Amator fido, al tuo desir dovea. Piova, fra sè talor dicea, deh piova Più volte al tempio ritornò, nè scorse Ippolito più mai la vaga luce Di che tanta dolcezza in sè nutriva : Che fra gli angioli in Ciel fora ancor bella. E fur gli affetti tuoi non altrimenti Vespro e silenzio! Chi sia mai costui (1) Gerardo de' Scannabecchi, vescovo di Bo. Jogna, e Podestà nel 1192. Quei tremando il cappuccio dalla smorta Fronte diffusa la barba si spande : Sul suolo. «Ohimè! che veggo? è desso, è desso,... Ippolito... gran Dio, salvami!» E cade Ma non più la claustral greve zimarra E macchiato di sangue il gran sepolcro, Sul Calvario splendean de' Saraceni L'alabarde e gli scudi. Alto inspirata Dal Quirinal di Celestin (1) la vecchia Voce tuonava, ai generosi petti Ardente sprone, onde correan alteri Alla guerra di Cristo in Palestina: Lucia, Lucia, me tutto oggi consacro Al Nume degli eserciti, al tuo Nume; Ci rivedremo in paradiso. » Sclama Ippolito così, ferocemente Si versa nella mischia, si precipita (1) Celestino III pontefice romano esortò fervorosamente i principi della Cristianità, e princpalmente Riccardo d'Inghilterra re di Gerusalemme, e l'imperatore Enrico contra il Saladino per la conquista di terra-santa Nega la fede tua, gridan que' crudi, Se campar vuoi da morte. » – « Oimè! che dite? Abbandonar io di Lucia la fede? [calchi Non mai. »- «Non mai? ribaldo! oh gli si Sulla testa il turbante, o di rovente Ferro si cerchin lui le inique tempie. Chi lo squoja, chi punge, chi gli attasta Di un rovescio la faccia, e chi gli palpa Rabidamente le fumanti piaghe : « E questa, grida l' un, io te l'apersi, Che non avesse il giro suo compiuto Ascoltò di Lucia pregare al Cielo. Splendente ella di gloria e d'immortali « Qui ti aspettai, mio caro... » – « Oh vivi ancora! Rispos' egli, Lucia, vivi tu ancora? » - G. TORTI. CARME SULLA PASSIOne di gesù Cristo. CHE cerchi in faccia a questi altari, o figlio? In me, pel tuo peccato ostia innocente, Volgi amoroso in me l'animo e il ciglio. Io son colui che da la Eterna Mente Eterno sono; e mi condusse in terra Misericordia de la umana gente: Il fine io sono de l'antica guerra; Pianta' in abisso di vittoria il segno, 42 Eil re superbo incatenai sotterra. Che non feci per torti al giogo indegno? lo di mortale verginella in seno, Quant'è duopo abitar non ebbi a sdegno: E come il termin natural fu pieno, Cercava quella dolce madre un tetto, Che non la colga la notte al sereno. Una stalla a Betlem ne diè ricetto, Qui posai ne la greppia in fra i giumenti; E m'erano le stoppie ispido letto. Poi tribolando con più duri stenti, Fuggii per balze il reo temer d'Erode Fra i sozzi numi de l'egizie genti. Di là tornato a le natali prode, Mi travagliai molt'anni in umiltate, Mentre levar di me grido non s'ode. Ma giunto è il di, ferrigne menti ingrate Di Giuda, il di che non udiate udendo, E in pien lume vedendo non veggiate (1). Ecco il soave magistero imprendo D'amor fra voi, troppo a voi nuovo, e il vero Col presagito novellar vi apprendo (2). Ahi razza di cor pingue (3), e mal pensiero! Che maraviglia se il mio dir vi pare Già non vi fur l'opere mie più chiare : Veggenti i ciechi, e a nuova vita i morti, E sotto ai passi miei stabile il mare. Miseri! e d'uopo è alfin, quando mie sorti [na, Fien con quelle de' rei (4), ch'io da voi pePerdono un ladro al paragon riporti! L'animo intendi, o figlio : amor mimena A ricordarti quai del tuo riscatto Crudi miei strazj la misura han piena. S'avvicinava omai l'ora