Per implorar perciò lumi ed aiuto, Fêr la solita prece al gran Cucu, Che dal gener quadrupede e pennuto Come lor nume venerato fu: Meglio altrove di ciò darovvi conto; Per or non vo' interrompere il racconto. Benche fosse il Caval svelto, ben fatto, Magnanimo, gentil, rapido al corso, Un popol fiero a governar non atto Lor parve un re che porti altrui sul dorso. Ne pie, ne muso avea, nè testa adorna D'unghia, di zanna, o di superbe corna. Ricco manto, agil corpo, e pie veloce, Gagliardia, sommo ardire, indole fiera La Tigre ha in ver, ma sanguinario, atroce L'aspetto, il guardo, e dee chiunque im pera, Per quanta crudeltà racchiuda in petto, Robusto è l'Orso, egli dicea, l'accordo; Cui l'Orso: Certo tu per tai maniere Di far ti studi di buffon la parte : Ne so chi meglio compia il suo mestiere, lo buffon per natura, o tu per arte. Rise al motteggio la mandra elettiva: All' Orso nondimen die l'esclusiva. Porta il Cervo di corna alta corona, Ma re saria di qualità vigliacche. Strenuo e il Toro e valente di persona, Ma buon re non saria che per le vacche. Circa i bruti unicorni, ingiunta fue Legge a chi regna: o nessun corno, o due. Si vuol che in aria allor di concorrente L'Asin, chil' crederia? si presentasse ; E le sue lunghe orecchie, e il possente Raglio, e altre e altre qualità vantasse : Ma tutti rigettar con onta e smacco Quel pretendente ignoranton vigliacco. Il Mulo, o fosse affezion simpatica, Fosse l'affinità, la parentela, [ca, Che intimamente, e ognor si vede in pratiOpera in certi casi e si rivela, S'accinse allor con tutto il suo potere L'Asino candidato a sostenere. Poichè si sa, se non s'ignora affatto, La genesi degli Asini e de' Muli, Ch'essi fra lor parenti son di fatto, Onde ognun vede, senza ch' io l'aduli, Che il Mulo si piccò meritamente Della ripulsa data a un suo parente. [sa Qual farsi ascolto, ei disse, accusa insulContro il cugino mio, savi animali, Per dargli un ingiustissima ripulsa? Scorrete pur le dinastie brutali, E ad animai del mio cugin men degni Spesso vedrete abbandonati i regni. Critico a lui talor lo sguardo io volgo, E difettuzzo alcun lieve e minuscolo [go; Vi trovo inver, comune ai grandi e al volMa se il merito suo sodo e maiuscolo... E qui rimase un perorar si dotto, Per disgrazia dell' Asino, interrotto. [ca, Che sorse appena, appena apri la bocLevossi universal confuso chiasso; E l'insolente moltitudin sciocca A basso il Mulo! grida, il Mulo a basso! Ond' ei tace, e alla pubblica ingiustizia Parentela sacrifica e amicizia. Un tratto si amichevole e obbligante Grato l'Asino poi non obliò; E quando ottenne carica importante Solennissimamente lo provò; Come, se avrete pazienza un poco, In seguito vedrassi a tempo e loco. Ma tu, che a pazientar sei tanto avvezzo, Pazienza, Asino mio, chè vendicato Un di forse sarai di tal disprezzo, E in alta dignità posto e onorato, Sederai in trono, o gli starai vicino, E reggerai de' popoli il destino. Saran, non dubitarne, appien saranno I gran talenti tuoi riconosciuti, E umili avanti a te si prostreranno I più eccelsi intelletti, e i più saputi; Tu ne' grandi sarai pubblici imbrogli Saldo puntel dei vacillanti sogli. Altri molti animai di specie varie, I quai dovendo da lontan venire, O per altre ragion straordinarie Alla gran sessione intervenire Potuto non avean, proposti furo Da qualche agente o amico lor sicuro. Chi la Girafla altissima propose, Chi propose il zo-andro Orangutango, O bestia tal che fra le più famose Paresse meritar distinto rango. [gno, Ma il Can, che avea di già contratto impe CANTO SECONDO Fe' a vuoto andar qualunque altrui disegno. E quel consesso al suo parer condutto, Persuadette che ciascun sovrano Esser debbe tutt'uomo, o bestia tutto : Che tal non era inver l'Orangutano, Che un' equivoca avea figura strana, Cioè mezza brutale e mezza umana. Che indefinita ancipite apparenza Re costituzionario aver sol può; Re d'ambigua politica esistenza, E che in parte è sovrano, in parte no: Ma chi aver debbe autorità indivisa Par debba aver fisonomia decisa. Che se un di vi