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arcaiche figure; ma presentano piuttosto una superficie liscia e rotonda. Del resto, dell'antica arte italica, per genio studiosa del vero, io vi discerno i caratteri seguenti: la larghezza del basso torace e del ventre, dove questo s'innesta sulle anche; mentre all'opposto in quella parte le greche figure arcaiche sogliono ristringere anche più del dovere, per dare maggiormente risalto all'ampiezza robusta dei fianchi la grandezza della testa, in proporzione alla figura, contro il sistema delle antiche scuole greche; la qual testa poi è tanto lungi dal presentare nel volto sembianze ideali, ch'ella a prima vista si prenderebbe per un ritratto. Finalmente, la positura delle gambe: questa nelle più antiche sculture elleniche mostra sempre avanzato il piede sinistro, nel che si è creduto ravvisare una imitazione del fare egizio '; mentre nella statua nostra le gambe sono quasi adeguate, come generalmente si osserva nelle arcaiche figure etrusche di rilievo.

Alcune durezze di stile che si avvertono in questa figura, massimamente nei contorni del ventre, e nei muscoli delle ginocchia, danno luogo alla congettura, ch'ella fosse riprodotta secondo un originale di bronzo: congettura, con la quale collimano anche i puntelli introdotti nel marmo per sostenere le braccia, e per collegare le gambe, assicurando, ov'era il maggior uopo, la stabilità del simulacro.

Manca questo della mano sinistra ch'era stata supplita fino dal tempo antico e della parte inferiore del braccio dritto. Laonde si vuol ricercare quai simboli ed attributi avesse tenuto nell'una mano, o nell'altra, anzi certamente in amendue, la figura di Sanco. Siccome a senso dell'Overbeck, la statua in bronzo del Louvre, poco addietro accennata, non altrimenti che l'Apollo di Canaco dovea reggere l'arco con la sinistra, ed un qualche sacro animale con la destra, così medesimamente a me pare indubitato, che la statua nostra fosse stata distinta dai simboli

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sopraddetti; e che questi vi si possano con sicurezza restituire, ove la si voglia ridurre nella sua integrità. Perchè prescindendo ancora dalla grande analogia, che ha cotesta figura con quelle di tipo consimile all' Apolline antico l'arco e la freccia competono a Sanco, e come deità affine ad Ercole, e come deità della luce; ed egli ebbe sotto la sua tutela un sacro animale, che dal nome di lui fu detto aris Sanqualis, nel modo istesso che Sanqualis porta si chiamava la porta del serviano ricinto, prossima al tempio di Sanco sul Quirinale. L'avis Sanqualis memorata da Tito Livio, e da Festo, e che, per testimonianza di quest'ultimo, ne' commentari de' pontefici dimandavasi ossifraga ', era della specie delle aquile, o degli sparvieri donde Lucrezio: accipitres atque ossifragae2; ed è congettura del Preller, che potesse il detto volatile attribuito a Sanco denotare in lui una divinità augurale, secondo le antiche dottrine sacre del popolo sabino. Del resto, non fa mestieri di ricordare, che il porre in mano alla effigie di una divinità quella dell' animale a lei sacro, e che formava il simbolo proprio di essa, fu partito usitatissimo dell'arte più antica: talchè potrebbe allegarsi una lunga serie di numi, incominciando da Giove, che in siffatta guisa furono concepiti ed espressi.

Omai non mi resta se non il debito di render grazie ossequiosamente, in nome degli studiosi, e de' cultori delle patrie antichità, alla sovrana munificenza di papa LEONE XIII, la quale di sì pregiato e singolare cimelio, da felice caso recato in questi tempi alla luce, ha voluto arricchire i musei vaticani.

1 Cf. Lexic. forcellin. s. vv. Sanqualis e ossifraga.

C. L. VISCONTI.

2 V. 1078. Non è esatto il lessico forcelliniano, traducendo l'ossifragus od ossifraga per frosone; con che verrebbe a identificare col frosone l'avis Sanqualis; mentre poi ammette che l'ossifraga sia una specie di aquila. Questo volatile appartiene in effetto al genere dei falchi (Cuvier, Le règne animal. Les oiseaux, p. 33; cf. Savi, Ornitologia toscana, p. 16); mentre poi il frosone è del genere fringilla e della famiglia dei passeri, o conirostri.