che fatto Fosse il figliuol de l'uom preda del forte, E consumasser gli empj il gran misfatto. Già numerato ha il prezzo di mia morte L'infido amico, e seco si consiglia Di giugnermi per vie secrete e torte. Io con lui stesso, e con l'altra famiglia De' miei mi assido a l'ultimo convito; Quivi turbato declinai le ciglia, E, Un di voi (dissi), un di voi mi ha tradito (5)! E quegli intanto si prendea del mio Pane, e intingea nel mio piattello il dito! (6) [ch'io, E tu, Pietro, tu pur!... Ma indarno; A saziar la mia pietade immensa, Avea bramato con lungo desio Di raccorre i miei cari a quella mensa (7); Nè vo' l'opra tardar, che la mia carne In cibo a l'uomo e il sangue mio dispensa. Ed ei pur osa il traditor gustarne. Lasso! ingoiato egli ha la sua condanna (8) Che nel sangue gli scorra, e in lui s'in carne. Ma già mortal tristezza il cuor mi affanna (9); Già vengon faci ed arme; e la masnada Veduto ha il crudel bacio e non s'inganna. Non m'accompagna per la mesta strada Pur un de' miei! Quando è il pastor percosso, [da (10). Convien che il gregge sperso se ne vaIo stetti innanzi al giudice, che mosso Parve d'orror, di zelo a' miei protesti, Si che le stole si stracciò di dosso. Oh sacerdote, come ben fingesti! Tutti abbiam (disse) la bestemmia udita; Che più ne è d'uopo interrogar chi attesti? (11) O voi, che lieve noncuranza irrita, E a cui lingue piacenti e capi inchini Lusingan la superbia de la vita (12); Non son io quei che sovra ai Serafini Seggo a destra del Padre? or via, mirate Quai mi rende la turba onor divini. Di risa alfin, di sputi e di guanciate Stanchi, e del mal concilio alacri al cenno Menanmi avvinto ad altra potestate. Qui da crudel vid'io timido senno Deliberarsi, che al favor d'Augusto Il vero eil dritto prevaler non denno (13). Su, chi d'odio più bolle, e più robusto Nerbo ha di braccia, il petto irto e le terga Snudi, e gareggi a flagellare il giusto. A strazio poscia del dolente s'erga Ridevol seggio; nè a lo scherno manchi La porpora, il real serto e la verga. Or ve' come gli afflitti omeri stanchi Al grave tronco sottopor mi è forza, E inverso il monte strascinare i fianchi. Ben d'uopo egli è che adamantina scorTi fasci il cor, se duri a cotal vista, [za Ne il tuo Signore a lagrimar ti sforza. Omai la vetta il lento passo acquista. Lasso! or quale appressate a le labbra arse Bevanda di si tetro amaro mista (14)? Ahi già le membra illividite e sparse Di sangue, a l'inclemente aere ignude, Tutte senton le piaghe inacerbarse! Ahi già posate in sul letto aspro e rude Le ginocchia, mi adagio, e le man stendo Ai chiovi e ai colpi de le mazze crude! Ferve il lavoro: al martellare orrendo L'opra succede di levarmi in alto. Mirami, o figlio, come in croce io pendo! Qui fanno al paziente animo assalto Motteggi rei ben tu Dio figliuolo, Di costassù ti puoi spiccar d'un salto (15). Deh perchè intanto io chinai gli occhi al suolo? Come ti stavi, o madre, a riguardarmi, Muta, impietrata de l'immenso duolo! Di sete avvampo. Ahi de gl'infausti carmi [to? (16) Qual non ha sul mio capo adempimenAhi, Padre! ahi perchè, o Padre, abbandonarmi (17)! Tutto alfine è compiuto. Or vedi spento Nei natanti occhi il lume al tuo Signore; Vedi sul petto ricadergli il mento (18). Cosi dopo martiri tanti ei muore, Muor per vostra salute; e in morir sente Che i più sarete ingrati a tanto amore! Tu non esserlo, o figlio. In cuor sovente Volgi la storia de le nostre pene; Sempre la croce ti si pinga in mente. D'amara pieta, di conforto