saran figure strambe Di carattere ambiguo e di sembianza Animai tanto a due, che a quattro gambe, Che usurperan dispotica possanza, Saran tai mostri allor prova sicura, Che corrotta è politica e natura. Ne essendo in oltre gli animai proposti, Personalmente all'assemblea presenti, Con esempi provò veri o supposti, Che ballottar non si potean gli assenti, E citò teorie, e autorità; Ma donde tratte, il diavolo lo sa. Forse avean qualche lor pubblico dritto, Usi cosuetudini, prammatiche; Che avesser, non direi, codice scritto, Ma serie solo d'osservanze pratiche, Come avvi un Jus fra noi, che anche al presente Jus non scritto diciam comunemente. Poichè sol per istinto ed abitudine Qualunque bestia anche oggidi si regge: Lor prima legge è la consuetudine, E non come fra noi, seconda legge. Onde cred' io citasse il Can légale Qualche consuetudine brutale. Avean in somma il jus che chiamar lice E dell' opere altrui norma sicura ; ELEZIONE DEL RE DEGLI ANIMALI QUADRUPEDI. ARGOMENTO. D'esser eletto re peade la sorte SE del comun sulla gran massa sorgi, Più ancor raro è trovar fra i concorrenti A luminose dignità primarie, Chi siane degno per virtù e talenti, E per le qualità che necessarie All'alto grado son che si desira, E a cui lo stuol de' candidati aspira. Perciò nel ballottar quegli animali, In chi non si trovaron requisiti, In chi difetti si trovar reali; E alfin ravvicinandosi i partiti, S'accordar tutti in bestie due fra tante, Ma che bestie! il Leone e l' Elefante. Cosi se s'urta impetuoso stuolo Di varii venti sull'ondoso agone, Cedon vinti i minori, e restan solo Borea contr'Austro in singolar tenzone, Finchè un de' due dopo crudel contrasto Riman solo padron del campo vasto. In tanto gli altri concorrenti esclusi, Tristi e di mal umor per lo rifiuto, Mortificati stavansi e confusi, Poichè fra tutti lor non v'era bruto Che in se non fosse persuaso e certo, Essersi fatto torto al suo gran merto. Più ch' altri intollerante ed orgogliosa Non può la Tigre il maltalento e l' ira Dissimular, e altrui tener nascosa: Soffia, sbuffa, e dagli occhi il fuoco spira Ma opporsi alla concorde non potea General volontà dell' assemblea. Alla discussion primier fu posto L'Elefante, e quantunque avesse anch'egli Nemici occulti ed un partito opposto, Pur nel popol quadrupede, e fra quegli, Che s'erano a congresso ivi raccolti Poiché il comun che ne' giudizi sui Quel colossal volume un gran vantaggio Rendeva inoltre alle minori, bestie; Poiche solean dell' infocato raggio Ristorarsi talor dalle molestie, Quando sull'arso suol più ferve il giorno, All' ombrifera fera assise intorno. [gio, Sapean, benchè ciò paia un picciol preCh' egli è in fatti però pregio reale, Poiche volendo dir che il favor regio Gode il tal per esempio, ovver la tale, Udiam in verso dir, non men che in prosa, Del real patrocinio all' ombra posa. Queste ed altre ragion di simil sorte Da' partitanti destramente addotte, Fér sugli astanti impression si forte Che, se poneasi allora alle ballotte, Forse tanti sufragi avrebbe avuti Ch'or saria l' Elefante il re de' bruti. [te, Mail Can, che avea previsto il caso avanLevossi in pie per prevenir il colpo, Ed escluder volendo l' Elefante, Peroro pel Leon; nè in ciò l'incolpo; Che in ver non v'era altro animal si degno Come il Leon per ottenere il regno. Ma non crediate che pe' merti suoi Mosso si fosse il Can, come allor parve. Un gran segreto, ora che siam fra noi, Un geloso segreto io vo' svelarve. Non me ne fate autor, io non vo' guai, Massime col Leon che stimo assai. Convien dunque saper che quelle due Bestie impegno fra loro avean contratto, Che se il Can riuscia colle arti sue A far si che il Leon re fosse fatto, Poichè il Leone eletto re sarebbe, Nomato il Can primo ministro avrebbe. Dell' aristocrazia capo è il Leone, La Volpe tuttavia starsi prefisse Dunque a parlar colui di nuovo imprese; Tutti finor del candidato stuolo Tacerò ciò che solo appaga gli occhi, So ben che chi soltanto il guardo fisa Alla sua maestevole figura, Dei quadrupedi il principe ravvisa, Principe