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latis, aut etiam tacitæ Voluntati et Desiderio, quantum cum Deo potuimus, omnibus semper in rebus satisfacere concupivimus; cujus nostræ erga Te mentis Ipse optimus et locupletissimus es Testis; sed de his hactenus.

Quod autem ad Archiepiscopum attinet, ea statuimus quæ Tibi grata essent futura, quæque Te velle cognoscebamus, quemadmodum a Venerabili Fratre Episcopo Wigorniensi, Oratore apud nos tuo latiùs intelliges.

Datum Romæ apud Sanctum Petrum, sub Annulo Piscatoris, die vicesimo secundo Aprilis; Millesimo quingentesimo decimo quinto, Pontificatûs nostri Anno tertio. P. BEMBUS.

Dor.

Carissimo in Christo Filio nostro Henrico Angliæ Regi Illustri.

No. CXXII.

(Vol. iii. p. 11.)

Sadolet. Ep. Pont. No. 36.

REGI FRANCORUM.

CHARISSIME. Etsi obitu claræ memoriæ Ludovici, tui nuper Prædecessoris, audito, non mediocrem animi dolorem concepimus, quod magnum Regem, & nobis, ac Sedi Apostolicæ, præsertim extremis his temporibus, amicissimum, judicabamus amisisse; tamen, cum esset ad nos perlatum Majestatem tuam continuo, ut quidem decebat, summa omnium lætitia, & voluntate ad regale solium evectam fuisse,

nova gratulatione mitigavimus dolorem. Itaque commoti nostra erga te paterna benevolentia & charitate, quam etiam, cum tu esses in minoribus, susceptam, magnis & mutuis inter nos officiis nos aucturos speramus, has ad tuam Majestatem litteras direximus, nuncias cum nostræ ex tua amplitudine susceptæ lætitiæ, tum singularis erga te studii, & amoris. Nos te, charissime fili, semper judicavimus cum cæteris virtutibus omnibus, quæ magno Principi conveniant, ornatum, tum præcipua quadam præditum erga summum Deum pietate, in illius sanctam Fidem, & Romanam ac universalem Ecclesiam religione & observantia; cujus quidem rei egregiam alias laudem, nunc maximum ab ipso Deo præmium es consecutus, cum ejus recens in te tantum beneficium possis agnoscere. Eo enim auctore, & largitore, Reges, & Principes nationum constituuntur, quos tam præclaro munere devinctos, ad referendam Deo gratiam, & illius sanctissimam propagandam fidem, omnis et diurna, & nocturna cura debet excitare. Hac igitur de te spe, & opinione imbuti, gratias agimus primum Deo, deinde tuæ Majestati gratula. mur, omni affectu & amore hanc dignitatem tuam complectentes, quam non solum optamus, sed etiam speramus toti Christianæ Reipublicæ fore salutarem; nobis vero, qui te in nostræ visceribus charitatis gerimus, ac Sedi Apostolicæ, quæ in te filio suo primogenito acquiescit, jucundam etiam, & honorificam. Illud certe Majestatem tuam pro nostra affectione paterna breviter admonendam putamus, ut conside ratis secum diligentius superiorum temporum & rerum eventibus, nullam actionem velit putare, nisi quæ cum Deo, ac pietate, & cum Christianæ Fidei commodo conjuncta sit, dignam Christianissimi Regis aut virtute, aut nomine: cum cætera, quæ ab hoc fine, consilia aberrant, & plena semper sint ingratæ sollicitudinis, & eventus plerumque non habeant secundos. Quamquam hæc tu, Deo inspirante, tua prudentia diligentius cogitabis. Nos nostri erga te amoris fiducia parem nobis tuam voluntatem repromittentes, hac primo

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primo in re abs te cupimus nobis satisfieri, ut de Ecclesiæ Narbonensi (quemadmodum nos destinavimus, & sicut ad claræ memoriæ Prædecessorem tuum scripseramus) velit Majestas tua libenter assentiri, ut dilecto filio nostro Julio Cardinali de Medicis provideamus; cum præsertim Prædecessor tuus recompensam Ecclesiæ Albiensis ei pollicitus, Vaurensem obtulisset, dictusque Cardinalis neutram sit assecutus, et utramque illarum cedere in tuam gratiam sit paratus. Cujus quidem Cardinalis tum virtus, et integritas, tum erga tuam Majestatem, & ipsius statum observantia & affectio, digna est quæ hanc suam erga se cognoscat liberalitatem: nobis quidem, qui eum & pro suis summis virtutibus, & pro consanguinitate ipsa vehementer amamus, Majestas tua faciet rem gratissimam, cui perpetuam gratiam debebiDie xxi. Jan. MDXV. Anno secundo.

mus.

No. CXXIII.

(Vol. iii. p. 15.)

Lettere di Principi, vol. i. p. 12.

Al Sig. Mag. Giuliano de' Medici, Capitan Generale di Santa Chiesa.