e spene Questa immagine è fonte; e in lei mirando, D'oltraggiarini il pensier uom non sostiene. Questa ognor ti farà vivere amando Me in pria, che t' amai tanto, e per me poi Gli uomini tutti, come è il mio comando: Gli uomini tutti, anco i nemici tuoi, Anco i miseri e gl' imi, anco i ribaldi, E chi bestemmia i nostri altari e noi. Per lei verrà che immoti stieno e saldi Contro al piacer fallace i tuoi desiri, Ne mai brutto appetito il cuor ti scaldi. Non è chi fiso in questa immago aspiri Altri a vincer di fasto e di potere, O i vôti onor del mondo invido ammiri. Qual tristo evento, o qual d'uman volere Feritate, o ingiustizia, a chi lei guarda, Non è a portar più facile e leggiere? Il tempo vola, nè un momento tarda L'ora che estrema ai mali il giusto spera, E il reo da lungi con orror sogguarda. Cola venuto, sentirai com'era Tutta un sogno la vita, e sol la croce Costante avrai consolatrice vera. Volto a lei fia l'avanzo di tua voce; Lo sguardo a lei, se la parola tace, L'ultimo sguardo ne la lotta atroce : Così verrai beato alla mia pace. NOTE. (1) Quia videntes non vident, et audientes non audiunt. Matth. 13, 13. (2) Et sine parabolis non loquebatur eis, Matth. 13, 34. Ut impleretur quod dictum erat per Prophetam dicentem: Aperiam os meum in parabolis. Matth. 13, 35. (3) Incrassatum est cor populi hujus. Matth. 13, 15. (4) Et cum iniquis reputatus est. Isai. 53, 12. (5) Cum hæc dixisset Jesus, turbatus est spiritu, et protestatus est et dixit: Amen amen dico vobis, quia unus ex vobis me tradet. Jo. 18, 21. (6) Ille est, cui ego intinctum panem porrexero; et cum intinxisset panem, dedit Juda Simonis Iscariota, Jo. 23, 26. Qui intingit mecum manum in paropside, hic me tradet. Matth. 26, 23. (7) Desiderio desideravi hoc pascha manducare vobiscum antequam patiar. Luc. 22, 15. (8) Qui enim manducat et bibit indigne, judicium sibi manducat et bibit. I. ad Corinth. 11, 29. (9) Tristis est anima mea usque ad mortem. Matth. 26, 38. (10) Tunc dicit illis Jesus: Omnes vos scandalum patiemini in me in ista nocte: scriptum est enim Percutiam pastorem, et dispergentur oves gregis, Matth. 26, 31. (11) Tunc Princeps sacerdotum scidit vestimenta sua dicens: Blasphemavit. Quid egemus testibus? Ecce nunc audistis blasphemiam. Matt. 26, 65. (12) Quoniam omne quod est in mundo concu. piscentia carnis est, et concupiscentia oculorum, et superbia vite, Jo. Ep. 1, 2, 16. (13) Judæi autem clamabant: Si hunc dimittis, non es amicus Cæsaris. Jo. 19, 12. (14) Et dederunt ei vinum bibere cum felle mixtum; et cum gustasset, noluit bibere. Matth. 27, 34. (15) Et dicentes: Vah.... salva te metipsum ; si filius Dei es, descende de cruce. Matth. 27, 40. (16) Postea sciens Jesus quia omnia consummata sunt, ut consummaretur scriptura, dixit: Sitio. Jo. 19, 28. (17) Et circa horam nonam clamavit Jesus voce magna dicens: Eli, Eli, lamma sabacthani? Hoc est: Deus, Deus meus, ut quid dereliquisti me? Matth. 27, 46. (18) Dixit: Consummatum est; et inclinato capite, tradidit spiritum. Jo. 19, 30. G. ZANOJA. SERMONE SULLE PIE DISPOSIZIONI TESTAMENTARIE. SCRIVI, O Notaio: Poi ch'è fisso in cielo Ch'ogn'uom che nasce abbia ad andar sotterra, Nè l'ora è nota del fatal tragitto, Da tempo immemorabile rovesci Nella paterna variopinta avvolto Dimmi dei due chi ti par più saggio? Non se l'onda lustral tutta si versi Sulla tua tomba e all'indigente leghi Quanto il doppio emisfero e miete e scava, Espiato sarai: è inutil l'ostia Lorda dell' altrui sangue, e la rapina |