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costoro non si fanno reciproca collazione. Non il fratello conferisce i propri beni; nè la sorella conferisce la dote profettizia. Poichè la collazione non si fa se non fra coloro, che succedono codem iure; o perchè tutti vengano per la b. p. unde liberi, o perchè tutti vengano per la b. p. c. t., o perchè tutti concorrano in seguito dello essere stato il testamento rescisso per intero colla querela d'inofficioso, l. 17. C. de collat. E per l'istessa ragione che per parte sta il testamento, le libertà in esso lasciate sono, come indivisibili, dovute per intero '.

Alla specie medesima spetta la l. 16. pr. de inoff. test. Ulp. " Filio, qui de inofficioso matris testamento contra fratrem institutum de parte ante egit, et obtinuit, filia quae non egit, aut non obtinuit, in hereditate legitima fratri non concurrit,. La madre di due figli maschi, e d'una femmina, istituì ex asse uno dei maschi, diseredò l'altro maschio e la femmina. Dice Ulpiano, che il maschio diseredato agì de parte ed ottenne. Per parte cioè per la metà; perchè lasciar doveva evidentemente, e perciò lasciò la parte per l'istituito, nella qual parte il testamento non era inofficioso, ma fatto secondo il dovere. Potrebbe domandarsi, perchè io non faccia la specie, come la fanno alcuni recenti scrittori di Germania, vale a dire che il maschio diseredato agì ed ottenne per la terza parte: dovendo lasciare la parte non solo al fratello istituito, ma anche alla sorella diseredata secondo la 1. 8. § 8. de inoff. test., che abbiamo esposta di sopra. Non ho posto la specie a questo modo per due ragioni. Primieramente perchè se il diseredato avesse litigato e vinto per la sola terza parte, troppo chiaro sarebbe, che esso, il quale ebbe il minimo di che si può pensare in causa intestata, non dovrebbe soffrir concorso per parte della diseredata a cui fu lasciata salva la sua porzione. Ulpiano non si sarebbe occupato di cosa tanto ovvia e patente. In secondo luogo perchè la risoluzione è data sulla

1 Cf. anche l. 76. pr. de l. 2., 1. 29. pr. de except. rei judic., l. 13. C. de inoff. test. I legati poi, e i fidecommessi, siccome dividui, sono dovuti per parte, d. l. 76. pr. de l. 2., d. l. 13. C. de inoff. test.

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figlia che non egit aut non obtinuit „. Ora è chiaro dalle cose dette, che se "non obtinuit... ossia se la sua diseredazione risultò valida e giusta, non si deve riservarle alcuna parte dal fratello esercente la querela, secondo la l. 17. pr. de inoff.test.- E dalle cose esposte s'intende, perchè nel caso potesse il diseredato agire per la metà e perchè non si applicasse il principio, che, ridotta la causa proporzionalmente ad intestata, possa la sentenza giovare anche a chi non agì colla querela, ossia perchè la sorella non concorresse col vincitore su quella metà presa da lui. Imperocchè se essa sorella agì pur essa in precedenza e non obtinuit; allora non le si deve dal fratello, che in seguito agisca, riservare alcuna parte, come or ora ricordavamo: nè essa parteciperà della vittoria di esso fratello, per due ragioni che sopra esponemmo, una a proposito della l. 25. § 1. de inoff. test., e l'altra a proposito di d. l. 17. pr. La diseredazione della sorella medesima sussisteva, perchè il testamento non vien rescisso per intero dalla querela del fratello, e così ella rimane esclusa. Inoltre essendo caso di diseredazione riconosciuta giusta per sentenza, e perciò anche intrinsecamente e per se stessa valevole, pure l'equità de' centumviri non avrebbe ammessa ab intestato la diseredata in occasione di querela promossa e vinta dal fratello. Che diremo dell'altra ipotesi segnalata da Ulpiano, cioè che la sorella diseredata non egit? Credo pel modo contestuale in cui il giureconsulto cumula questa ipotesi all'altra del non obtinuit, che egli tratti di diseredata, la quale non egit non già per mera accidentalità ma per avvenimento di eguale importanza ed efficacia a quello del non obtinuit. Vale a dire in seguito di risoluzione di volontà a non agire, ossia in seguito di rinuncia. E così torna tutto ciò che abbiamo notato per l'ipotesi che agì e fu perditrice. Potrebbe conservarsi la specie del fratello che perseguiti non la sola terza parte ma il semisse, anche nella ipotesi, che la sorella non avesse ancora agito per pura e mera accidentalità; riportando la cosa a quei casi, ne'quali la querela viene di fatto esercitata e vinta oltre il dritto dell' attore; dritto, che allora sarebbe stato nel

fratello pel solo triente. Nè dovrebbe la sorella diseredata partecipare della vittoria del fratello, per una delle due riportate ragioni. Perchè, stando le cose a questo punto, la diseredazione di essa sorella, sussistente per non essere tutto il testamento rescisso, le sarebbe di ostacolo.

