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Invano all' are si ricovra e al tempio.
Tu doni, Elbion, poi che gli umani patti
A se indulgenti pronunziaron sacra
Di natura e ragione oltre le leggi
Dell' uom la volontà nel punto istesso
In cui cessa il voler (4): Elbion, tu doni
Ciò che ad Elbion di posseder non danno
Nė Bartolo nè Giove, e allor cominci
Quando non sei, ad essere pietoso.
Ma a me che giova, cui furasti iniquo
Col trafugato codicillo il dritto
Al legittimo fondo, o cui traesti
Stanco ed esangue alle corrotte scranne,
Se dal cieco sepolcro appresti all' egro
La non dovuta medicina, mentre,
Me spogliato, condanni a ingiusta fame?
Sia però pace a Elbion, nè per me grave
Su di lui pesi la sacrata terra;
Già che d'immensa inestricabil frode
E de' pubblici furti almen gli avanzi
Liberale concesse agl' intestini
Del morboso plebeo : il nero sofo
Dai sentenziosi rubricati libri
Quest' utile dettò farmaco all' alma.
Ma il farmaco che vale all' uom sepolto?
Fu il tempo allor di trangugiarlo quando
Fra Lidia astuta e la crescente Cloe
S'alternavano l'ore e i compri baci ;
O quando al suon del popolar lamento
Le province svenate e i non pasciuti
Laceri battaglioni (5) a lui festoso
Imbandivano i lenti ebrii conviti
E le lucide cene. Troppo bella
Fôra la colpa ed il pentirsi dolce,
Se dopo un lungo riposar beato
Sulle tranquille invendicate prede
Il pio voler raccomandato a Cloto
Potesse al fin del delizioso stame
Spegnere colla vita anche il delitto,
E di pietoso procurar la fama.

Ma non è nuovo al mondo il reo costume
Che la pietà stuprata al latrocinio
E all'orgoglio potente sia compagna.
Spesso vedemmo l'occidente stanco
Dall' atroce pugnale e dal veleno;
E spesso fra i pugnali, ancora immersi
Ne' domestici seni, e i letti caldi
Da non cessate infamie, innalzar chiese
A rimedio dell' alma, e fondar celle
Coll' oro estorto alle città soggette
E a gli invasi vicini, ove abitasse
Da lontan bosco il monaco chiamato
A salmeggiar sugli effigiati avelli
D'illacrimate ceneri custodi.

Voi ch'illustrate le memorie antiche
Pria che l'cdace secolo le inghiotta,
Scrivete pur sulle marmoree fronti
De' sculti templi, e ne' sonanti chiostri :
Questi del popol saccheggiato in pace,

α

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E degli amici a tradimento oppressi « Trofei superbi il fondatore eresse.» Ma non così Macronio: egli non fu Ne rapace nè ingiusto : al conno avaro E all' insaziabil lusso ed al macello Sottrasse ciò che al Nosocomio diede.

Ne v'era dunque a quell' età felice Una vedova mesta o una languente Desolata famiglia a cui partisse Il destinato alle future febbri ? Oh fortunati di Macronio i giorni E l'inaudito suol che lo produsse! Così il padre del ciel lo serbi illeso (6) Dai filosofi sempre e dalle guerre. Nel nostro clima, è ver, s' alzan frequente Dai scossi cenci gl'improvvisi Atlanti, Alle aspettate immagini de' quali, Se fuggiran dal pendere d'altronde, Nuovi archi connettiamo e nove logge (7) In cui stanti e calzate (8) al di solenne Dal curioso contadin fien viste (9) : Ma siccome tra noi ruota indefessa Fortuna, al crescer loro anche s' accresce Dc' meschini la calca, e a lor di sotto Gemer sentiamo non intese innanzi Voci dolenti ed al pregare indôtte (10). A questi aggiungi una recente turba Cui l'emula virtù de' tempi andati I nostri migliorando a inopia addusse. Poi che, grazie al destin, che tutto volve, Noi lisci prima e inanellati e rasi [ti (11) La guancia e il mento ricopiammoi BruE le compresse da non regio amante Nostre Lucrezie ritornár le chiome Ai prischi nodi e alle sincere trecce, Molto in addietro laborioso e cerco Pettine cadde dalla man, costretta A mendicar, e molta gente afflitta Vide alla mola ricondotta e al forno La ripulsa dal crin candida Eleusi. Molti altresì che dai servili uffizj All'uomo indegni Libertà riscosse (12), Se non ebber la destra al ferro pronta Ed al notturno assalto, la mostraro Aperta ad implorar l' altrui soccorso, E l'aprono tuttor. Fra tanto stuolo Che ci preme d'intorno, ed a cui resta Il dritto al men dell' intangibil vita, A che segnar nel vorticoso Caos

