cane audacissimo i discorsi, Gli animai più potenti e più robusti Liberamente e legalmente opporsi, Risponder, contraddirgli avrian potuto; Nè di quel petulante avrian temuto. [to, Ma quell' audace bestia ha un gran partiE seco trae pluralità di voti; Onde non voller d'animal si ardito Inimicarsi i partitanti noti; Perchè ciascun di lor dentro di sè Speranza avea d'essere eletto re.

Poichè, sebben sprezzanti ed orgogliosi,
Docili comparir sapean sovente,
Quando d'ambizïon disegni ascosi,

O altro interesse lor volgeano in mente,
E avean fino il talento ed il coraggio
D'avvilirsi talor pel lor vantaggio.

Perciò con tanta nobiltà celare
Seppero allor l'interno lor dispetto,.
Che quando il Can fini di perorare,
Chi un sorriso gli fece, e chi un ghignetto;
Onde crede il quadrupede oratore
Aver di tutti guadagnato il core.

Dissimulazion! o sii sovrano
Dono del Cielo, o sii sublime e grande
Ritrovamento dell' ingegno umano,
I suoi favor per le tue mani spande
Fortuna, onde sicura in te confidi,
E l'infantil sincerità deridi.

Non così igrandi son dei nostri tempi, Che l'ingenuità sempre han per duce; Ne mai la forza degli antichi esempi La generosa indole lor seduce; Ne avvilirebber mai l' animo altero Per l'acquisto d'un regno o d' un impero. Vero e però che il nobile costume, E la vasta politica sublime Spargendo or sulla terra un chiaro lume, L'eroico egoismo ovunque imprime, E di delicatezza i pregiudizi Nella categoria ripon dei vizi.

Della filosofia al sacro foco [chia, Scaldasi il mondo, e migliorando invecE le frivole scuote appoco appoco Cavalleresche idee dell' età vecchia; Di ciò inquietarsi non però conviene, [ne. Lasciam le cose andar, che andranno be

Quell'assemblea, come diss' io, contraNon mostrossi del Cane al raziocinio; [ria E monarchia assoluta ereditaria D'adottar stabiliro, e lo squittinio Incominciår dei concorrenti al trono, Che molti e insigni pei lor merti sono.

Ma sapean quei quadrupendi elettori, Forse più ancor degli elettor moderni, Che convien lumi aver superiori Per isceglier talun che ci governi, E valutarne i merti, e andare adagio, E non dare alla diavola il suffragio.

E senza previa esamina i sovrani Armar d'autorità quasi infinita, E ciecamente por nelle lor mani Le sostanze dei sudditi e la vita, L'onor, la stima, e quanto a ognuno è caro Delle sostanze e della vita al paro.

Ne ignoravan però, che se si tratta
Di principe assoluto ereditario,
La cosa allor vien fuori bell' e fatta,
Chè fornito di tutto il necessario
Ei nasce, e appien de' suoi doveri instrut-
E la stessa natura pensa a tutto:

E
passa per istrana maraviglia
Di padre in figlio la virtù sovrana
Col sangue stesso di real famiglia;
Come scorrendo va l'acqua piovana
Di canale in canal, nè dal condotto
Goccia trapela, benché logro o rotto.

[to,

Perciò natura oggi lasciar dobbiamo Unicamente oprar su tai materie; Ma dovean gli animai di cui parliamo Riflessioni far mature e serie, E d'ogni candidato il merto e il pregio Pesar pria d'elevarlo al grado regio.

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