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li suoi occhi mi parea che si volgessero ad un fiume bello e corrente e chiarissimo", lo quale sen gía lungo questo cammino" là ov'io era..

A me parve che Amore mi chiamasse, e dicessemi queste parole: « Io vengo da quella donna, la quale è stata tua lunga difesa, e so che 'l suo rivenire non sară a gran tempi"; e però quello cuore, ch'io ti facea avere a lei", io l'ho meco, e portolo a donna", la qual sarà

peregrino, perchè faceva, come nota il Carducci, << errare [Dante] da un amore all'altro o da una sembianza all'altra ». « Leggeramente... adombra la leggerezza e varietà di siffatti amori; e di vil drappi significa che quel nuovo amore fu indegno ». << Comune è assai nella poesia popolare italiana il travestimento dell'amatore in pellegrino, per potere avvicinarsi e parlare all'amata » (Cfr. RENIER, 130 e la nota del D'Ancona a p. 72). Nė soltanto nella poesia popolare: cosi Jaufre Rudel sogna di venire innanzi alla sua bella come pellegrino (Lanquand, v. 33; cfr. SAVJ LOPEZ, Jaufre Rudel, Roma, 1902, p. 4, 5, 15). E Troilo vorrà andare da Griseida << di pellegrino in abito leggiero », Filostrato, c. VIII, st. 4 (cfr. DOBELLI, 18, n.). Ma in Dante si traveste Amore stesso e per una ragione diversa.

10. sbigottito ecc. «Perché Amore è rappresentato sbigottito, e, come Virgilio nell'Inf. viii, 118, cogli occhi alla terra e le ciglia rase d'ogni baldanza? Forse perché la bontà degli avvolgimenti da lui consigliati a Dante era adesso messa in forse dalla partenza della donna-schermo, sebbene Amore provvedesse a trovare altra che facesse il medesimo ufficio. Ma perchè poi si volgeva al fiume? Forse il correre del fiume era un simbolo della mutabilità delle cose umane »? (D' Ancona). «Era sbigottito, come quello che non era sicuro di riuscire, e talora guardava la terra come quello che non aveva un nobil fine, o ad un fiume corrente, perchè passeggiero, e pur bello, perchè attratto da bellezza, chiarissimo, perchè sapeva il suo fine » (Bonghi). Secondo l'AZZOLINA (p. 175), questi particolari tendono a far rilevare come Amore si trovi franteso nel vaneggiare del poeta, per cui assume apparenza di viltà, mentre la sua natura tende a ciò ch'è bello e puro come fiume corrente e chiarissimo ».

11. cammino, via, strada, come nell'Inf. II, 142.

12. 'l suo rivenire ecc., il suo ritorno non avverrà per lungo volger d'anni, ossia ella non tornerà più.

13. quello cuore ecc., <<ho meco quel cuore che finora io ti faceva tenere da quella donna. Il ti vale quanto per tuo conto, per utile tuo » (D'Ancona). 14. portolo a donna, e induco il tuo cuore ad amare un'altra donna. Molto si dilettarono i trovatori di significare gli effetti d'amore sotto la immagine del cuore che si stacca dal petto dell'amante per andarsene a stare presso la persona amata: certo, in fondo, il concetto è semplicissimo, e ne ricorre spontanea l'espressione in ogni poesia, anche popolare: ma esso è singolarmente materializzato presso i trovatori, in ispecie quelli del secolo XIII che personificano e fan peregrinare il cuore, considerandolo spesso anche quasi come un essere a se, vincolato alla donna da quella stessa sog` gezione feudale che caratterizza in genere le relazioni d'amore nel mondo cavalleresco. Chiaro scrive (canz. CCXL v. 9): Prendi lo core e me ne la tua balglia » (DE LOLLIS, Sul Canzoniere di Chiaro Dav. ecc., p. 102 e cfr. anche il suo Sordello, 282, ai vv. 9-12). E Rustico Barbato (nota il TORRACA, nel Giorn. Dant. iv, 41, n.1) raccontò di sé stesso che viveva pur non avendo più il cuore, e questo è per la forza del Signore, Che 'l N'HA PORTATO, ch'è

tua difensione", come questa era (e nominollami per nome sí ch'io la conobbi bene). Ma tuttavia di queste parole, ch'io t'ho ragionate", se alcuna cosa ne dicessi, dillo nel modo che per loro non si discernesse il simulato amore, che tu hai mostrato a questa e che ti converrà mostrare ad altri ». E dette queste parole, disparve" questa mia imaginazione tutta subitamente, per la grandissima parte, che mi parve che Amore mi desse di se1: e, quasi cambiato ne la vista mia", cavalcai quel giorno pensoso ed accompagnato da molti sospiri. Appresso lo giorno2o cominciai di ciò questo sonetto", il quale comincia :

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tanto possente, Che lo partio dal corpo, ciò fu Amore, E miselo in balia dell'avvenente. E Francesco Da Barberino nel Reggimento (p. 97): Io per me sono un suo servo fedele, Cui ella non sdegnò colle sue mani D'aprir lo petto e PORTARSENE IL CORE.

