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<< Deh, consoliam costui! »
pregava l'una l'altra umilemente;

e dicevan sovente:

<< Che vedestú, che tu non hai valore9? »
E quando un poco confortato fui,
28 io dissi: « Donne, dicerollo" a vui.

Mentr'io pensava la mia frale vita,
e vedea 'l suo durar com'è leggero,
piansemi Amor nel core, ove dimora;
per che l'anima mia fu sí smarrita,
che sospirando dicea nel pensero:

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ben converrà che la mia donna mora!
Io presi tanto smarrimento" allora,
ch'io chiusi li occhi vilmente gravati”;
e fuoron sí smagati?3

li spirti miei, che ciascun giva errando:
e poscia imaginando,

di canoscenza e di verità fora”,

visi di donne m'apparver crucciati,

42 che mi dicean:

pur morràti, morràti".
Poi vidi cose dubitose76 molte

nel vano imaginar", dov'io entrai;
ed esser mi parea non so in qual loco,
e veder donne andar per via disciolte",

che fa 'n quel punto le persone accorte
che dicono in fra lor: quest'à dolore,
e già, secondo che ne par de fore,
dovrebbe dentro aver novi martiri.

Io pur rimango in tant'aversitate
che qual mira de fore

vede la morte sotto al meo colore.

69. valore, coraggio. Nella prosa: « mi domandavano di che io avessi avuto paura ».

70. dicerollo, lo dirò. Dante amò le forme intere latine di questo verbo, dicere, dicerò, dicerei. Cfr. xxxi, 18 e Inf. III, 45; XVI, 17, 84; Purg. XXVIII, 88; Par. XXVIII, 62, e ZINGARELLI, Parole, 23.

71. presi smarrimento, mi smarrii. Così nel Purg. XIII, 120: letizia presi per gioii.

72. li occhi vilmente gravati; cfr. Purg. xxx, 78 e Par. XI, 88.

73. furono si smagati, tanto vennero meno; cfr. XII, 66.

74. di canoscenza e di verità fora, inetto a concepire il vero, il reale. Il Petrarca, in un momento di meraviglia, dirà (canz. Chiare, fresche, 56-60): Così carco d'oblio... M'aveano, e si diviso Da l'imagine vera...

75. pur morràti; cfr. la n. 15. Altri interpunge: dicean pur: morràti, morràti.

76. cose dubitose, cioè le spaventevoli cose che dirà nei versi segg. 77. nel vano ecc., nell'erronea visione.

78. disciolte, scapigliate.

qual lagrimando, e qual traendo guai",
che di trestizia saettavan foco80.
Poi mi parve vedere a poco a poco
turbar lo sole ed apparir la stella1,
e pianger elli ed ella;

cader li augelli volando per l'âre®2,
e la terra tremare;

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ed omo apparve scolorito e fioco®3,
dicendomi : Che fai? non sai novella?
56 morta è la donna tua, ch'era sí bella84.
Levava li occhi miei bagnati in pianti,
e vedea (che parean pioggia di manna85)
li angeli che tornavan suso in cielo,
ed una nuvoletta avean davanti,
dopo la qual gridavan tutti:

Osanna,

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79. traendo guai, lamentandosi fortemente; cfr. Inf. v, 48 ecc. 80. di trestizia saettavan foco: cfr. Inf. XXIX, 44-45:

Lamenti saettaron me diversi,

che di pietà ferrati avean gli strali.

Bellissimi di forza e d'ardimento » i vv. 47-48, nota il FEDERZONI (p. 58), « c'è già di quell'efficace ardimento che fa sentir maturo l'ingegno del poeta alla fierezza delle immaginazioni infernali ». Cfr. la n. 19.

81. la stella, sta qui per sineddoche invece del plurale le stelle usato nella prosa precedente. Altri crede che designi l'astro di Venere, come talora presso gli antichi poeti.

82. åre, contrazione di aere, aire.

83. scolorito e fioco, pallido e che quasi non poteva parlare per lo sgomento. Cosi per lo spavento Dante nell'Inf. xxxiv, 22 diviene gelato e fioco. 84. morta è la donna tua, ch'era si bella: « un mondo di sentimenti, di rimembranze dolorose si condensa in queste poche parole » (GASPARY, 1, 203). In particolare, si rilevi l'efficace posizione di morta e bella (LISIO, 162).