dato lor dalla natura : Ma pregi più massicci io sottometto Al giudizio del vostro alto intelletto. E al mondo v'è chi del Leone ignori La robustezza e la possanza estrema ? V'è alcun che nol rispetti e non l' onori? Ed alcun v'è che l'ira sua non tema? Evvi animal si ardito e si gagliardo, La magnanimità del suo gran core, E conclude alla fin che tanti e tali Fin qui contro del Can nulla evvi a dire, Se non lodato, almen scusabil fia Il Can che colla solita arditezza Disse che somigliante alla Balena Ma perchè? forse alcun dentro di sè Non trovo altra ragion che l'influenza, Gran prova è questa, che qualunque Se anche trattar in pubblico si debbe, Non vediam tuttodi progetti, e piani Par che il Can non vi badi, e quel ch'è L'acre derision a ingiuria aggiunge, Disse, che se per suo fatal disastro E la meschina coda indi derise, Il Cane, a vero dire, avea gran Ma quantunque potesse ognun smentire Mentre scherza così quell' insolente, Ritira a sé la formidabil tromba, Coll'occhio il colpo, e col pensier bilancia, [stato Gran sorte ella è, dicean, ch' ei non sia Alla suprema dignità promosso! Gran sorte! che se tanto ei fa privato, Quanto più ci saria pesato addosso, Se dal concorde universal suffragio Si fosse eletto pria re si malvagio! Un re vedendo si balordo e zotico [me; Avremmo detto: ad altro ei pensa, ei dorMentre con proditorio atto dispotico Scagliando il naso smisurato enorme, Sovente, e in ogni non previsto caso Certamente ci avria dato di naso. E posto ancor che il Can si sia permessa Alcuna espression poco gentile, E' ben, si sa, ch'è libertà concessa Di pensier, di vocaboli, e di stile. Ne lice a chicchessia senza alcun dritto Trarne vendetta, o farne altrui delitto. La generalità di quel congresso, Irritata a ragion, stavasi in forse Se vendicar non debba un tale eccesso : El Elefante ben di ciò s' accorse; Che l'ira, il mal talento, e la minaccia A ciaschedun vedea dipinta in faccia. E ben s'avvide che non era omai Più tempo d'ivi starsene a balocco; Che accader forse gli potrian de' guai, A cui volersi oppor, pensiero sciocco, E sciocca in ver pretension saria; L'so perciò prudenza, ed andò via. Calmato alquanto il torbido tumulto, E lo sconcerto general, che avea Quantunque, ei disse, attoniti e confusi Vi vegga tuttavia pel giusto orrore, Che impresso vi si scorge ancor su i musi, E l'indignazion gettovvi in core, A vista dell' atroce iniquo oltraggio; Pur di nuovo a parlar mi fo coraggio. Il grand'affar, per cui qui uniti siamo, Or pienamente consumar conviene, Poiché non d'altro consultar dobbiamo, Altra difficoltà non ci rattiene. Or quest' affare interamente, questo Compiasi, e poi ragionerem del resto. Se il sol competitor fu l' Elefante, Che al Leon contrastar potesse il regno, Colui con quell' azione da birbante Si rese omai di tanto onore indegno; E lui dichiara la ragione, e il fatto, Pubblico impiego a sostener non atto. Anzi ei partendo, e abbandonando il Ad ogni sua pretension rinunzia. [posto Perchè dunque si tarda? e perchè tosto La voce universal non si pronunzia A favor di colui, che in questo stuolo Di regnar sopra tutti è degno solo? Soggiunse poi, che il nuovo re l'eccesso Dell' Elefante allor punito avrebbe, E che l'atto primiero, un tal processo Della sovrana autorità sarebbe ; Poichè d'un re novello il primo passo Qualche cosa esser dee che faccia chiasso. Una pecora allor fra gli elettori Oso mostrarsi, e dir: Qual sicurtà Avrem noi che un re tal non ci divori? E il Can: La regia generosità. Voglialo il Ciel! colei riprese allora ; Ma saran tali i successori ancora? Eil Can: Si cerchi egregio prence avere, Formare i successori ad esso incombe; Egregi ei ne darà : d'aquile altere Non si generan timide colombe : Ed un presente ben fisso e sicuro È il garante miglior del ben futuro. Altre repliche il Can più non attese, Sdegnoso d'altercar con pecorelle: L'ardire di colei tutti sorprese, E molti sostenean, che bestia imbelle Levar la voce in pubbliche assemblee, E coi potenti disputar non dee. Ma la Volpe i sullragi universali |