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e la Bice «<l'una appresso de l'altra maraviglia ». La personificazione d'Amore, che precorre ad annunziare a Dante tanta gioia, e gliela impone, nonché il diretto ricordo del Cavalcanti, gli dànno occasione di tentare qui, in una prima pagina dottrinale, l'esposizione del proprio pensiero sulla poesia volgare, della quale già doveva sentirsi il caposcuola in società con l'amico.

E poi ripiglia lo stile della lode. «Questa gentilissima venne in tanta grazia de le genti, che quando passava per la via, le persone correano per vedere lei; onde mirabile letizia me ne giungea. E quando ella fosse presso d'alcuno, tanta onestade giungea nel cuore di · quello, che non ardia di levare gli occhi, né di rispondere a lo suo saluto; e di questo molti, sì come esperti, mi potrebbero testimoniare a chi non lo credesse. Ella coronata e vestita d'umilitade s'andava, nulla gloria mostrando di ciò ch'ella vedea ed udia. Diceano molti, poi che passata era: Questa non è femina, anzi è uno de li bellissimi angeli del cielo. E altri diceano: Questa è una maraviglia; che benedetto sia lo Segnore, che si mirabilmente sae adoperare!». E la materia che ispirò il sonetto popolare «Tanto gentile e tanto onesta pare » e che bastò anche all'altro che segue « Vede perfettamente onne salute », che però cede di qualche punto al primo, nel quale suoni, voci, idee, immagini s'intonano in perfetta armonia a un'eterea celestiale dolcezza.

I due sonetti segnano l'apice della loda

nel libretto. La stanza di canzone che vi s' aggiunge, è piuttosto un documento intimo, pel quale il poeta conferma ch' ogni passata ambascia è obliata; che il cuore e la mente eran mondi d'ogni scorie terrena fin nelle più riposte intenzioni e nei moti più segreti. Il canto, così iniziato appena (ma viceversa conclusivo pel giudizio morale di questa passione d'amore), si spezza, perché è tronca in terra la vita di quella benedetta, cui il Signore, nella sua ineffabile giustizia, ha chiamato dalle miserie di questo mondo a gloriare nei cieli, dov' era l'aspettata degli angeli.

Liturgicamente, Dante si raccoglie in una pausa di sommessa meditazione, mentre sul singulto dell'anima si leva un lamento come quello che intonò Geremia sulla rovina della città di Sion. La mente è fissa sul prodigio dell'apparizione e della scomparsa della benedetta, che fu un miracolo di Dio.

Poi,

esaurite le lacrime, per tradurre in parole i sospiri che gli escono dal petto, compone una mesta canzone d' invocazione alla morte che abbia pietà del suo dolore. E il grido si varia in un sonetto che compose in persona, e per invito del fratello della estinta, e si rinnova in due stanze di canzone dalle quali lo fece seguire, affinché men povero e nudo riuscisse il servizio reso a così distretta persona di quella gloriosa.

Nell' annuale della morte, stava a dipingere un angelo sopra una tavoletta, e tanto era assorto nel pensiero di Beatrice, che non

s'accorse che alcuni gentiluomini, avvicinatisi, lo stavano a osservare. È la materia d'un sonetto commemorativo. Alquanto dopo, forse

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presso il davanzale della propria camera consapevole del suo dolore, il poeta, nella piena dei ricordi, sente che il suo volto si contraffà per la pena; e mentre, riscuotendosi, guarda se altri possa averlo veduto, scorge una giovane donna bella e gentile che lo sta a guardare da una finestra di contro con aspetto pietoso. Gliene cresce pietà pel suo misero stato e si ritrae per non mostrare le lacrime che gli montano agli occhi. E intanto gli sorge il pensiero che la donna sia mossa a sì gentile pietà da Amore, che sta nobilissimo in sua compagnia ; perché nobilissimo è il sentimento ch' essa dimostra. Il nuovo episodio si svolge in quattro sonetti, dei quali il primo narra questo cominciamento; nel secondo l'animo, aprendosi, par comprendere insieme l'antico e il recente sentimento; nel terzo, la forte volontà di negarsi e chiudersi, non doma i sospiri; nel quarto, questo spirito nuovo d'amore annuncia la propria vittoria. Vittoria momentanea però: ché la visione di Beatrice vestita di sanguigno, come al primo innamoramento ai nove anni, lo ritrae decisamente dalla nuova affezione, e gli occhi, ammalati di pianto, sono anche materialmente impediti di più mirarne l'oggetto.