15. difensione, difesa, schermo. Dunque, scrive lo ZINGARELLI (p. 104), « riuscito a bene il primo espediente dello schermo, Dante pensò a un secondo, o più probabilmente trovò subito dove collocare il suo cuore libero ». 16. ragionate, dette.

17. disparve, si dileguò. Cfr. Purg. XVII, 43: Così l'imaginar mio cadde gruso.

18. per la grandissima parte ecc. La causa per la quale si dileguò la visione d'Amore fu che questi con le sue parole gli avea dato grandissima parte di sé, ossia del suo sbigottimento. Il BONGHI molto diversamente: vuol dire che, quando Amore gli ebbe detto la donna a cui in iscambio della prima portava il suo cuore, egli s'innamorò di questa; e quel fantasma d'Amore, peregrino, scomparve ». E similmente il PASCOLI, 49: « Dante si innamorò, cioè concepi amore, cioè l'amore gli entrò dentro, e perciò e' non poteva più esser fuori di lui in figura extrasoggettiva di peregrino », 19. quasi cambiato ecc. Mentre prima di vedere Amore, pur essendo pensoso e sospirando (cfr. la n. 6 e 23), non rivelava nell'aspetto l'angoscia del suo cuore, riuscendo a dissimularla; ora, dopo le parole di quello, aggiuntosi lo sbigottimento, la rivelava, sebbene non molto chiaramente (« quasi cambiato»). Credo d'aver tolte cosi le difficoltà di questo passo. Del resto (con un po' di sottigliezza, però) si potrebbe anche intendere che Dante, mentre prima (Ix, 6) nell'apparenza (quanto a la vista) era accompagnato da molte persone (e solo internamente era raccolto col suo dolore), ora da esse non fosse accompagnato quasi nemmeno nell' apparenza, chè non poteva più celare il dolore divenuto più grande per le notizie avute da Amore, e lo rivelava anche esternamente: quasi, perchè in modo assoluto non avrebbe potuto dire che anche nell'apparenza non fosse accompagnato da molte persone. Quei critici che pensano che Dante fosse cambiato nell'aspetto già prima di vedere Amore e che il cambiamento di cui parla qui non si riferisca all' aspetto delle ore precedenti, ma a quello abituale. sono costretti ad ammettere che Dante si dimenticasse d'aver detto già (secondo loro) d'essersi cambiato.

20. Appresso lo giorno, dopo quel giorno. Non credo precisamente il giorno seguente, poichè dal 1.o v. del son. pare che lo scrivesse non un giorno dopo, ma alcuni giorni dopo.

21. questo sonetto. « Comincia già a farsi sentire la nuova intonazione della poesia dantesca, sebbene l'espressione sia ancora qua e là involuta e il fantasma poetico indeterminato e mal sicuro » (Casini).

[SONETTO V]

Cavalcando l'altr'ier" per un cammino,
pensoso de l'andar, che mi sgradía23,
trovai Amore in mezzo de la via,
4 in abito legger24 di peregrino.

Ne la sembianza mi parea meschino25,
come avesse perduta signoria ;

e sospirando pensoso venía26,

8 per non veder la gente, a capo chino.

Quando mi vide, mi chiamò per nome,
e disse: «Io vegno di lontana parte,
11 ov'era lo tuo cor per mio volere27;

e recolo 28 a servir29 novo piacere >>30.

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22. l'altr'ier, pochi giorni fa, or è poco; nel Purg. XXIII, 118-119: Di quella vita mi volse costui Che mi va innanzi, l'altr'ier. cioè 5 giorni fa. 23. pensoso, afflitto da quel viaggio che io facea di malavoglia (mi sgradia) (Passerini).

24. legger, letteralmente ognuno l'intende; quanto all'allegoria, vedi la nota 9. Anche Ser Noffo notaio, canz. Vedete s'è pietoso, 7-20 (NANNUCCI, I, 61), dolente per il suo « lontan gire », aveva incontrato Amore:

eo stava si doglioso
ch'ogn'uom diceva: el muore,

per lo meo lontan gire
da quella in cui io poso
piacer tutto e valore
dello mio fin gioire.

E stando in tal maniera,
Amor m' apparve scorto,
e 'n suo dolce parlare
mi disse umilemente:
prendi d' amore spera
di ritornare a porto:
nè per lontano stare
non dismagar neente.

25. meschino, servo, come - lo spiega subito dopo chi ha perduto signoria. Nell'Inf. ix, 43 le Furie, serve di Proserpina, son dette meschine Della regina dell'eterno pianto. Cfr. anche Inf. xxvII, 115.