O nell' ovaje dell'eterna plebe Il possibil mendico a noi non noto? Tu mentre ammassi al nascituro erede, Onde sani la scabbia o il tristo autunno (13), A te vicino e da sottil parete Forse diviso inconsolato giace Fra i nudi figli ed alla patria nati, Dalla miseria e dall'agoscia muto Un infelice genitore, oppure Sospira indarno al talamo matura Una indotata vergine pudica Forse cresciuta a non oscuro Imene. Che se più l'egro a te pietate inspira O il represso vagir dell' innocente (14) Frutto non sempre di furtivo amore, Hai moito ond' esser pio: ormai non basta L'ospital tetto al condensato infermo E alla nutrice dell'ignoto parto; Nè basterà fra poco il vallo intero A contenere i pubblici grabȧti, Se l'inclemente ciel non volge altrove Il funesto girar d'astri maligni.

Dunque che tardi, ed insensibil siedi Sull' arca chiusa e il numerato argento, Aspettando le esequie? o che maturi Tu ascoltator di Luca e di Matteo Alle venture età ciò ch'è dovuto Al presente bisogno ? al giorno estremo Tutto è preda di morte e non tuo dono.

Sii pur Macronio o di Macronio sii Più parco e più digiuno alla tua mensa, Ne il fuggitivo topo abbia che roda Nell' aperta cucina, nè il giulivo Amico il vin de' colli tuoi conosca O dell'orto serrato il venal pomo; Ritrova mille ordigni ed arti mille (15) All'onesto guadagno ad al risparmio ; Pur che dalla tua mano e non dal tardo Esecutore l'indigente ottenga Ciò che operoso a lui raduni : allora Te, sconosciuto ai portici ventosi, Collocherem su gl'incensati altari.

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Questa sentenza va osservata poeticamente e filosoficamente, non civilmente.

(5) Le province svenate e i non pasciuti Laceri battaglioni

Allude il Poeta alle ruberie fatte da Elbione come Commissario o Provveditore delle armate nelle ultime guerre che desolarono la Lombardia.

(6) Cosi il padre del ciel lo serbi illeso Dai filosofi sempre

Di qual genere di filosofi parli l' Autore, non è necessario il dichiararlo. Se ne possono vedere di simili descritti nelle Satire di Vittorio Alfieri.

(7) Nuovi archi connettiamo e nuove logge

Si accenna la continuazione dell' immenso fabbricato dello Spedale, cui si travaglia anche al presente con poca fortuna architettonica. (8).

....... stanti e calzate

Si è di già avvertito di sopra che le immagini intiere fannosi ai donatori di oltre centomila lire.

(9) Dal curioso contadin fien viste

È innumerabile il concorso della gente di contado alle feste dello Spedale.

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11).

991

tura favorita nel paese, per la quale è necessaria l'irrigazione.

ricopiammo i Bruti Alludesi alla moda di pettinarsi de' giovani, chiamata in Francia à la Brutus, quantunque sia antica come il tosarsi, non che alle nuove mode femminili di acconciare il capo che, bandita la polvere di Cipro, han ridotto alla miseria un gran numero di parrucchieri.

(12) Molti altresi che dai servili uffizi

All'uomo indegni Libertà riscosse

Alludesi al molto numero di famigli licenziati nella prima epoca della rivoluzione dai padroni esausti dalle contribuzioni.

(13) Onde sani la scabbia, o il tristo autunno

Quel tristo autunno, sebben s'intenda dovunque per essere quella stagion madre di molte malattie, pure è assai più appropriato alla Lombardia, dove specialmente fra' contadini sono frequentissime le febbri autunnali a cagione dell' agricol

(14) O il represso vagir dell' innocente

Frutto non sempre di furtivo amore

Lo Spedale degli esposti forma parte dello Spe. dale Maggiore preso di mira in questo componimento, all' epoca del quale era smisuratamente cresciuto il numero degli esposti e degli ammalati.

(15) Ritrova mille ordigni ed arti mille

Ne' pochi esemplari della edizione in foglio, fatta dal sig. Reina, la lezione è come siegue:

Ritrova nuovi ordigni ed arti nuove;

ma questa correzione fu posteriormente fatta dall'Autore, perchè si dice più sopra in un consimile

verso

Nuovi archi connettiamo e nuove logge.

ANONIMO.

SULLA CREDUTA MORTE DI SILVIO PELLICO

NELLO SPIELBERG.

ODE.

LUNA, romito, aereo,
Tranquillo astro d'argento,
Come una vela candida
Navighi il firmamento;
Come una dolce amica
In tua carriera antica
Siegui la terra in ciel.
La terra a cui se il limpido
Tuo disco s'avvicina,
Ti sente, e con un palpito
Gonfia la sua marina :
Forse è gentile affetto,
Qual desta in uman petto
La vista d'un fedel.