All' ambage del sentimento corrisponde quella del giudizio, che a volta a volta qualifica quest'affetto nobile e vile, nato per un conforto provvidenziale e per un oblio indegno.

Ora il cuore e la mente del poeta son di nuovo per Beatrice, in plenitudine. Nella settimana di passione, quando l'animo cristiano è più disposto alla mestizia, passano alcuni pellegrini che vanno a venerare la Santa Veronica a Roma, e paiono pensosi delle loro cose lontane, ma ignari del lutto della città che attraversano pel suo mezzo. Dante, in un sonetto, vuol farli piangere del suo pianto.

Poi due nobili e gentili donne lo fecero pregare che mandasse loro di queste sue parole rimate; e Dante risponde all' invito mandando il sonetto dei pellegrini, il cui senso è in fondo questo, ch' egli vorrebbe associare al suo dolore anche i più remoti ed inconsapevoli; ne detta un altro che ne mostra il cuore e la mente rifugiati in cielo, in compagnia di Beatrice; e a questi due sonetti aggiunge quello scritto pel fratello di lei, tutto lacrime e sospiri e invocazione di morte. Se, come se n' ha il senso, le due donne s' interessano dei sentimenti del poeta verso la pietosa, ce n'era d'avanzo per palesare l'animo suo, straniato ormai e tutto riassorto.

Ma il sonetto nuovo leva l'ala ben più su di questa contingenza. Il poeta vi canta che il sospiro del suo cuore passa la sfera più larga e penetra nell' Empireo: un' idea nuova, ch'è nata dal pianto, lo attrae sempre più verso l'alto. Quando il sospiro ha raggiunto il suo desiderio, vede una donna nella gloria degli angeli, così circonfusa di luce che l'anima, lassù pellegrina, si perde nell'estasi a mirarla.

E quand' esso ridice al cuore, che domanda dolente, come la vede, le sue parole son troppo alte per comprenderle. Egli sa che quella gloriosa è Beatrice, perché spesso la ricorda; e questo lo intende bene.

È la prima nota della Commedia, la cui diana risuona lontana nell'annuncio d' una mirabile visione, nella quale vide cose che gli fecero proporre di non dire più di questa angiola, infino a tanto che potesse più degnamente trattare di lei. Egli studia di pervenire a ciò con tutte le sue forze, e Beatrice, che lo ispira, lo vede. Iddio, signore della cortesia, gli conceda di cantare questo canto nel quale dirà di lei quello che mai non fu detto d' alcuna; e poi di chiamarlo a sé a benedirlo in eterno, là dove quella benedetta gloriosamente lo mira nella sua gloria.

Lo schema dell'operetta riconferma quei caratteri elementari dei quali abbiamo premessa la sintesi, e prima di tutto quella liricità, o diffusione di sentimento poetico, che si crea dalla dilatazione delle singole liriche e dalla loro totale ricomprensione. La superstruttura in prosa è essenzialmente poetica, e, per sé, è ovvio che sia più omogenea dei componimenti singoli. Prosa semplice, dai periodi brevi, dai nessi ignudi, dai passaggi conformi e spesso uniformi, devota assai più alla bellezza della immagine, che al pensiero. Dà l'idea dei Fioretti, scritti da un servo di Dio attraverso la sua creatura Amore. Contiene compiutissime

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