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VII

vostra, dove il commercio vivificatore raccoglie tante genti diverse tutte attive ed operose, per cui le Nazioni si trovano strette con vincolo comune.

Voi ben iscorgerete, che questa mia lettera si risente del mio soggiorno in codesta vostra Trieste, dove fui accolto con la più gentile ospitalità.

Gradite, Signore, le ingenue proteste della mia verace stima.

Milano 28 Giugno 1824

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MEMORIE

DELLA VITA

DI

FRANCESCO PETRARCA

CH'EGLI STESSO NE LASCIÒ SCRITTE

NELLE OPERE SUE LATINE

(1) Voi forse potete aver udito parlar qualche cosa di me; benchè anche questo sia dubbio, se il mio nome piccolo ed oscuro sia per giugnere ad alcuna distanza o di luoghi, o di tempi. Voi pur forse desidererete di sapere, che uomo io mi sia stato, e quale stato sia il successo delle opere mie, massimamente di quelle delle quali la fama è a voi pervenuta, o di quelle che avete sentito appena nominare. E quant'è al primo, certamente saranno varie le voci degli uomini; perciocchè facilmente ognuno parla così, come lo move, non la verità, ma il proprio suo piacimento; e niuno suol porre modo o alla lode, od al biasimo. Della vostra schiatta io fui; un uom mortale, di poco pregio, e di famiglia antica, d'origine veramente,

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come di sè ha detto Cesare Augusto, nè grande, nè vile. Ben fu da natura l'animo mio buono, e verecondo; se non che m'ha nociuto la contagiosa usanza. L'adolescenza m'ingannò, la gioventù mi rapì seco, ma la vecchiezza m' ha corretto, e mi ha insegnato coll' esperienza essere vero ciò che lungo tempo innanzi io avea letto; che l'adolescenza, e'l piacere sono cose vane; anzi non la vecchiezza, ma quegli, che tutte l'età e i tempi ha fatto; il quale lascia alcuna volta i miseri mortali, gonfj del lor nulla, errare, acciocchè almeno in sul finir della vita, sovvenendosi de' loro falli, riconoscano sè medesimi.

Da giovane il mio corpo non ebbe grandi förze, ma pur ebbe molta destrezza; non forme eccellenti, di che non mi glorio, ma pu̟r tali, che potevano ne' più verdi anni piacere. (2) La canutezza, la quale, benchè rara, apparve già da' primi anni, io non so come, in sul mio capo giovanile; e la quale, essendomi sopravvenuta insieme colla prima lanugine, avea per gl' imbiancati capelli una certa non so qual dignità, come dissero alcuni, ed insieme aggiugneva alle fattezze del mio volto ancor tenero non lieve ornamento; ella pur nondimeno m'era spiacevole, perchè all'aspetto mio giovanile, di cui molto io mi compiaceva, almeno

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in quella parte opponevasi. (3) Io ebbi vivo il colore, infra'l bianco e'l bruno, gli occhi vivaci, e la vista per lungo tempo acutissima; la quale, fuori della mia aspettazione, mi mancò dopo il sessantesimo anno della mia età, così che, mio malgrado, mi convenne ricorrere a' visuali aiuti. Venne la vecchiezza; e sopra il mio corpo, per tutta l'età mia sanissimo, trasse l'usato multiplice stuolo delle infermità, che l' accompagnano.

ro,

(4) Ora sappiate, e il sappiano quelli, se ve ne saranno, i quali non abbiano a schifo di sapere l'umile mia origine; che io nell' anno di quest'ultima età, che ha tratto il principio ed il nome da Gesù Cristo, per lo quale e nel quale io spenell' anno, dico, mille trecento quattro, a' dì venti di Luglio in lunedì, in sul far dell'aurora, nella città d'Arezzo, nel borgo, come dicono, dell'Orto, (5) esule io nacqui da parenti onesti, di fiorentina origine, di fortuna mediocre, ed inclinata, a dire il verò, a povertà, ma dalla patria loro cacciati. (6) Io non fui mai nè molto ricco, nè molto povero. Tale è la natura delle ricchezze, che, crescendo elle, più ne cresca la sete, e più la povertà; la qual cosa però mai non mi fe' povero. Come più ebbi, meno desiderai, e come più abbondai, fu maggiore la tranquillità della

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