Pensando nel bel viso più che umano, Che può da lunge gli occhi miei far molli; Ma da presso gli abbaglia, e vince il core: Ove fra 'l bianco, e l'aureo colore Sempre si mostra quel, che mai non vide Che, quando i' sospirando, ella sorride, Niente apprezza; ma diventa eterno; Sento il lume apparir, che m'innamora : Parmel veder, quando si volge altrove, Lassando tenebroso, onde si move. Se mai candide rose con vermiglie E le guancie, ch' adorna un dolce foco. Fior bianchi, e gialli per le piaggie mova; E'l primo dì, ch' i' vidi a Laura sparsi Sempre è presente: ond'io tutto mi struggo: E così meco stassi; Ch'altra non veggio mai, nè veder bramo; Nè 'l nome d'altra ne'sospir miei chiamo. Ben sai, Canzon, che quant'io parlo, è nulla Al celato amoroso mio pensiero, Che dì, e notte nella mente porto; In così lunga guerra anco non pero: Italia mia; benchè 'I parlar sia indarno Alle piaghe mortali, Che nel bel corpo tuo si spesse veggio; E 'l Pò, dove doglioso, e grave or seggio. Che la pietà, che ti condusse in terra, \ Di che lievi cagion che crudel guerra! Apri tu, Padre, e 'ntenerisci, e snoda: (Qual' io mi sia) per la mia lingua s'oda. Voi, cui Fortuna ha posto in mano il freno Di che nulla pietà par che vi stringa; Perchè 'l verde terreno Del barbarico sangue si dipinga? Vano error vi lusinga: Poco vedete, e parvi veder molto: Che 'n cor venale amor cercate, o fede. Colui è più da' suoi nemici avvolto. O diluvio raccolto Di che deserti strani Per inondare i nostri dolci campi! Se dalle proprie mani Questo n'avven; or chi fia, che ne scampi? Ben provide Natura al nostro stato, Quando dell' Alpi schermo Pose fra noi, e la Tedesca rabbia: Ma 'l desir cieco, e'ncontra 'l suo ben fermo S'è poi tanto ingegnato; Ch' al corpo sano ha procurato scabbia. Fere selvagge, e mansuete gregge Per più dolor, del popol senza legge; Al qual, come si legge, Mario aperse si 'I fianco, 61667 Che memoria dell'opra anco non langue, Quando assetato, e stanco Non più bevve del fiume acqua, che sangue. |