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ne le quali parole io conchiudesse" tutto ciò che inteso avea da queste donne. E però che volentieri l'averei domandate, se non mi fosse stata riprensione", presi tanta matera di dire3, come se io l'avessi domandate, ed elle m'avessero risposto. E feci due sonetti; ché nel primo domando in quel modo che voglia mi giunse" di domandare; ne l'altro dico la loro risponsione, pigliando ciò ch'io udío da loro, sí come lo m'avessero detto rispon

22. conchiudesse, comprendessi, raccogliessi.

23. se non mi fosse ecc., se l'interrogare le donne, in quel momento di dolore, non fosse stato sconveniente, indiscreto, e quindi meritevole di rimprovero.

24. presi come se ecc.; intendi: nel dire in versi tanta materia (sott. quanta è quella già esposta) finsi che ecc. matera di dire, oggi diremmo materia, senz'altro.

25. E feci due sonetti ecc. « Non formano per il modo col quale è svolto l'argomento un vero contrasto ». Cosi il BIADENE (in Studi di filol. romanza, Iv, 117), che nondimeno li ricorda quando parla del contrasto, del quale nelle pp. 114-115 dice così: « va... notata la particolarità formale per cui il Contrasto si differenzia dalla Tenzone: i sonetti che lo compongono hanno ordinariamente rime diverse l'uno dall'altro... Il Contrasto si svolge ordinariamente tra l'amante e l'amata; ma qualche volta gli interlocutori cambiano, e uno di essi o tutti due sono esseri inanimati personificati dal poeta »; cfr. anche 111, 21. « Ai due sonetti qui registrati potrebbesi aggiungere quello che comincia: Onde venite voi così pensose: e tale è anche l'opinione del Giuliani. E, se ne fosse provata l'autenticità, dal Giuliani negata, meglio ancora vi si congiungerebbe l'altro: Voi, donne, che pietoso atto mostrate » (D'Ancona, e cfr. anche SALVADORI, 82 e ZINGARELLI, 122 e 712). Ecco il primo:

Onde venite voi così pensose? Ditemel, s'a voi piace, in cortesia: ch'i' ho dottanza che la donna mia non vi faccia tornar così dogliose.

Deh! gentil donne, non siate sdegnose,
nè di ristare alquanto in questa via,

e dire al doloroso, che disia
udir della sua donna alcune cose;

avvegnachè gravoso m'è l'udire:
si m'ha in tutto Amor da sè scacciato,
ch'ogni suo atto mi trae a finire.

Guardate bene, s'io son consumato;
ch'ogni mio spirto comincia a fuggire,
se da voi, donne, non son confortato.

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Il CESAREO (Su le « Poesie volgari» del Petrarca, Rocca S. Casciano, 1898, pp. 145 sgg.) scrive: Un'immaginazione propria d'alcuni poeti dello stil nuovo è quella del poeta che incontra una schiera di donne e domanda loro notizie della sua amica. Forse Dante fu il primo a trovare quest' elegante motivo... L'artifizio gentile fu ripreso da Cino», son. Come non è con voi, son. Or dov'è, donne; da Francesco da Barberino nel Reggimento (p. 94) e dal Petrarca, son. Liete e pensose.

26. mi giunse, mi venne.

MELODIA.

La Vita Nuova.

11

dendo. E comincia lo primo: Voi che portate la sembianza umile; e l'altro: Se' tu colui c'hai trattato sovente.

[SONETTO XII

Voi, che portate la sembianza umíle, cogli occhi bassi mostrando dolore2, onde venite, che 'l vostro colore

4 par divenuto de pietà simíle28 ?

Vedeste voi nostra donna gentile bagnar nel viso suo di pianto Amore??? Ditelmi, donne, ché mil dice il core3",

27. Voi che ecc. Voi che andate con l'aspetto dimesso (umile, spiegato anche dal seguente cogli occhi bassi, cfr. XI, 6) dimostrando con gli occhi bassi il dolore interno.

28. 'l vostro colore ecc., il vostro colore par simile a quello di chi sente pietà di dolorosi casi altrui, ossia dal colore del vostro viso si argomenta che voi sentite compassione di dolorosi casi altrui (e intendi: per Beatrice afflitta). Cfr. il v. 12 del son. seg. e il § XXXVI (vista pietosa; Color d'amore e di pietà sembianti). Il Carducci legge di pietra, si fonda sul dubbio Purg. XXXIII, 74 e spiega: « colore simile di pietra è colore scuro, o, meglio ancora, il pallor livido di chi ha sofferto o veduto cose terribili o dolorose; è il colore di chi si consuma internamente di cordoglio ».

