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XXXIV

In quello giorno', nel quale si compiea l'anno che questa donna era fatta de li cittadini di vita eterna2, io mi sedea in parte, ne la qual ricordandomi di lei disegnava

XXXIV. 1. in quello giorno ecc., cioè nel primo anniversario della n.orte di Beatrice (cfr. xxix, 1).

2. era fatta ecc., morendo, era andata ad abitare tra i beati. Cfr. Pur gatorio, XIII, 94-6:

O frate mio, ciascuna è cittadina d'una vera città; ma tu vuoi dire, che vivesse in Italia peregrina.

Nelle Poésies populaires latines antérieures au XII siècle, ed. Du Méril, p. 192 (cit. dallo SCARANO negli Studi di filol. rom., VIII, 321, n. 2): Sie caelesti veste cives stabant inter coeli cives. Petrarca, canz. Spirto gentil, 44-45; son. Deh porgi mano, 3-4 rispettivamente (cfr. anche son. Li angeli, 2 cit. in XXXIII, 25):

L'anime che lassù son cittadine

et hanno i corpi abbandonati in terra...
Per dir di quella ch'è fatta immortale
e cittadina del celeste regno.

3. in parte ecc., pare, nella sua camera.

4. ricordandomi di lei, cioè richiamando alla mia fantasia il suo angelico aspetto.

«

5. disegnava. << È probabile che avesse imparato il disegno in questi anni giovanili, piuttosto che negli inoltrati. Da chi, non sappiamo... D'altronde, il disegno e la pittura in Firenze cominciarono appunto in quegli anni il loro cammino glorioso. Già i musaicisti abbellivano le chiese della città con le loro meravigliose industrie... Nella pittura propriamente, che si faceva appunto su 'avola, eccelse Cimabue (1210-1302)... Nel disegno architettonico era sorto già Arnolfo di Lapo (1232-1310), che doveva con l'arte di Nicola Pisano abbellire la città di monumenti splendidi per mole e purezza. Anche il nostro giovinetto adunque fu rapito da quei nuovi miracoli e si applicò al disegno, per puro diletto, non per divenir maestro. Che egli ritraesse i suoi angeli sopra tavolette, parrebbe indizio di vera e propria pittura, ma quando insiste sulla parola « disegnare », noi intanto non dobbiamo cercarvi di più, ma contentarci di sapere che egli conosceva il profilo, senza aver forse appresa la tecnica dei colori. Una volta, in Purg. XXII, 74, pone nettamente la distinzione dicendo, in senso traslato: Ma perchè veggi me' ciò ch'io disegno, A colorare stenderò la mano; e così pure nella stessa cantica, xxxII, 67, facendo proprio del pittore il dipingere, e contrapponendogli il disegnare... Un critico d'arte assicura recisamente che Dante trattasse la matita. Ma

uno angelo sopra certe tavolette: e mentre io lo disegnava, volsi li occhi, e vidi lungo me' uomini a li quali si convenía di fare onore. E' riguardavano quello che io facea; e secondo che me fu detto poi, elli erano stati già alquanto anzi che io me ne accorgesse'. Quando

sarebbe eccessivo allo stesso modo chi, per soverchia cautela nell'accogliere la tradizione, volesse cosi limitare codesta conoscenza del disegno in Dante, da supporre che egli sapesse tracciare appena qualche profilo: nè Dante avrebbe potuto cercar l'aspetto degli angeli dalla sua mano imperita, nè le persone che lo sorpresero, tali che loro « si conveniva di fare onore », sarebbero rimaste a contemplare le sue linee. Ma c'è, mi pare, un'altra via per appurare un po' di verità su questo punto. Chi si fermi a considerare la menzione che Dante fa dei colori nel poema, dovrà credere che egli ne avesse una conoscenza non superficiale...: vi sono tali espressioni di arte che debbono provenire da una certa pratica. In fine, Dante ebbe realmente un concetto altissimo della pittura: la giudicava emula della natura, cosi che potevano entrambe cagionare negli uomini la stessa meraviglia (Paradiso, XXVII, 91)... Molte immagini del poema trae dall'arte del dipingere, dai pennelli, e vede delle pitture sin nelle bellezze naturali e nei cieli stessi [cfr. Par. XXIV, 24]... E finalmente va ricordato che gli scrittori dovevano allora essere in più stretti rapporti con gli alluminatori, o miniatori di codici; e che Dante conoscesse da vicino i più celebri dell'età sua, si vede chiaramente dal c. x1 del Purgatorio, dove presenta il celebre Oderisi da Gubbio, e proclama la superiorità del suo discepolo, il bolognese Franco » (ZINGARELLI, 71 sgg.). Il Todeschini (e cfr. lo ZINGARELLI, 161) rileva che nella sesta delle arti maggiori cui si scrisse Dante e che « prendeva il suo nome da' medici e speziali si comprendevano i dipintori, e con loro certamente tutti quelli ch'erano dati alla professione del disegno ».

