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Questo sonetto si divide in due parti: ne la prima dico la cagione, per che non mi tengo" di gire presso di questa donna; ne la seconda dico quello che mi diviene per andare presso di lei; e comincia questa parte quivi : E quand'io vi son presso [v. 3]. Anche, si divide questa seconda parte in cinque, secondo cinque diverse narrazioni: che ne la prima dico quello che Amore, consigliato da la ragione, mi dice" quando le sono presso; ne la seconda manifesto lo stato del cuore per exemplo del viso; ne la terza dico, sí come ogni sicurtà mi viene meno; ne la quarta dico che pecca quelli che non mostra pietà di me, acciò che mi sarebbe alcuno conforto; ne l'ultima dico perchè altri dovrebbero avere pietà, e ciò è per la pietosa vista, che ne li occhi mi giungne; la qual vista pietosa è distrutta, ciò è non pare altrui, per lo gabbare di questa donna, lo qual trae a sua simile operazione coloro, che forse vedrebbero questa pietà". La seconda parte comincia quivi: Lo viso mostra [v. 5]; la terza quivi: E per la ebrietà [v. 7]; la quarta: Peccato face [v. 9]; la quinta: Per la pietà [v. 12].

di me per la pietà - uccisa dal vostro gabbo, non sentita dagli altri a causa del vostro gabbo la quale pietà nasce o dovrebbe nascere (si cria) dall'aspetto smorto dei miei occhi, che hanno desiderio [o son contenti?] di morire. Per il periodo dei vv. 9-14 cfr. LISIO, 107. « La forma cria, crea (Inf. x1, 63; Purg. xv1, 80) è comune alla poesia e alla prosa toscana dei primi secoli, e si trova ancora nel Petrarca, son. Fontana di dolore, 6 (cfr. sonn. Que' ch'infinita, 3; Quando 'l pianeta, 12). Sta per * criea...» (PARODI nel Bull. III, 98).

33. non mi tengo, non mi trattengo, non mi astengo.

31. secondo ecc., quante sono le cose che vi narro.

35. quello che Amore... mi dice, cioè: fuggi, se'l perir t'è noia (v. 4). · 36. per exemplo del viso, per la prova che il mio volto dȧ dello stato mio interno » (Passerini). « Per l'imagine che dello stato dell'animo rende il mio volto » (Casini).

37. acciò che, per ciò che, poichè.

38. lo qual trae ecc., il quale gabbare di questa donna induce a far quello che fa lei, cioè a rider di me, coloro che forse avrebbero pietà di me. Altri leggono: la qual. Cfr. il BARBI nel Bull. IV, 36.

XVI

Appresso ciò ched io dissi, questo sonetto mi mosse una volontà di dire anche parole, ne le quali io dicessi quattro cose ancora sopra 'l mio stato, le qua' non mi parea che fossero manifestate ancora per3 me. La prima de le quali si è che molte volte io mi dolea, quando la mia memoria movesse la fantasia a imaginare quale Amor mi facca la seconda si è ch'Amore spesse volte di subito m'assalía si forte, che 'n me non rimanea altro di vita se non un pensero, che parlava di questa donna: la terza si è che quando questa battaglia d'Amore mi pugnava cosi', io mi movea, quasi discolorato tutto, per vedere questa donna, credendo che mi difendesse la sua veduta

XVI. 1. questo soneito mi mosse ecc., questo sonetto fece nascere in me il desiderio ecc. Altri pongono la virgola dopo sonetto e mettono questo principio in raffronto con quello del § XXI. Ma appresso ciò ched può significare poscia che?

2. le qua' non mi parea ecc. E veramente, chi ben guardi alle circostanze particolari delle prime tre cose, riconoscerà che Dante tal quali non le ha ancora manifestate. Egli ci aveva detto, sì, quale Amor lo facea (XIV e XV), ma non ci aveva detto ancora che spesso rivedesse ciò con la fantasia, e nel rivederlo provasse dolore; ci aveva detto, si, che tutti i suoi pensieri parlavano d'amore (x1) e che Amore rimaneva solo a veder Beatrice (XIV), ma non ch' « Amore spesse volte ecc. »; ci aveva detto, sì, ch'ei si discolorava per amore, e che dimenticava gli effetti della vista di Beatrice (xv), ma non che nella febbre dell'amore la cercasse per la ragione che credeva guarire. Quanto alla quarta cosa, l'aveva detta quasi tal quale nel § xv. 3. per, da; cfr. XII, 30.

