Se non di terre si compon lo stato? E quelle che, indugiando, ad una ad una Già lasciammo sfuggir, quante son elle? Casal, Bina, Quinzano e.... se vi piace Noveratele voi, che in tal pensiero Troppo caldo io mi sento. Il nobi! manto. Chea noi fidato ha il duca, a brano a brano Soffriam così che in nostra man si scemi, E che a lui messo omai da noi non giunga Che una ritratia non gli annunzi. Intanto Superbisce il nemico, e ai nostri indugi Sfacciato insulta.
E questo è segno, o Sforza, Ch' ei brama una battaglia.
Oh, che puot' egli Bramar di più, che innanzi a se cacciarne Colla spada nel fodero?
Che puote Bramar di più? Dirovvel io; che noi Tutto arrischiam l'esercito in un campo Ov'egli ha preso ogni vantaggio. Or questo Poniamo in salvo; che le terre è lieve Ripigliar con gli eserciti.
Con quali? Non, per mia fe, con quelli a cui s'insegna A diloggiar, quando il nemico appare, A non mirarlo in faccia, a lasciar soli Nelle angosce i compagni; ma con genti,
Noi darem la battaglia : alla frontiera Io mi pongo coi miei; Sforza vien dietro E chiude la vanguardia ; il mezzo tenga Della battaglia Fortebraccio : e il nostro Ufficio sia con impeto serrarci
Addosso il campo del nemico, aprirlo E spingerci a Maclodio. Voi, Torello, E voi, Pergola, a cui si dubbia sembra Questa giornata, io pongo in vostra mano L'assicurarla: voi discosti alquanto, Il retroguardo avrete. O la fortuna, Pur come suol, seconda i valorosi, E rompiamo il nemico; e voi piombate Sopra i dispersi. Ma s'ei dura incontro L'impeto nostro, e ci vedete entrati Donde uscir soli non possiam; venite A noi, reggete i periglianti amici; Che per cosa che accaggia, io vi prometto, Retrocedere a voi non ci vedrete.
Sia lode al ciel, combatteremo alfine :
(Campo veneziano. Tenda del Conte.)
IL CONTE, poi un SOLDATO che sopraggiunge.
Signor, l'oste nemica è in movimento: La vanguardia è sull'argine, e s'avanza.
Fuor della tenda i principali; e stanno Gli ordin vostri aspettando.
Entrino tosto. (Parte il soldato.)
Eccolo il dì ch'io bramai tanto. - Il giorno Ch' ei non mi volle udir, che invan pregai, Che ogni adito era chiuso, e che deriso, Solo, io partiva, e non sapea per dove, Oggi con gioja io lo rammento alfine. Ti pentirai, dicca, mi rivedrai,
Ma condottier de' tuoi nemici, ingrato! Io lo dicea; ma allor pareva un sogno, Un sogno della rabbia - ed ora è vero. Gli sono a fronte-ecco mi balza il core: Io sento il di della battaglia : - e s'io... No la vittoria è mia.
Sulla destra dell' argine; raggiungi Quei che vi stanno, e pigliane il comando. E tu a sinistra, o Tolentino. E quindi Non vi movete, che non sia lo scontro Incominciato; quando ei fia, correte Alle spalle al nemico. - Udite entrambi : Se delle insidie egli s'avvede, e tenta Ritrarsi, appena avrà voltato il dorso, Siategli addosso uniti: io son con voi. Provochi, o fugga, oggi dev'esser vinto.
Tu, Gonzaga, al mio fianco.
Assegnerò sul campo. Andiam, compagni; Si resista al prim'urto: il resto è certo. CORO (1).
S'ode a destra uno squillo di tromba; A sinistra risponde uno squillo : D'ambo i lati calpesto rimbomba Da cavalli e da fanti il terren. Quinci spunta per l'aria un vessillo, Quindi un altro s'avanza spiegato : Ecco appare un drappello schierato; Ecco un altro che incontro gli vien.
Già di mezzo sparito è il terreno ; Già le spade rispingon le spade; L'un dell'altro le immerge nel seno; Gronda il sangue; raddoppia il ferir. Chi son essi? Alle belle contrade Qual ne venne straniero a far guerra? Qual è quei che ha giurato la terra Dove nacque far salva, o morir?
D'una terra son tutti: un linguaggio Parlan tutti fratelli li dice Lo straniero il comune lignaggio A ognun d'essi dal volto traspar. Questa terra fu a tutti nudrice, Questa terra di sangue ora intrisa, Che natura dall' altre ha divisa, E recinta coll' Alpe e col mar.
Ahi! qual d'essi il sacrilego brando Trasse il primo il fratello a ferire?