29. bagnar ecc.; poichè Beatrice negli occhi porta Amore, come sappiamo dal 1.o v. del son. del paragrafo preced., quand'ella piange, lo bagna di lacrime; sicchè, scrive il Carducci, la imagine risponde intieramente al simboleggiare e al modo di rappresentare di Dante. Ed è un'imagine tutta bella, tutta nuova, tutta nel gusto italiano; tanto che di questo solo verso tre dei nostri poeti [Lorenzo dei Medici; l'Ariosto, Orl. Fur. XI, 64-66; Niccolò D'Arco, Numeri III, LII] han saputo cavare e ritrarre ciascuno un quadretto separatamente vaghissimo ». Ecco quello di Lorenzo:

Oimè, che belle lacrime fur quelle
che 'l nembo di disio stillando mosse,
quando il giusto dolor che 'l cor percosse
sali poi su ne l'amorose stelle!

Rigavan per la delicata pelle

le bianche guance dolcemente rosse,
come chiar rio faria che 'n prato fosse
fior bianchi e rossi, le lacrime belle.

Lieto Amor stava in l'amorosa pioggia;
com'uccel, dopo il sol, bramate tanto

lieto riceve rugiadose stille.

Poi piangendo in quell'occhi ov'egli alloggia, facea del bello e doloroso pianto

mirabilmente uscir dolci faville.

Altri lessero: Bagnata il viso di pietà d'amore, altri: Bagnata il viso di pianto d'amore. Il Bonghi fa qualche obbiezione al Carducci e vorrebbe leggere nella 1.a di queste due maniere il 6.o verso e Par divenuto di pietade umile il 4.o.

30. ditelmi ecc., confermatemelo (ditelmi) voi, chẻ me lo fa presentire (dice) il cuore. Mil dice il core: espressione affettuosissima!

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8 perch'io vi veggo andar sanz'atto vile".
E se venite da tanta pietate,
piacciavi di restar qui meco alquanto,
e qual che sia di lei, nol mi celate:

io veggio gli occhi vostri c'hanno pianto,
e veggiovi tornar sí sfigurate,

14 che 'l cor mi triema di vederne tanto.

Questo sonetto si divide in due parti. Ne la prima chiamo e domando queste donne se vengono da lei, dicendo loro ch'io lo credo, imperò che tornano quasi ingentilite. Ne la seconda le prego che mi dicano di lei; la seconda comincia quivi: E se venite [v. 9].

Qui appresso è l'altro sonetto, sí come dinanzi avemo

narrato:

[SONETTO XIII]

Se' tu colui, c'hai trattato sovente
di nostra donna, sol parlando a nui34?
Tu risomigli a la voce pur lui,

4 ma la figura ne par d'altra gente.
E perché piangi tu sí coralmente,

che fai di te pietà venire altrui ?
Vedestú pianger lei, ché tu non pui37

8 punto celar la dolorosa mente?

Lascia pianger a noi, e triste andares,

31. sanz'atto vile, cioè, per quanto dimesse, tuttavia non ignobilmente, ma gentilmente, come quelle che tornavano dall'aver veduto Beatrice che fa andar vestite di gentilezza le donne che si ritrovano con lei (cfr. xxvi). Pur nel dolore quelle donne serbavano una nobile compostezza, e da questa Dante argomentava ch'esse avevano veduto Beatrice; cfr. più sotto: «e domando ecc. ».

32. pietate, pietosa o commovente vista, qual'era quella di Beatrice ad dolorata. In tal senso è piéta nell'Inf. VII, 97 e XVIII, 22.

33. che 'l cor ecc., che mi sento commosso a veder del dolore (ne) di Beatrice solo gli effetti prodotti in voi (tanto, cfr. XVIII, 20). Altri intendono vederne per veder voi. È un fenomeno Osserva lo ZINGARELLI, 120 di una grande realtà, toccato con garbo squisito ».

34. sol parlando a nui,« chè non è cosa da parlarne altrui », come Dante stesso ha detto nel § XIX. Cfr. XIX. 5.

-

35. pur, si, bene: pleonastico, rafforzativo, in relazione col seguente ma. d'altra gente, d'altro uomo; cfr. la n. 19.

36. vedestů, forma contratta per vedesti tu, come nell'Inf. vi, 117.

37. pui, usato per la rima invece di puoi.

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38. Lascia ecc., « lascia a noi, che abbiam veduto tanta pietate, il pianto

e il doloroso aspetto (Passerini).

(e' fa peccato chi mai ne conforta3), 11 che nel su' pianto l'udimo" parlare. Ell'ha nel viso la pietà sí scorta“, che qual l'avesse voluta mirare,

14 sarebbe innanzi lei piangendo morta".

Questo sonetto ha quattro parti, secondo che quattro modi di parlare" ebbero in loro le donne per cu'io rispondo. E però che son di sopra assai manifesti, non mi trametto" di narrare la sentenzia de le parti, e però le distinguo solamente. La seconda comincia quivi: E perché piangi [v. 5]; la terza: Lascia piangere a noi [v. 9]; la quarta: Ell'ha nel viso [v. 12].

39. e' fa peccato chi mai ne conforta : queste parole, secondo il PASCOLI (184), sono l'applicazione di tali altre [dello Stabat Mater]:

Fac me tecum pie flere...

