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Romor mi desta, nè so dir che esprima, Ne che sperar nè che temer. Sediamo. Son cosi oppressa, che mi manca il piede.

SCENA V.

EUMEO, e DETTA in disparte.

EUMEO.

Eccoti, Euméo, dentro Messene. Oh come
Qui da Sparta arrivai spossato e stanco!
Ma pure al fine v' arrivai. Pietosi
Dei, vi ringrazio che me tolto avete
Al servaggio di Sparta, e rotti i ceppi
Che tutta quasi estenuâr mia vita.
Quanto or m' è dolce libertà! Riveggo
La patria e queste sospirate mura,
E di gioia confusa il cor mi balza;
Sol di te duolmi, Aristodemo; io vengo
Nuovo pianto a recarti. Euméo vedrai,
Ma non vedrai tua figlia. Il ciel non volle
Ch'io ti salvassi la tua cara Argía,
E dispose altrimenti. Or chi mi guida
Al cospetto real? Nessun qui trovo
Che mi conosca, e desolata intorno
Tutta parmi la reggia. Inoltrerommi
Per questa parte.

CESIRA.

Chi s'avanza? Oh, scusa, Buon vecchio. Che ricerchi ?

ECMEO.

Al re vorrei, Gentil donzella, favellar. Son tale

Ch'egli avrà caro di vedermi.

CESIRA.

Infausto

Tempo scegliesti. Da gran doglia oppresso
Il re s'asconde ad ogni sguardo, e fora
Parlar con esso un' impossibil cosa.
Ma se il mio dimandar non è superbo,
Dimmi, chi sei?

EUMEO.

S'unqua all' orecchio il nome D' Euméo ti giunse, io son quel desso.

CESIRA.

Euméo ?

Possenti Numi? E a chi non noto Euméo?
Chi non sa che t' avea spedito in Argo
Aristodemo per condurvi in salvo
La pargoletta Argía? Ma qui venuto
Era romor che insiem colla fanciulla
In su la foce del Ladón t'avea
Trucidato di Sparta una masnada.
Ciò credette il re pure; e fin d'allora
Ei pianse e piange tuttavia la figlia.

EUMEO.

Se viva l'infelice, e dove e come,
Affermar nol saprei. Ma se il nemico
Alla mia vita perdonò, ben credo
Risparmiato avrà quella anche d'Argía,
Massimamente se sapea di quanto
E di qual prezzo ell' era.

CESIRA.

E tu da morte

Come campasti poi? Come ritorni ?

EUMEO.

In cupa torre io fui rinchiuso, ed essi,
Lo sann' essi quei barbari a qual fine
Si grave mi lasciår misera vita.
Ogni lusinga, e fin la brama istessa
Di libertade, io già perduta avea,
Tranne un vivo del cor moto segreto
Che sempre rammentar mi fea le care
Patrie contrade e la beata sponda
Del diletto Pamiso, e sulla trista
Dolce memoria sospirar sovente.
Quindi sperai che morte al fin pietosa
Al mio lungo patir tolto m'avría :
Quando repente del mio carcer vidi
Spalancarsi le porte; e udii che pace
Por termine dovea, tra Sparta e noi,
Agli odii antichi, alle guerriere offese;
E ch'un de' primi fra' Lacóni intanto
Di mie vicende istrutto, e de' miei mali
Fatto pietoso, libertà m' avea
Anzi tempo impetrata. A lui diressi [do
Dunque tosto il mio passo, il primo essen-
D'ogni dover riconoscenza. Un vecchio
Trovai d'aspetto venerando, ed era
Già vicino a morir. Mi surse incontro,
Dal letto sollevando il fianco infermo,
E m' abbracciò piangendo, e disse:
Eumeo,

Non cercar la cagion che mi condusse
A sciogliere i tuoi ceppi: a te fia nota
Quando in Messene giungerai. Ricerca
Ivi tosto farai d'una donzella
Che Cesira si noma.

CESIRA.

Oh ciel! Cesíra?

EUMEO.

Appunto; e, Questo le darai, soggiunse; E trasse un foglio, e con tremante mano Mel consegno.

CESIRA.

Deh, dimmi, io te ne prego

Dimmi il nome di lui.

EUMEO.

Taltibio.

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SCENA II.

ARGIA.

189

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Ecco la tomba, ecco l'altar che deve
Del mio sangue bagnarsi. Finalmente
Questo ferro trovai. La punta è acuta.
Dunque vibriam... Tu tremi ? Allor dovevi
Tremar che di tua figlia il petto apristi,
Genitor scellerato! Or non è giusto
Di vacillar... Moriamo. Itene lungi
Dalla mia fronte, abbominate insegne
D'infamia e di delitto. E tu fuor esci,
Esci adesso ch'è tempo, orrido spettro ;
Vieni a veder la tua vendetta, e drizza
Tu stesso il colpo... Egli m'intese, ei cor-
lo ne sento il romor, trema la tomba, [re,
Eccolo... vieni pur: sangue chiedesti,
E questo è sangue.

(Si ferisce.)

SCENA IV.

ARGIA, GONIPPO, EUMEO e DETTO.

ARGIA.

Ah ferma... Ahi; che facesti?

ARGIA.

L'hai teco?

GONIPPO.

Il vedi.

ARGIA.

E se un altro ce trova ? Oh Dio! torniamo

Qual furia ti sedusse?

GONIPPO.

Accorri, Euméo,

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[so

S'io la svenai, la piansi ancor. Non basta
Per vendicarla? Oh, venga innanzi. Iostes-
Le parlerò... Miratela: le chiome
Son irte spine, e vôti ha gli occhi in fronte.
Chi glieli svelse? E perchè manda il sangue
Dalle peste narici? Oimè! Sul resto
Tirate un vel; copritela col lembo
Del mio manto regal; mettete in brani
Quella corona del suo sangue tinta,
E gli avanzi spargetene e la polve
Sui troni della terra; e dite ai regi,
Che mal si compra co' delitti il soglio,
E ch'io morii...

GONIPPO.

Qual morte! Egli spirò.

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