4. « La prima de le quali, è espressa nei versi 1-4 del son.; la seconda nei v. 5-8; la terza nei v. 9-11, e la quarta nei v. 12-11; con una precisione di distribuzione del pensiero nei periodi metrici, che è una nuova prova delle tendenze scolastiche di Dante » (Casini).

5. che molte volte ecc., che spesso mi dolevo quando i ricordi del pas sato eccitavano la fantasia ad immaginare, ossia quando per via dei ricord io rivedevo nella immaginazione, in quale stato Amore mi riduceva. -movesse, eccitasse, facesse passare dalla potenza all'atto.

6. ch'Amore ecc., che spesse volte lontano da Beatrice sentivo così fortemente amore, che (diventando inerti tutte le facoltà) non rimaneva in me altro segno di vita che il pensare a questa donna; la mia vita si racco glieva nel pensare a lei.

7. che quando ecc., che quando questo travaglio d'amore che ora ho detto mi oprimeva così. Per battaglia cfr. xiv, 1.

da questa battaglia, dimenticando quello che a propinquare a tanta gentilezza m'addivenía: la quarta si è come cotal veduta non solamente non mi difendea, ma finalmente disconfiggea la mia poca vita'; e però dissi questo sonetto, il qual comincia:

8

[SONETTO IX]

Spesse fïate vegnonmi a la mente1o
l'oscure qualità" ch'Amor mi dona;
e vienmene pietà sicchè sovente

io dico: « lasso! avvien egli a persona12 ? »

Ch'Amor m'assale subitanamente

sicché la vita quasi m'abbandona13:
campami un spirto vivo solamente,

e que' riman, perché di voi ragiona1.
Poi mi sforzo, ché mi voglio aitare15:
e cosí smorto, d'onne valor voto,
11 vegno a vedervi, credendo guerire":

e s'i' levo gli occhi per guardare,
nel cor mi si comincia un terremuoto1,
14 che l'anima da' polsi fa partire20.

9. a propinquare ecc., nell'avvicinarmi a donna tanto gentile. 9. finalmente disconfiggea ecc., compiva la distruzione della mia vita; cioè se io ero mezzo morto, essa finiva di uccidermi. Cfr. la n. 20. 10. a la mente, alla memoria; cfr. 1, 3.

11. l'oscure qualità: il tremor del cuore, la pallidezza del viso, il venir meno degli spiriti sensitivi, e generalmente la schernevole... vista > (Witte); oscure, tristi, angosciose, come ogni cosa priva di luce; cfr. xxxv, 17; qualità, condizioni, modi di essere; cfr. ivi e XXXI, 24.

12. lasso ecc., ohimė! accade ad altri ciò che accade a me? c'è altri che per Amore abbia le stesse oscure qualità che ho io?

13. la vita m'abbandona, per l'arrestarsi delle funzioni delle facoltà. 14. campami, mi salva dallą morte soltanto il pensiero di voi. Nella prosa: non rimanea altro di vita, se non un pensero, che parlava di questa donna ».

15. mi sforzo, perchè non potrei, essendo stato abbandonato quasi dalla vita. mi voglio ecc., cerco di rimettere in esercizio le facoltà.

16. d'onne valor voto, privo di tutte (onne, cfr. 11, 33) le forze.

17. credendo guerire, credendo che la vostra vista mi ridia le forze, le facoltà.

18. e, qui lega al precedente un pensiero avversativo.

19. terremuoto, tremore violentissimo. Qui Dante adopera un'espressione un po' esagerata come nell'Inf. xxxi, 106-8:

Non fu tremuoto già tanto rubesto, che scotesse una torre così forte,

come Fialte a scotersi fu presto.

20. che l'anima da' polsi ecc., ossia che mi fa morire. Si confronti il son. Io sentia del Petrarca, rilevandone la diversa contenenza e la diversa into

MELODIA.

La Vita Nuova.

