Sayfadaki görseller
PDF
ePub

Pensando nel bel viso più che umano, Che può da lunge gli occhi miei far molli; Ma da presso gli abbaglia, e vince il core: Ove fra 'l bianco, e l'aureo colore

Sempre si mostra quel, che mai non vide
Occhio mortal, ch'io creda, altro che 'l mio;
E del caldo desio,

Che, quando i' sospirando, ella sorride,
M'infiamma sì, che oblio

Niente apprezza; ma diventa eterno;
Nè state il cangia, nè lo spegne il verno.
Non vidi mai dopo notturna pioggia
Gir per l'aere sereno stelle erranti,
E fiammeggiar fra la rugiada, e 'l gielo;
Ch'i' non avessi i begli occhi davanti,
Ove la stanca mia vita s'appoggia,
Qual' io gli vidi all'ombra d'un bel velo:
E siccome di lor bellezze il cielo
Splendea quel dì, così bagnati ancora
Li veggio sfavillar'ond' io sempr' ardo.
Se 'l Sol levarsi sguardo;

Sento il lume apparir, che m'innamora :
Se tramontarsi al tardo;

Parmel veder, quando si volge altrove,

Lassando tenebroso, onde si move.

[ocr errors]

Se mai candide rose con vermiglie
In vasel d'oro vider gli occhi miei,
Allor' allor da vergine man colte;
Veder pensaro il viso di colei,
Ch'avanza tutte l'altre meraviglie,
Con tre belle eccellenzie in lui raccolte;
Le bionde treccie sopra 'l collo sciolte,
Ov' ogni latte perderia sua prova;

E le guancie, ch' adorna un dolce foco.
Ma
pur che l'ora'un poco

Fior bianchi, e gialli per le piaggie mova;
Torna alla mente il loco,

E'l primo dì, ch' i' vidi a Laura sparsi
I capei d'oro, ond' io sì subit' arsi.
Ad una ad una annoverar le stelle,
E 'n picciol vetro chiuder tutte l'acque
Forse credea; quando in sì poca carta
Novo pensier di ricontar mi nacque,
In quante parti il fior dell' altre belle,
Stando in se stessa, ha la sua luce sparta;
Acciò che mai da lei non mi diparta: -
Nè farò io; e se pur talor fuggo;
In cielo, e 'n terra m'ha racchiusi i passi:
Perchè agli occhi miei lassi

Sempre è presente: ond'io tutto mi struggo:

E così meco stassi;

Ch'altra non veggio mai, nè veder bramo; Nè 'l nome d'altra ne'sospir miei chiamo. Ben sai, Canzon, che quant'io parlo, è nulla Al celato amoroso mio pensiero,

Che dì, e notte nella mente porto;
Solo per cui conforto

In così lunga guerra anco non pero:
Che ben m'avria già morto
La lontananza del mio cor piangendo:
Ma quinci dalla Morte indugio prendo.

[blocks in formation]

Italia mia; benchè 'I parlar sia indarno

Alle piaghe mortali,

Che nel bel corpo tuo si spesse veggio;
Piacemi almen, ch'e' miei sospir sien, quali
Spera 'I Tevero, e l'Arno,

E 'l Pò, dove doglioso, e grave or seggio.
Rettor del Ciel', io cheggio,

Che la pietà, che ti condusse in terra,
Ti volga al tuo diletto almo paese.
Vedi, Signor cortese,

\ Di che lievi cagion che crudel guerra!
E i cor, ch'indura, e serra
Marte superbo, e fero,

Apri tu, Padre, e 'ntenerisci, e snoda:
Ivi fa che 'l tuo vero

(Qual' io mi sia) per la mia lingua s'oda.

Voi, cui Fortuna ha posto in mano il freno
Delle belle contrade,

Di che nulla pietà par che vi stringa;
Che fan qui tante pellegrine spade?

Perchè 'l verde terreno

Del barbarico sangue si dipinga?

Vano error vi lusinga:

Poco vedete, e parvi veder molto:

Che 'n cor venale amor cercate, o fede.
Qual più gente possede,

Colui è più da' suoi nemici avvolto.

O diluvio raccolto

Di che deserti strani

Per inondare i nostri dolci campi!

Se dalle proprie mani

Questo n'avven; or chi fia, che ne scampi?

Ben provide Natura al nostro stato,

Quando dell' Alpi schermo

Pose fra noi, e la Tedesca rabbia:

Ma 'l desir cieco, e'ncontra 'l suo ben fermo S'è poi tanto ingegnato;

[ocr errors]

Ch' al corpo sano ha procurato scabbia.
Or dentro ad una gabbia

Fere selvagge, e mansuete gregge
S'annidan sì, che sempre il miglior geme:
Ed è questo del seme,

Per più dolor, del popol senza legge;

Al qual, come si legge,

Mario aperse si 'I fianco,

61667

Che memoria dell'opra anco non langue,

Quando assetato, e stanco

Non più bevve del fiume acqua, che sangue.

« ÖncekiDevam »