85. che parean pioggia di manna. « Il paragone non pare esatto se si osservi che la pioggia cade e gli angioli salivano: ma il termine di somiglianza sta nella candidezza del colore e nella placidezza del movimento ». Così il D'Ancona. Al modo, non alla direzione del movimento, guardò Dante anche quando per dire che i beati s'innalzavano tranquillamente verso l'Empireo con quella calma e regolarità che è propria della neve cadente a larghi fiocchi sulla terra, scrisse i vv. 67-72 del Par. XXVII:

Si come di vapor gelati fiocca

in giuso l'aer nostro, quando il corno
della Capra del ciel col sol si tocca;

in su vid'io così l'etere adorno

farsi, e fioccar di vapor trionfanti,

che fatto avean con noi quivi soggiorno.

Il D'Ancona raccolse alcuni usi singolarissimi delle parole pioggia e piovere presso i nostri antichi rimatori: piove Amore, foco d'Amore; piovon martiri; piovono dolcezza, allegrezza, luce, paura, fiori, ecc.

MELODIA. La Vita Nuova.

12

e s'altro avesser detto, a voi dirèlo".
Allor diceva Amor: Piú nol ti celo;
vieni a veder nostra donna che giace87.
Lo imaginar fallace

mi condusse a veder madonna morta;
e quand'io l'ebbi scorta,

vedea che donne la covrían d'un velo;
ed avea seco umilità88 verace,

70 che parea che dicesse: - Io sono in pace89!
Io divenía nel dolor sí umile,

veggendo in lei tanta umiltà formata,
ch'io dicea: Morte, assai dolce ti tegno:
tu dei omai esser cosa gentile,

poi che tu se' ne la mia donna stata,
e dèi aver pietate, e non disdegno9o.
Vedi che si desideroso vegno

d'esser de' tuoi, ch'io ti somiglio in fede"1.
Vieni, ché 'l cor te chiede.

Poi mi partía, consumato ogni duolo"";
e quand'io era solo,

dicea guardando verso l'alto regno:
Beato, anima bella, chi ti vede!

84 Voi mi chiamaste allor, vostra mercede"».

Questa canzone ha due parti: ne la prima dico, par

S6. e se altro ecc. Nella prosa dice in modo semplice e ovvio: ed altro non mi parea udire; nella poesia scrive questo verso che forse giustamente è parso una zeppa, cui il poeta sarebbe stato « trascinato dalla rima o dalla necessità di compiere il periodo poctico prima di passare ad altro ordine di idee » (BARBI nel Bull. x, 93, n. 1). Vero è che il PASCOLI (185) osserva: Beatrice è così assunta in cielo, come Maria. E noi possiamo dichiarare quel verso, che può sembrare ad alcuno posto per la rima: «e se altro avesser detto, a voi dirėlo ». Dante vuol dire che non sonavano intorno all'assunta se non voci di gioia. Perchè potrebbe parer ragionevole, che qualche voce di pianto s'udisse dalla terra ».

87. che giace, cioè morta.

88. umilità, vedi la n. 35.

89. Dei vv. 69-70 il GASPARY (1, 203) scrive: << già si riconosce il poeta della Comedia e la sua capacità a presentarci all'anima in brevi tratti un'immagine completa, piena di affetto ».

90. disdegno, cioe di me, che t'invoco.

91. in fede, «<< veracemente, dacchè ei portava il colore di morte » (Giuliani). Il LISIO, 93, nei vv. 77-78 rileva una fermata nemica all'armonia finita del verso.

92. consumato ogni duolo, compiuto ogni doloroso officio funebre; cfr. la

nota 39.

93. verso l'alto regno, verso il cielo dov'era l'anima di Beatrice.

94. vostra mercede, per vostra grazia, per grazia della vostra bontà; con che ringrazia le donne.

lando a indifinita persona", com'io fui levato d'una vana fantasia" da certe donne, e come promisi loro di dirla : ne la seconda dico, come io dissi a loro. La seconda comincia quivi: Mentr'io pensava la mia frale vita [v.29]. La prima parte si divide in due: ne la prima dico quello che certe donne, e che una sola ", dissero e fecero per la mia fantasia, quanto è dinanzi ched io fossi tornato in verace condizione"; ne la seconda dico quello che queste donne mi dissero, poi che io lasciai questo farneticare; e comincia questa parte quivi: Era la voce mia [v. 15]. Poscia quando dico: Mentr' io pensava la mia, dico com' io dissi loro questa imaginazione; ed intorno a ciò foe due parti. Ne la prima dico per ordine questa imaginazione; ne la seconda, dicendo a che ora" mi chiamaro, le ringrazio chiusamente100; e comincia quivi questa parte: Vi mi chiamaste [v. 84].