Et me tibi sociare

in planctu desidero...

Fac me tecum plangere.

È un dolore necessario e santo; consolarsene è far peccato. Or quando vediamo tanta somiglianza di dolore e di effetti di dolore [cfr. anche la n. 8], non crediamo più che sia mera formula quella con cui Dante inizia il ca pitolo: si come piacque al glorioso Sire, lo quale non negoe la morte a sẻ *.

40. udimo, in luogo di udimmo. Cfr. il BARBI nel Bull. IV, 35, n. 1. 41. pietà, qui, dolore da muovere a pietà. gi scorta, così manifesta. 42. sarebbe ecc.; intendo: sarebbe morta piangendo davanti a lei. Dante qui manifesta in sostanza lo stesso pensiero che nella prosa « Certo ella ecc. », ma esprimendo il pianto di Beatrice col dire che ha « nel viso la pietà », e la pietà delle donne col dire che morrebbero «< piangendo. Altri crede che piangendo stia per piangente e si riferisca a Beatrice; e altri che innanzi significhi prima di.

43. quattro modi ecc.: « le donne espressero parlando quattro pensieri, chi fosse Dante, perchè egli piangesse, perchè esse dovevano piangere, e come avesser veduto Beatrice dolorosa. Anche qui si nota la precisione del distribuire i pensieri nei periodi metrici, già rilevata al cap. xvi, 4 » (Casini). 44. mi trametto, mi occupo; cfr. xv1, 21.

XXIII

Appresso ciò pochi dí, avvenne che in alcuna parte2 de la mia persona mi giunse una dolorosa infermitade, ond'io continuamente sofiersi per nove dí amarissima pena; la quale mi condusse a tanta debolezza3, che me convenia stare come coloro, li quali non si possono muovere. Io dico che nel nono giorno sentendome dolere quasi intollerabilemente, a me giunse un pensero, lo quale era de la mia donna. E quando ebbi alquanto pensato di lei, ed io ritornai

XXIII. 1. appresso ciò ecc. « Inutile richiamare l'attenzione del colto lettore sulla bellezza della prosa e dei versi che seguono: non inutile forse invitarlo a considerare se tanta fiamma di affetto e calore di espressioni possano riferirsi soltanto a qualche simbolica significazione, anziché a donņa viva e vivamente amata >> (D'Ancona).

2. in alcuna parte, in una parte, che era determinata, ma che a Dante non importa qui di determinare. Nello stesso senso vedremo << in alcuna parte» nel principio del § XXIV. Senso determinato ha alcuno (press'a poco, come in latino quidam) in VIII, 25 (passando per alcuna parte); XII (ricevea da te alcuna noia); secondo me, anche nel v. 42 della canz. del § xix, sebbene altri la pensi diversamente (cfr. p. 144), in xx, 2; XXIII, 50; e forse in XXVIII, 15. Questi esempi sono da aggiungere a quelli addotti dal CIPOLLA (Atti d. R. Acc. d. sc. di Torino, vol. XXIX, pp. 576 sgg. e Atti d. R. Ist. Ven. d. sc. lett. ed arti, s. VII, t. vi, pp. 986 sgg.) di alcuni dei quali si può dubitare (cfr. il FORNACIARI nel Bull. 1, 150 e il BELLONI nel Giorn. st. XLI, 393-4), ma di altri no, come, p. es., dei sgg.: Purg. IV, 80: Che si chiama Equatore in alcun'arte, cioè in una data arte, che è l'astronomia; Purg. VI, 28 in alcun testo, cioè nell'Aen. vi, 576. Nella n. 10 troveremo alcuna volta, dove alcuna per Dante non può avere che senso indeterminato, e solo per Dio, se mai, può averlo determinato. Senso indeterminato ha alcun anche in 1, 36 ecc. Senso determinato e indeterminato può avere in xxv, 26 e 43. 3. mi condusse ecc., mi ridusse così debole.

4. stare, cioè nel letto.

5. sentendome ecc., sentendo un dolore quasi insopportabile.

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6. E quando ebbi... ed io ritornai; secondo la sintas comune, dovrebbe dire - senza ed io ritornai; ma qui segue un uso frequente presso gli antichi, dai quali « quando si vuol mostrare che due azioni accadono nello stesso tempo, o immediatamente si seguono, la prima si lascia sospesa per mezzo di un avverbio temporale relativo (per. es. mentre, quando, come, e sim.) e la seconda s'introduce colla copulativa e»: cfr. IV, 15; XXIV, 2; XXXVII, 12; XXXVIII, 5; Inf. xxv, 49-50. « E non solo si pone quest'e in vere proposizioni temporali, o solamente per mostrare l'accompagnarsi rapidissimo di due azioni, ma anche si trova usato in altre proposizioni; e in generale, è un mezzo per far risaltare la propoz. principale che si trovi posposta alla subordinata; per esempio, nel Bocc. Nov. 24 poichè tu così mi prometti,

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