Simile al fior di clizia

(Fiso del sol nel raggio
L'occhio), il pensier del misero
Ti segue in tuo viaggio,
E la tua luce pura
Sembra su la sventura
Un raggio di pietà!

Ahi misero tra miseri,

Tolto al gioir del mondo
Geme l'afflitto Silvio
Dello Spielbergo in fondo!
Speme non ha d'aita;
Vive, ma d'una vita
Di chi doman morrà.
Batte il tuo raggio tremulo
Al rio castello, o luna,
E scintillando penetra
Sotto la volta bruna,
E trova il viso bianco
Del giovinetto stanco,
Il viso del dolor.

Sol quella faccia pallida
In campo nero appare,
Come languente cereo
In mortuario altare,
O qual da mano cara
Sul panno della bara
Deposto un bianco fior.
Sol tra catene (libero
Nell'agonia cresciuto), -
Sovra la fronte squallida
Discende e va perduto
Sull' affannoso petto,
Sul doloroso letto,
In mezzo all'ombra, il crin.
Scarso è'l cangiar dell' aëre

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Che il capo in Alpi posa

E stende all'Etna il piè.

«Ma tu, chi sei, che barbaro « Insulti al mio dolore,

« Ed osi il sogno irridere

α

Che mi mentia nel core?

Coprimi, o madre, il viso!
« Che quel superbo riso
«Non veggasi per me. - »
Pace, o morente! - agl' Itali
La tua memoria è pianto.
Caggia quel di dai secoli,
Quel di che Italia al santo
Cenere tuo non plori,
Nè la memoria onori
Di chi per lei morì.

Ma già la luna in candido
Mattin, lene si solve;
(E mentre lene il misero
Già in morte si dissolve),
Bella del suo martiro,
In placido deliro
Ultima al giusto uscì.

Vennero allor... disciolsero
L'inanimata spoglia :
Del carcer la deposero
Sotto l'ignuda soglia:
Nefando monumento,
Della catena il lento
Nodo... vi posa su.

E alcun nol seppe!... e Silvio
È d'ogni giorno e d'ogni
Ora il pensiero!... e Silvio
Son d'ogni notte i sogni!... -
E ancor s'attende il canto
Che piacque a Italia tanto!...
Ma Silvio non è più!!!

GEMME.

O RIME SCELTE

DI

POETESSE ITALIANE

NINA SICILIANA.

ANTICHE E MODERNE,

DAL 1290 SINO A' NOSTRI TEMPI,

Ricciarda DE' SELVAGGI.
Ortensia DI GUGLIELMO.
Giustina LEVIi Perotti.
Livia DEL CHIAVELLO.

Lucrezia TORNABUONI DE' MEDICI.
Barbara TORELLI STROZZI.
Camilla SCARAMPI GUIDOBONI.
Vittoria COLONNA PESCARA.
Margherita DI VALOIS.

Veronica GAMBARA CORREGGIO.

Gaspara STAMPA.

FIORENZA PIEMONTESE.

Dafne DI PIAZZA.

Tullia D'ARAGONA

Gerolama CASTELLANI.
Lucrezia FIGLIUCCI.
Isabella DELLA Morra.

Suor Dea DE' Bardi.
Laura TERRACINA.

Livia TORNIELLO BOROMEO.

Chiara MATRAINI.

Lucia BERTANI DALL' ORO.

Leonora FALLETTI.

Egeria DI CANOSSA.

Lucia ALBANI AVOGADRO.

Olimpia MALIPIero.

Laura BATTIFERRO DEGLI AMMANANTI.

CIOÈ :

Virginia SALVI.

Dianora SANSEVERINO.

Fiammetta MALASPINA SODErini.
Isotta BRAMBATTI GRUMELli.
INCERTA.

Lucrezia MARCELLO.

Modesta DAL Pozzo Zorzi.

Margherita MALESCOTTI.

Isabella ANDreini.

Lodovica SBARRA COLLALTO.

Lucrezia MARINELLA.

Veneranda BRAGANDINA CAVALLI.

Francesca FARNESE.

Margherita COSTA.

Laura Felice GHIRARDELLI.
Anna Rosalia CARUSO

Emilia BALLATI ORLANDINI.

Faustina DEGLI AZZI FORLI.

Virginia BAZZANI.

Eutropia FOSINI.

Aurora SANSEVERINO GAETANI.

Elena RICCOBONI.

Maria BUONACCORSI.

Giovanna CARRIERA.

Faustina MARATTI ZAPPI.

Ippolita CANTELMI CARAFFA.

Maria Elisabetta SELVAGGIA BORGHINI.

Luisa BERGALLI.

« ÖncekiDevam »