Abbiamo esaminato l'importanza, l'origine, la ragione e l'eccezioni della regola che niuno può morire parte testato parte intestato. Nacque la regola quando il vasto concetto della famiglia romana e dei poteri che vi si esercitavano, persuasero gli autori del dritto civile a riguardare nelle disposizioni, che su di essa si prendevano al morire dell'attuale suo capo, un insieme di leggi relativamente completo. Accanto a detta regola, si formò pur l'altra, che niuno può morire con due o più testamenti, generata dagli stessi fattori. Allorquando si restrinse il concetto della famiglia, e gli antichi poteri familiari si estinsero; si cessò pure dal riguardare nelle mentovate disposizioni una specie di piena legislazione. Cadde allora la nostra regola: e, compagna nella fine come lo era stata nello esordire, cadde anco l'altra sulla singolarità del testamento. Ormai come altri può morire parte testato parte intestato cod. napol. art. 895, cod. ital. art. 759; così può lasciare morendo più d'un testamento, cod. napol. art. 1036, cod. ital. art. 920.

O. RUGGIERI.

CENNI BIBLIOGRAFICI

DI OPERE E DI PUBBLICAZIONI PERIODICHE

Stanislai Hosii S. R. E. Cardinalis, Maioris Poenitentiarii, episcopi Varmiensis (1501-1579), et quae ad eum scriptae sunt epistolae, tum etiam eius orationes, legationes. Tom. I. 1525-1550. Editionem curaverunt Dr. FRANCISCVS HIPLER, lycei regii Hosiani Brunsbergensis professor, et Seminarii dioecesis Varmiensis rector; et Dr. VINCENTIVS ZAKRZEWSKY, caesar. reg. Universitatis Cracoviensis professor. Cracoviae 1879 pagg. LXII, CLXIX, 476 in 4.o

Fra quegli uomini valorosissimi, che allo scoppiare della così detta riforma protestantica nel secolo XVI sostennero la Chiesa cattolica e la. Santa Sede, primeggia il gran cardinale Stanislao Hosius; la cui memoria si è con sommo onore risvegliata in questi nostri giorni. Nato nel regno di Polonia nell' anno 1501, il giovane Hosius si recò in Italia; e nella università di Bologna si applicò allo studio dell' una e dell' altra legge. Tornato in patria, fu nominato segretario della cancelleria del re, e dal medesimo fu più volte mandato ambasciatore all'imperatore Carlo V. Ottenne poscia un canonicato nella cattedrale di Varmia: e finalmente fu chiamato a reggere quella stessa sede vescovile. A cagione dei molti e dottissimi suoi scritti in difesa della religione, l'Hosius fu distinto con onori speciali dal sommo pontefice Pio IV; il quale lo delegò come nunzio al generale concilio di Trento. Ed in seguito creato cardinale di S. C. e Penitenziere maggiore, passò agli eterni riposi in Capranica il dì 5 agosto 1579.

Della nuova edizione dell' epistolario Hosiano andiamo debitori alla illustre Accademia imperiale di Cracovia; la quale diede incarico ai due rinomatissimi professori Dr. Hipler e Dr. Zakrzewsky di ricercare e raccogliere per tutta l' Europa le lettere vuoi scritte dall' Hosius, vuoi da altre persone a lui dirette. I varii documenti che fino ai nostri giorni son rimasti inediti ascendono a circa DIECI MILA, e giacevano nascosti in varie biblioteche ed archivi, specialmente d' Italia, Francia, Germania e Svezia. Ricchissima, sovra ogni altra biblioteca, di documenti dell'Hosius è quella del ginnasio di Linkoeping in Svezia; dove quei manoscritti furono trasportati dagli Svedesi, quando costoro nel secolo XVII saccheggiarono la più gran parte

della Germania.

Il tomo primo di questa nuova edizione si riferisce agli anni 1525-1550, е contiene 391 lettere, orazioni e relazioni delle ambascerie che l'Hosius sostenne in quel periodo di tempo. Il lettore v' incontrerà lettere dell'imperatore Carlo V, del re Ferdinando, dei re di Polonia, del card. Polo, dell' Erasmo e di tanti altri personaggi cospicui nella repubblica letteraria del secolo XVI. Tutti cotesti preziosi documenti fanno prova irrefragabile delle eminenti virtù, del grande ingegno e della vasta dottrina di sì illustre prelato, che non è secondo ad alcun altro suo conteinporaneo. Dipoi è da ammirarsi la somma sapienza dell' Hosius; il quale seppe predicare le più sublimi verità anche a principi e re.

Gli editori nulla hanno trascurato perchè l' edizione riesca il più possibile perfetta, aggiungendo non solamente accurati indici, ma anche tutte quelle annotazioni che valgono a facilitare l'intelligenza del testo. Speriamo che questa splendida ed importantissima opera, la quale tanto lume arreca alla storia ecclesiastica del secolo XVI, e sarà compiuta in cinque o sei volumi, verrà introdotta e diffusa anche in Italia: e che le nostre pubbliche biblioteche non tarderanno a fornirsene per vantaggio della scienza e per commodità degli studiosi.

DR. A. BELLESHEIM Vicario della metropolitana di Colonia.

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