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L'ARTE DELLA SETA SOTTO SISTO V IN ROMA

Avviene frequentemente dei grandi soggetti, che quando sono stati da insigni scrittori illustrati con lavori di gran lena, non possono più scegliersi per temi di nuove opere, senza che gli autori di queste vengano rilegati, come suol dirsi, nella turba dei plagiarî. Altrettanto però utile ed accetto diviene il lavoro di chiunque modestamente si adopera ad accrescere la serie delle notizie particolari spettanti al soggetto stesso, usando quella parsimonia conveniente a persone che non ignorano i grandi lavori publicati. Pertanto, come nessuno ignora le profonde e copiose ricerche degli storici sulla vita di Sisto V, così debbo io limitarmi ad esporre con brevi note un documento che serve ad arricchire una pagina della sua storia, e che spero sarà gradito ai cultori de' nostri studi. Esso è un atto solenne rogato da un notaio camerale, contenenente un chirografo di Sisto V ed un capitolato, stabilito sul chirografo stesso, fra due intraprenditori dell'industria del setificio. per la prima volta in Roma. Giova mirabilmente a provare la somma cura di quel pontefice nel governo di Roma, nell'incoraggiamento dell'industria; e fornisce pregevoli notizie sulla publica economia e sulle cautele giuridiche, in fatto d'intraprese, nel secolo XVI in Italia. Prima di presentare il testo del documento ai lettori, rendo le debite grazie al possessore del medesimo, sig. Alfonso Carinci, figlio del compianto erudito Giovanni Battista, perchè me ne ha cortesemente permesso la trascrizione. L'atto adunque è scritto con eleganti caratteri in un cartello di pergamena, di 7 pagine (formato in ottavo) sulla cui copertina, ornata di listerelle d'oro, si legge: Laurentio fabri luchese (sic), nome, come i lettori

vedranno, di uno dei contraenti, al quale spettò al certo quest'esemplare. Il testo è il seguente:

IN NOTE. DNÍ. AMEN

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Per pñs publicum Instrumentum cunctis pateat euidenter, et sit notum [. quod cum sit, quod S.mus Dñus noster Dñus Sixtus Papa Quintus publicae utilitati tam huius almae Vrbis, quàm totius sui Status Ecclici consulendo 5 attente considerauerit, quod si ars serici in ipsa Vrbe introducatur, non modico Vrbi, et Statui praedictis, ac omnibus Suae S.tis subditis commodo erit et ornamento. Artem ideo praedictam sic introducere decreuerit, desuperq. saepius colloquium habuerit cum Ill.mo et R.mo Dño Dño Henrico tituli Stae Pudentianae praesbro Cardinali Caetano S. R. E. Camerario, quàm Ill' 10 et R. P. D. Ioffredo Lomellino, aliisq. Ill.mis Duis Cardinalibus et R.mis Dñis Praelatis. Cumq. mag. D. Ianus Baptista Chiauari Ciuis Genuen' per hanc Suae S. uoluntatem evocatus obtulerit Artem ptăm in alma Vrbe introducere sub tamen certis pactis per ipsum formatis, et praefatis Ill.mo et Rpd. oblatis, qui illis bene perpensis, ea licita et honesta, et tanquam talia per 15 Suam Stem acceptanda, et caeteris per alios oblatis, uti meliora anteponenda fore Suae S. retulerunt, quae nihilominus ab ipsis reformata, seu alia denouo composita fuerunt. Moxq. fuerit per Suam S.tem ordinatum quòd in negocio huiusmodi sic introducendo scuta quinquaginta millia ex pecuniis suae Camere aplicae inuestiantur, et ex illis dicto d. Iano Baptistae medietatem 20 scilicet scuta uigintiquinque millia mag. d. Laurentio Fabri Lucensi, qui cum ipso d. Iano baptista in, et ad huiusmodi negocium in mutuo concursu extitit et existit, sub tamen certis modo et forma exsolui et exbursari deberent, praestitis tamen per eos idoneis fideiussoribus de dictis summis modo infrascripto restituendis, et inter caetera Sua S. tas, ut negociú ipsú | tam [f. 1' 25 circa illius directionem, quàm progressum citius et melius ad debitum effectum perducatur, mandauerit quòd utérq. eorum possit et debeat cum effectu per totum putem annum 1589. dicto negocio perfectè incumbere, itaut quis ipsorum melius et citius, atq. copiosius contenta in Capitulis (ut praemittitur) reformatis, seu denouo compositis adimpleuerit, illemnet totum et 30 integrum huiusmodi negociú cum ipsis Capitulis utrinq. firmiter obseruandis et adimplendis, et iuxta illorum formam habeat et obtineat. Qui uero ex eis circa praemissa impar extiterit, à negocio praedicto eo ipso omnino excludatur, et exclusus sit, et esse intelligatur, perinde ac si nunq. desuper