«

6. uno angelo: « Alla donna viva e spirante da essi vagheggiata que' poeti imbevuti di misticismo, quando in lei affisavano gli occhi della fantasia ancora un po' abbagliati dalle visioni della beatitudine celeste sospirata sognata, eran tratti naturalmente a scorgere intorno al capo un nimbo, sugli omeri due candide ali. Più tardi, nel Petrarca e ne' suoi seguaci d'arte, la persona gentile dell'amata avrà per contorno l'azzurro del cielo e il verde dei prati o delle selve: presso i dugentisti toscani di cui parliamo, essa si stacca di sur un fondo di luce d'oro, quasi a denotare che la terra non è per lei, che, viva, già la circonfonde il fulgore delle cose divine. Tali, di tra l'oro lampeggiante allo svoltare delle membrane candidissime dischiuse sopra gl'intagliati leggii, avranno sorriso agli estatici occhi di quei poeti-asceti le figurine alluminate ne' libri degli agiografi; tale io m'immagino dovesse riuscire a Dante l'angelo che, nel primo anniversario della morte di Beatrice, egli andava disegnando su « certe tavolette ». Certamente Giotto ha dipinto cosi molte delle sue figure di santi e di devoti » (FLAMINI, Riv. d'It., p. 220).

7. lungo me, vicino a me; cfr. XII, 10.

8. uomini ecc., uomini degni di rispetto. Dante nota ciò sia per accen nare alla confusione in cui si trovò quando, accortosene, dovette scusarsi di non averli salutati subito; sia (e questo lo dice il Canevazzi) per rilevare che, come gentili erano gli uomini e le donne da cui erano lette le sue poesie intorno alla gentilissima Beatrice, degni di rispetto erano quelli che ne ammirarono quel giorno l'angelica sembianza da lui disegnata.

9. anzi che ecc., prima che io, tutto assorto com' era nella contemplazione di Beatrice e nel disegno della sua immagine, mi accorgessi della loro presenza. Simile fenomeno psicologico Dante descriverà nel Purg. IV, 1-9:

10

li vidi, mi levai, e salutando loro dissi: « Altri era testé meco, però pensava ». Onde partiti costoro, ritornai a la mia opera del disegnare de li angeli": e facendo ciò, mi venne un pensiero di dire parole, quasi per annoale, e di scrivere a costoro, li quali erano venuti a me; e dissi allora questo sonetto, lo quale comincia: Era venuta; lo quale ha due cominciamenti“, e però lo dividerò secondo l'uno e secondo l'altro.

15

Dico che secondo lo primo, questo sonetto ha tre parti: ne la prima dico che questa donna era già ne la mia memoria; ne la seconda dico quello che Amore però mi facea; ne la terza dico de gli effetti d'Amore. La seconda comincia quivi: Amor che [v. 5]; la terza quivi: Piangendo uscivan for [v. 9]. Questa parte si divide in due: ne l'una dico che tutti li miei sospiri uscivano parlando; ne la seconda dico che alquanti diceano certe parole diverse da gli altri. La seconda comincia quivi: Ma quelli v. 12]. Per questo medesimo modo si divide secondo l'altro cominciamento, salvo che ne la prima parte dico

Quando per dilettanze ovver per doglie
che alcuna virtù nostra comprenda,
l'anima bene ad essa si raccoglie,

par che a nulla potenza più intenda...
E però, quando s'ode cosa o vede

che tenga forte a sè l'anima volta,

vassene il tempo, e l'uom non se n'avvede.

10. altri era testè ecc. «Sono parole che esprimono un doppio senso: per Dante, significano che egli era tutto occupato dalla memoria di Beatrice; per i suoi visitatori, che egli pensava ancora ad altre persone che erano state con lui poco prima » (Casini). Ma, guardando al 2.o cominciamento del son. seg., si può credere che anche ai suoi visitatori Dante intendesse dire che era con lui Beatrice.