95. parlando a indifinita persona; cioè senza rivolgermi ad alcuna persona determinata.

96. levato ecc., riscosso da un'erronea visione.

97. quello che certe donne, e che una sola: « questa è la giovine e bella parente di Dante, quelle sono le donne che erano con lei nella stanza » (Casini).

98. dinanzi ecc., prima che io fossi richiamato alla realtà.

99. a che ora, in quale momento della visione.

100. chiusamente, brevemente, poichè infatti, dopo il lungo e diffuso racconto della visione, alle donne Dante dedica un verso solo » (Casini). Il Giuliani intende « in modo implicito »; ma« vostra mercede », nota il Casini, è ringraziamento esplicito. Il Canevazzi: « a modo di chiusa ».

XXIV

Appresso questa vana imaginazione, avvenne un die', che sedendo io pensoso in alcuna parte, ed io mi sentío cominciare un terremuoto nel cuore, cosí come io fossi stato presente a questa donna. Allora dico che mi giunse una imaginazione d'Amore: chè mi parve vederlo venire da quella parte ove la mia donna stava; e pareami che lietamente mi dicesse nel cor mio: « Pensa di benedicere lo di che io ti presi, però che tu lo dèi fare ». E certo me parea avere lo cuore si lieto, che non me parea che fosse lo mio core, per la sua nuova condizione'. E poco dopo queste parole, che lo core mi disse con la lingua d'Amore, io vidi venire verso me una gentile donna",

XXIV.

1. un die, un di, un giorno; cfr. ix, 1.

2. avvenne... che sedendo

.....

ed io; cfr. XXIII, 6.

3. terremuoto, grande commovimento, grande tremore, come dirà Dante stesso più sotto nella divisione (cfr. xiv, 19 e XVI, 19).

4. mi dicesse ecc. Amore dice, parla spesso nei poeti dello stil nuovo. Cfr. AZZOLINA, pp. 8-12.

5. benedicere lo di ecc. « Nella poesia popolare erotica incontra di fre quente che l'amante benedica o maledica l'amore causa delle sue gioie o delle sue pene. D'ordinario egli benedice o maledice l'anno, il mese, il giorno, l'ora, il punto del suo innamoramento ». Cfr. il BIADENE (Studi di filol. rom. Iv, 15 sgg.), il quale, fra gli altri, ricorda il son. Io maledico il dì ch'io vidi in prima La luce de' vostri occhi traditori ecc. attribuito a Dante e a Cino da Pistoia, e quello del Petrarca Benedetto sia 'l giorno e'l mese e l'anno, il cui principio i vecchi commentatori « consideravano... come una imitazione del verso Ben aial temps el jorns e l'ans el mes nella canzone di Guiraut de Borneill o di Peire Vidal che sia Non es savis ni gaire ben apres (st. II, v. 1; cfr. MAHN, Gedichte, n.° 869 e BARTSCH, Grundriss zur Geschichte der provenzalischen Literatur, indice delle poesie, n.o 212, 50). Noi diremo essere molto più probabile invece che tanto l'autore della canz. prov. quanto il Petrarca abbiano riprodotto una formola della poesia popolare ». Cfr. anche il comm. del Carducci al son. del Petrarca, e il Cavalcanti, ball. Quando di morte, 31 segg.

6. io ti presi, ti vinsi, ti feci innamorare di Beatrice. Cfr. III, 27.

7. non me parea ecc. Il cuore di Dante prima era triste per la morte del padre di Beatrice e per la dolorosa visione del paragr. preced. ; ora è lieto perchè presente un'altra visione ben diversa.

8. parole che lo core mi disse con la lingua d'Amore, forma diversa dello stesso pensiero manifestato poco prima: [Amore] mi dicesse nel cor mio. 9. una gentile donna, quella, tra le donne amate dal Cavalcanti, che aveva nome Giovanna o Vanna, ma era soprannominata Primavera per la ra

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