(1) Vedi pref. dell' autore verso la fine,
Oh terror! Del conflitto esecrando La cagione esecranda qual'è? - Non la sanno a dar morte, a morire Qui senz'ira ognun d'essi è venuto; E venduto, ad un duce venduto, Con lui pugna, e non chiede il perchè. Ahi sventura! Ma spose non hanno, Non han madri gli stolti guerrieri? Perché tutte i lor cari non vanno Dall'ignobile campo a strappar? E i vegliardi che ai casti pensieri Della tomba già schiudon la mente, Che non tentan la turba furente Con prudenti parole placar?-
Come assiso talvolta il villano Sulla porta del cheto abituro, Segna il nembo che scende lontano Sovra i campi che arati ei non ha; Così udresti ciascun che sicuro Vede lungi le armate coorti, Raccontar le migliaja de' morti, E la piéta dell'arse città.
Là, pendenti dal labbro materno Vedi i figli, che imparano intenti A distinguer con nomi di scherno Quei che andranno ad uccidere un dì; Qui, le donne alle veglie lucenti Dei monili far pompa e dei cinti, Che alle donne deserte dei vinti Il marito o l'amante rapi.
Ahi sventura! sventura! sventura! Giá la terra è coperta d'uccisi; Tutta è sangue la vasta pianura; Cresce il grido, raddoppia il furor. Ma negli ordini manchi e divisi Mal si regge, già cede una schiera; Già nel volgo, che vincer dispera, Della vita rinasce l'amor.
Come il grano lanciato dal pieno Ventilabro nell'aria si spande; Tale intorno per l'ampio terreno Si sparpagliano i vinti guerrier. Ma improvvise terribili bande Ai fuggenti s'affaccian sul calle; Ma si senton più presso alle spalle Scalpitare il temuto destrier.
Cadon trepidi a piè dei nemici, Rendon l'arme, si danno prigioni : Il clamor delle turbe vittrici Copre i lai del tapino che muor. Un corriero è salito in arcioni;
Prende un foglio, il ripone, s' avvia, Sferza, sprona, divora la via; Ogni villa si desta al romor.
Perché tutti sul pesto cammino Dalle case, e dai campi accorrete? Ognun chiede con ansia al vicino, Che gioconda novella recò? Donde ei venga, infelici, il sapete, E sperate che gioja favelli?
I fratelli hanno ucciso i fratelli: Questa orrenda novella vi do.
Odo intorno festevoli gridi;
S'orna il tempio, e risuona del canto; Già s'innalzan dai cuori omicidi Grazie ed inni che abbomina il ciel.- Giù dal cerchio dell' Alpi frattanto Lo straniero gli sguardi rivolve; Vede i forti che mordon la polve, E li conta con gioja crudel. -
Affrettatevi, empite le schiere, Sospendete i trionfi ed i giuochi, Ritornate alle vostre bandiere; Lo straniero discende; egli è qui. Vincitor! Siete deboli e pochi? Ma per questo a sfidarvi ei discende; E voglioso a quei campi v'attende Ove il vostro fratello perì. -
Tu che angusta a' tuoi figli parevi; Tu che in pace nutrirli non sai, Fatal terra, gli estrani ricevi : Tal giudicio comincia per te. Un nemico che offeso non hai, A tue mense insultando s'asside; Degli stolti le spoglie divide, Toglie il brando di mano a' tuoi re.
Stolto anch'esso! Beata fu mai Gente alcuna per sangue ed oltraggio? Solo al vinto non toccano i guai; Torna in pianto dell'empio il gioir. Ben talor nel superbo viaggio Non l'abbatte l'eterna vendetta; Ma lo segna; ma veglia ed aspetta ; Ma lo coglie all'estremo sospir.
Tutti fatti a sembianza d'un Solo; Figli tutti d'uu solo riscatto, In qual ora, in qual parte del suolo Trascorriamo quest'aura vital, Siam fratelli; siam stretti ad un patto : Maladetto colui che lo infrange, Che s'innalza sul fiacco che piange, Che contrista uno spirto immortal!
IL CONTE E IL PRIMO COMMIS
PRIMO COMMISSARIO.
Udir l'alto trionfo
Della patria, vederlo, essere i primi A salutarla vincitrice, a lei Darne l'annunzio, assistere alla fuga De' suoi nemici, e mentre al nostro orec- chio
Rimbomba il suon della minaccia ancora, Veder la gloria sua fuor del periglio Uscir raggiante e più che mai serena, Come un sol delle nubi, è gioja questa Forse, o signor, cui la parola arrivi? Voi la vedete essa vi sia misura Della riconoscenza; e ben ci tarda Di rendervi tai grazie in altro nome Che non è il nostro, e del senato a voi Riferir la letizia e il guiderdone. Ei sarà pari al merto.
lo già lo tengo. Venezia è salva; ho liberata in parte Una grande promessa; ho fatto altine Risovvenir di me tal che m' avea Dimenticato; ho vinto.
Assicurar della vittoria il frutto.
....Questa è mia cura.
PRIMO COMMISSARIO.
Or che dal vostro brando
Sgombra è la via, noi ci aspettiam che tutta Voi la farete, nè starem, fin tanto Che non si giunga del nemico al trono.
PRIMO COMMISSARIO.
E che? Voi non volete
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