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tractatum aliquem habuisset, nec de eo mentio aliquo facta fuisset. Vndè cupiens idem D. Ianus baptista Suae S.tis desiderio, et voluntati pro viribus satisfacere, et oblationem per ipsum illi datam adimplere. Desuperq. Sanctitas Sua infrascriptum Chirographum manu Suae Stis signatum ptó Ill.mo 5 Dno Cardinali Camerario transmiserit subsequentis Tenoris videlicet

mo

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50

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25

f. 2

R. Camerlengo. Hauendo noi sin dal principio del nŕo Pontificato per benefitio publico così di Roma come di tutto il Stato Ecc." più uolte pensato introdurre in Roma l'arte della seta, et conferito questo nŕo pensiero tanto con esso uoi, quanto con alcuni ministri della nostra Camera, et essendosi 10 ultimamente offerto Ianno Battista Giauari Genouese di pigliar in se tal' introduttione con alcuni patti, e capitoli già da voi et da Mons'. Lomellino Commissario della detta Camera sopra ciò formati, et da noi uisti et approbati ponendo noi per capitale di questo negocio scudi di moneta, Et di poi essendosi parim.te offerto Lorenzo Fabri Lucchese di pigliare detta 15 introduttione con l'istessi patti e Capitoli. Noi desiderando che questo negotio si conduca | ad effetto con quelle maggiori et megliori conditioni, [ che sian possibili per detta nra Camera, stante detta concorrenza fra detti Giauari et Fabri, ci siamo resoluti deuider detto negotio, et conceder la mità di esso á ciascheduno di loro separatamente, con assegnarli scudi 20 per ciascheduno, con patto che chi di lor dua per tutto il pnté anno 1589 hauerà più operato nell'introduttione di dett'arte, et con maggior utilità di detta nra Camera à giuditio nro ò di essa Camera in hauer' condotto più numero di Mastri e Mastre di seta, Tentori, Tessitori, et altri operaij et hauer drizzato più presto l'essercitio, et più Telari, et lauorato più drappi, 25 et fatto più belli lauori, comparatis omnibus, quello sarà giudicato più atto ad ottenere il detto negotio tutto sopra di se, et à quello s'intenda concesso con li detti Capitoli già frà noi, et detti Concorrenti stabiliti. Per tanto per la pnte di nostro Motuproprio et certa scienza, ui ordinamo, che procediate alla stipulatione del contratto con li sudetti Capitoli, tanto col detto 30 Giauari, quanto col detto Fabri, et ciascheduno di loro separatamente con l'interuento di detto Mons'. Commissario, aggiongendo à detto instrumento che farete, (parendoui necessario) quelle cautele, che ui piaceranno ad arbitrio uostro per utile di detto negotio. Et tanto esseguirete, che tale è mente nostra, et il tutto sarà da noi per nostro breue in amplissima forma, et 35 facendo bisogno, con aggiontioni de priuilegij indulti, e decreti confirmato et approvato. Non ostante qualunque cosa facesse in contrario, alla quale per questa uolta sola deroghiamo. Dal nro Palazzo aplico il di xxv. di Gennaro 1589. Sixtus Papa V. 20

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