11. de li angeli, alcuni angeli. Poco prima ha detto un angelo, cioè, Beatrice; ora de li angeli, cioè, credo, angeli che a lei fanno corona.

12. quasi per annoale, quasi per ricordare o celebrare l'anniversario della morte di Beatrice.

13. scrivere ecc., indirizzare le mie parole ecc. E cosi fa, come si rileva dal v. 4 del 2.o cominciamento.

14. ha due cominciamenti, diversi, come dirà l'autore stesso, solo in ciò, che nel primo ei scrive che Beatrice gli era venuta nella mente, senza dir quando; nel secondo scrive che gli era venuta, quando la virtuosa influenza di lei trasse quei visitatori a guardare il suo disegno. Pare che Dante pensasse di indirizzare il sonetto ai suoi visitatori quando già l'aveva scritto, e che perciò ne modificasse la prima quartina. < E così nota lo ZINGARELLI (p. 124) — la realtà del fatto ci è attestata non soltanto dalla prosa, ma anche originalmente dalla poesia ».

15. e però, e perciò.

quando questa donna era cosí venuta ne la mia memoria, e ciò non dico ne l'altro.

Primo cominciamento:

[SONETTO XVIII]

Era venuta ne la mente

mia

la gentil donna, che per suo valore1?
fu posta da l'altissimo Signore

4 nel ciel de l'umiltate1, ov'è Maria.

Secondo cominciamento:

Era venuta ne la mente mia
quella donna gentil, cui piange Amore,
entro 'n quel punto1, che lo su' valore
vi trasse a riguardar20 quel ch'i' facía.

Amor, che ne la mente la sentía,
s'era svegliato nel destrutto core,
e diceva a' sospiri: « Andate fore »;
8 perché ciascun dolente sen partía".
Piangendo uscivan for de lo mi' petto
con una voce, che sovente mena

le lagrime dogliose a li occhi tristi24.

16. mente, memoria; cfr. la n. 1, 6.

17. per suo valore, per la sua bontà e virtù. « In questo primo cominciamento del sonetto, valore, quello per lo quale è l'uom gentile, si prende quasi potenzia di natura ovvero bontà da quella data (Conv., IV, 2). Ed invece nel secondo cominciamento, valore significa manifestamente quella occulta virtù o virtuosa influenza per cui Beatrice eccitò quelle degne persone a visitar Dante nell'ora che ella gli era venuta in pensiero, ed ei stava disegnandola in figura di un angelo » (Giuliani).

18. fu posta ecc. simile frase incontrammo nel § vi, di cui vedi la n. 5. nel ciel ecc., nel cielo, dove è Maria « umile ed alta più che creatura >> (Par. XXXIII, 2 e cfr. Purg. x, 41 sgg.), nell'empireo. I citati luoghi del Par. e del Purg., per tacer d'altro, mostrano evidente che qui umiltate ha il significato comune di modestia (cfr. x1, 6), e non quello di pace. 19. entro 'n quel punto, proprio in quel momento; cfr. XXIII, 47. 20. riguardar, cfr. XII, 12.

21. Amor ecc., in altri termini, l'immagine di Beatrice, presentandosi alla memoria, ridestava nel mio cuore l'affetto per lei e il dolore per la sua morte. Il v. 5 ricorda il 1.° della canz. del Conv.: Amor, che nella mente mi ragiona. destrutto, distrutto, quasi disfatto dal dolore. 22. perchè, per la qual cosa, cioè per l'ordine dato da Amore.

23. sen partia, cfr. XXXII, 12. Quanto al ritmo dei vv. 5-8, cfr. LISIO, 95-96. 21. Piangendo ecc. Tutti i sospiri uscivano dal petto con una voce lamentevole in modo da far ritornar sovente agli occhi la fonte delle lagrime, che già sembrava disseccata. Alcuni di essi, e quelli che tormentavano più

Ma quelli, che n'uscían con maggior pena, venían dicendo: « O nobile intelletto,

14 oggi fa25 l'anno che nel ciel salisti! »

il poeta, gli rammentavano l'anniversario della morte di Beatrice » (Witte). LO ZINGARELLI, 365, cita i vv. 10-11, significanti « con voce pietosa che mi la piangere » e « dove ogni sostantivo ha il suo sentimento, e la voce agisce trascinando le lagrime come esempio di quelle perifrasi « le quali non hanno altro ufficio che di presentare in atto ciò che sarebbe languidamente espresso altrimenti ».

25. fa, si compie.

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