26. pensoso venia, camminava pensieroso. Si noti lo stacco tra pensoso e a capo chino efficace a dar rilievo alla rappresentazione (LISIO, 160).

27. di lontana parte, cioè dalla prima donna dello schermo che se n'era andata lontano.

28. e recolo, cfr. la n. 14.

29. servir, qui, come presso i provenzali e i nostri antichi rimatori, è sinonimo di amare. Cosi Federico II, Poi ch'a voi piace, Amore, 26-27: Ed ho fidanza che lo mio servere Aggia a piacere a voi, che siete flore.

30. novo piacere, una nuova bellezza, un'altra bella donna. « Piacere nel senso di bellezza per la quale si piace altrui, è usitatissimo dai nostri antichi» (D'Ancona). Cfr. Inf. v, 104 e Purg. XXXI, 50. E Cavalcanti, ball. In un boschetto, 8: Er'adornata di tutto piacere. Nel v. 11 del presente son. manca la pausa, term nando il periodo al v. 12.

Allora presi31 di lui sí gran parte,

14 ch'elli disparve, e non m'accorsi come.

Questo sonetto ha tre parti: ne la prima parte dico sí com'io trovai Amore, e quale mi parea; ne la seconda dico quello ch'elli mi disse, avvegna che non compiutamente, per téma ch'avea di discovrire lo mio segreto; ne la terza dico com'egli mi disparve. La seconda comincia quivi: Quando mi vide [v. 9]; la terza quivi: Allora presi [v. 13].

31. presi. Nel testo prosaico [1x, 18] l'Amore è l'agente (Amorę mi disse) : qui invece l'autore (presi di lui) » (Witte).

32. non compiutamente, infatti poche cose e oscuramente riferisce di quelle dettegli da Amore. Sopra tutto tace il particolare che « simulati » fossero e il primo e il secondo amore.

X

Appresso la mia ritornata', mi misi a cercare di questa donna, che 'l mio segnore m'avea nominata nel cammino de' sospiri. E acciò che 'l mio parlare sia più brieve, dico che in poco tempo la feci mia difesa tanto, che troppa gente ne ragionava oltre li termini de la cortesia'; onde molte volte mi pensava duramente. E per questa cagione, ciò è di questa soverchievole voce, che parea che m'infamasse viziosamente, quella gentilissima, la qual fu di

X.

1. ritornata, ritorno; cfr. ix, 2 in princ.

2. nel cammino de' sospiri, nella via per la quale io avevo cavalcato accompagnato da molti sospiri (1x, 19), nella via del dolore. Più oltre, il luogo ove sfogherà la piena del dolore, lo chiamerà la camera de le lagrime (XIV). E il suo cuore sarà lo cor de' sospiri (XL, 31). Nulla v'ha di strano ed incomprensibile in tali denominazioni, osserva il D'Ancona, dacchè quanti fortemente sentono sogliono strettamente connettere speciali denominazioni a' luoghi che destarono in essi certi affetti, e mantengono certe memorie. Così il Leopardi, per citare un caso fra tanti, aveva ad una strada di Pisa posto nome Via delle rimembranze... (Epistol., 11, 71), Questa via aveva dunque pel Leopardi una reale esistenza in Pisa, come per Dante ne' contorni di Firenze il cammino dei sospiri, ma senz'altre indicazioni niuno saprebbe meglio determinarle: pur nonostante pei due poeti c'erano realmente coteste due vie! ».

3. ne ragionava oltre li termini ecc., ne chiacchierava soverchiamente, al di là dell'onesto» (Passerini).

4. pensava, pesava, addolorava. Qui pensava (dal latino penso, intens. di pendo, peso) è usato nel senso etimologico.

5. di questa soverchievole ecc. si lega con la parola cagione e spiega il dimostrativo (questa) che la precede; soverchievole, perchè oltrepassava i termini dell'onesto.

6. m'infamasse viziosamente, mi desse turpe fama di uomo vizioso. « Dante era trascorso troppo oltre: l'aver fatto di quella donna sua difesa, tanto che la gente ne parlasse, e l'onor di quella fosse, com'oggi direbbesi, compromesso, gettava su di lui nota viziosa d'infamia. In questi due amori, sebbene l'uno si presenti come nato dal mero caso dell'esserne la donna che ne fu l'oggetto mezza nella linea retta (§ v), e l'altro consigliato da Amore stesso, a noi sembra trovare la conferma di ciò che il Boccaccio scrisse, Dante cioè essere stato prono ad amori, non sempre spirituali, specialmente in gioventù. Dovendo egli in questo libretto far le sue confessioni, non poteva tacere di quei due affetti giovanili: solamente, volendo anche mostrare la fatalità e la perennità dell'amore a Beatrice, li collegò con questo rappresentandoli quali schermi all'occhio e ai commenti altrui, an ziché come debolezze della carne inferma. Che intanto la giovinetta, idealmente e puramente amata, della quale fu l'anima sua innamorata (Conci

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