8

Questo sonetto si divide in quattro parti, secondo che quattro cose sono in esso narrate: imperò che son di sopra ragionate, non m'intrametto" se non di distinguere le parti per li loro cominciamenti"; onde dico che la seconda parte comincia quivi: Ch'Amor [v. 5]; la terza quivi: Poi mi sforzo [v. 9]; la quarta quivi: Es'i' levo gli occhi [v. 12].

nazione (vedi la mia Difesa di F. Petr., 48 sgg.): il poeta, che non ha visto da alcun tempo Laura, per non morirne si induce a cercarla, sebbene tema di esserle mol sto; la rivede e ne ha tanto di vita:

mi condusse vergognoso e tardo

a riveder gli occhi leggiadri, ond'io,
per non esser lor grave, assai mi guardo.
Vivrommi un tempo omai, ch'al viver mio
tanta virtute ha sol un vostro sguardo;
e poi morrò, s'io non credo al desio.

Si può confrontare anche il son. di Dante Dagli occhi della mia donna (ZINGARELLI, 379).

21. m'intrametto, mi occupo; come in un antico rimatore (Ant. rim. volg. 1, 422): Chi'ntra noi partimento S'intramise di fare Agian da Dil tal guerra; dove è certamente un provenzalismo » (Casini).

22. distinguere le parti, così leggo come propone il BARBI nel Bull. VIII, 30. La lezione del Chigiano L, VIII, 305 strignere le parti potrebbe spiegarsi : raccoglierle tutte in breve spazio indicandole con le parole con cui cominciano e tralasciando di accennare alla loro contenenza.

XVII

Poi che dissi questi tre sonetti', ne li quali parlai a questa donna, però che fuoro narratori di tutto quasi lo mio stato, credendomi tacere e non dire piú però che mi parea di me aver assai manifestato, avvegna che sempre poi tacesse di dire a lei, a me convenne' ripigliare matera nuova e piú nobile che la passata". E però che la cagione" de la nova materia è dilettevole a udire, la dicerò quanto potrò più brievemente.

XVII. 1. questi tre sonetti, i son. VII, VIII, IX dei §§ XIV, xv, XVI, i quali sono legati come in unità, descrivendo tutti e tre quello che in Dante soleva produrre la presenza di Beatrice.

2. parlai a questa donna, rivolsi il mio discorso direttamente a questa donna (cfr. son. VII, 2: e non pensate, donna, onde si mova; vIII, 2: quando vegno a veder voi, bella gioia; IX, 11: vegno a vedervi).

3. però che fuoro ecc., poichè esposero quasi tutta la mia condizione, cioè quale divenivo guardando Beatrice. Questa è la ragione per cui Dante credette tacere; così come nelle parole però che mi parea di me aver assai manifestato è forse la ragione per cui credette non dire più.

4. credendomi, sebbene credessi, mentre ritenevo giusto.

5. e non dire più, non far versi più; innanzi al non ripeti credendomi. 6. avvegna che, sebbene.

7. tacesse, lasciassi, mi astenessi; cfr. Guittone, canz.: Si mi destringe forte, 56-57: E dolente mi taccio Di ciò pensare (ed. Firenze, 1828, 1. 196; ma nell'ediz. del Pellegrini questo passo si legge diversamente).

8. a lei, « di fatto colla canzone che viene appresso Dante incomincia a parlare di Beatrice indirettamente, volgendo il discorso a donne in seconda persona; cfr. § XIX, 5» (Casini).

9. a me convenne, sentii il bisogno. Osserva bene l'organismo di questo periodo, certo non facile. L'idea principale, s'intende, è a me convenne ecc.; ad essa è preposta un'idea avversativa credendomi ecc. (mentre credevo di tacere... tuttavia sentii il bisogno...); tra l'una e l'altra è messa una idea correttiva avvegna che ecc. (ripigliai si a parlare, ma, come m'ero proposto, non più a lei).

10. matera nuova e più nobile, cioè, come dirà nel § XVIII, 25, « quello che fosse loda di questa gentilissima ». Quanto a matera, cfr. xIII, 28.

11. che la passata: « Le dieci poesie contenute sino a questo punto del libro, appartengono pel tempo, ai primi anni della gioventù di Dante [12831287 circa]; per l'arte, alla sua prima forma, anzi al periodo nel quale egli non aveva ancora trovato la sua propria forma di poetare: e per la storia dell'amor suo, alla prima e più naturale maniera dell' affetto per Beatrice >> (D'Ancona, e cfr. l'introduzione).

12. la cagione, è quella che narrerà nel seg. paragrafo.

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