IO scrissi questi giorni à V. S. per la medesima via, per la quale mando la presente, & sarammi gratissimo intendere, che l'una e l'altra habbia havuto ricapito. Et se io pensassi, ch'ella si dovesse fermare per qualche tempo là, dove hora si trova, la pregherei, che si contentasse di mandarmi una cifra, accioche sicuramente le potessi scrivere, quando alla giornata m'occoresse degno d'aviso, si come hora qualche cosa. m'occorrerebbe; il che non potendo sicuramente fare, mi

eleggo.

eleggodi tacerlo. Solamente dirò, ch' io trovo il Christianiss. & Mad. sua madre (la quale può tanto, quanto ragionevolmente deve potere una prudentissima madre appresso un' obedientiss. figlio) tanto ben disposti verso Nostro Signore & V. S. ch'io più non saprei desiderare, avenga che nelle cose di sua Santità, et di quella, io non habbia già il desiderio troppo moderato, & gran fondamento fanno delle cose loro appresso Nostro Signore sopra il mezzo di V. Sig. La quale se le vorrà abbracciare, le se ne haverà buon grado, e tutte si rimetteranno in man sua, ò di chi V. Sig. ordinerà, pur che dipenda da lei. La quale, se vederà Nostro Signore ben disposto verso questa Maestà, com'io credo, & ogni ragion vuole che sia, non saria già bene lasciarle maneggiare a persona, che si facesse scudo et mezzo con l'autorita di V. S. e tutto il grado volesse per se, si come a qualche altro tempo s'è fatto. Nè si deve haver maggior rispetto ad altrui, che all' honor proprio, che sia massimamente per tirar tanto utile, quanto essa stessa saprà desiderare. Et se ben'io son certo, che senza il mio scrivere, V. S. assai conosce quanto carico le sarebbe, che altri che essa, trattasse appresso Nostro Signore le cose di questa Maestà; pure per troppa servitù scrivo molte volte quello, ch'è superchio, et che si potrebbe tacere. Nè creda V. S. che alcuno qui habbia, nè possa havere maggior' auttorità in trattar le cose di Nostro Signore & di questa Maestà, di quello che havera V. S. pur ch' ella voglia, overo i ministri suoi, di chi mostrerà fidarsi, & lasci pur dire, & scrivere chi vuole, che tale à Roma è predicato governator del mondo in questo nuovo stato, che si contenterebbe, se bene ha mutato patrone, non haver mutata auttorità, la quale ogni di sarà minore, se da V. S. non gli fie data. Et se voi Signori sarete savij, farete li fatti vostri per voi stessi, ò col mezzo de'ministri vostri, altrimenti non concluderete mai cosa che vogliate, nè si darà obligo alcuno à questa Maestà di far per V. S. se ben N. S. facesse molte cose a beneficio della detta Maestà; perche il tutto l'amico attribuirebbe alla destrezza

et

et auttorità sua, et non alla buona dispositione di chi le facesse. Dio dopo molt'altre felicità ha conceduto a V. S. d'havere un tanto Re non solo per parente stretto, ma ancora amorevolissimo, et che dimostra stimar tanto tal parentado, quanto se l'havesse con qual si voglia grandissimo Principe, ò Re. V. S. stimi all'incontro tal gratia sopra tutte l'altre, come quella, c'ha piu stabile fondamento. Et certo ho tanta paura, ch'una sì fatta occasione non si perda, che s'io non havessi temuto errare, me ne sarei venuto a trovar V. S. per satisfare all'animo mio, et alla servitù, che ho con N. Sig. et con essa. Questa cosa di Narbona m'ha assai levato dal venire, perche iò v'era molto inclinato; basta c'ha havuto buon'effetto, et cosi haverà ogni altra cosa, che N. S. vorrà, solo che da sua Santità non manchi.

Aspetto di dì in dì qualche huomo di V. S. mandato per far riverenza a questo Re, il quale venendo, come mi par ragionevole che debbia venire, io li farò intendere quantó m'occorrerà. Governando quà il tutto la madre del Christianiss. si come è ragionevole, per esser, come ho detto, prudentissima, non sarebbe forse se non bene, che V. S. le scrivesse quanto si fida di me, et quanto ella liberamente può parlar meco delle cose di N. S. et di Vostra Sig. Che se ben questo non è molto necessario, mostrando la Eccellenza sua di credermi pur'assai, tuttavia stimo, che non potria se non giovare, massimamente havendo a questi dì il Malpasso scritto quà, che N. S. non si fida gran fatto di me in queste cose di Francia; et me'ha dato in ciò per compagno Santa Maria in Portico. Domane la Maestà del Re doveva fare la sua entrata in questa terra, la quale sarà superbissima cosa da vedere; pure questa sera piove, et essendo il tempo cattivo, si differirà ad un'altro giorno. Non ardisco dire, che i forieri, secondo ch'essi riferiscono,

hanno dato in questa

terra alloggiamento à forestieri per ottanta mila cavalli, ma ben dico, che io non vidi mai tanta gente. Fatta l'entrata,

s'attenderà

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