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L'asta gli arruota l' un, l'altro la spada,
Ed egli al folgorar del ferro ignudo
Intrepido sorride, e con lor parte,

L'ore, nè scherzo alcun tanto gli aggrada.
Mentre a' feri trastulli intento bada,
Soave canto di nutrice, o vezzi

Non gli lusinghin gli occhi al sonno molle;
Ma 'l suon, ch' alto s'estolle

Lo svegli, e già i riposi, e l'ozio sprezzi, E vere laudi ad ascoltar s'avvezzi. Quinci Lorenzo, e quindi Cosmo suone A le tenere orecchie, e 'n lor si stille Dolce, ed alta armonia di fatti egregi: Tal, ma in più ferma età dal suo Chirone Udía cantar l'avventuroso Achille, Del Genitore, e del grand'Avo i pregi. Oda, che scinti d'arme in toga, i Regi Temuti in guerra, e i Capitani invitti Agguagliar di fortuna, e di valore; Oda, ch' al primo onore

L'arti Greche, e Romane, e i chiari scritti Tornaro a sollevar gl' ingegni afflitti.

Di Giulio ancor la vendicata morte,

Ch' ebbe a l'antico Giulio egual fortuna,
Sappia, e per duol ne pianga, e ne sospiri :
Sappia, ch'in Ciel traslato or gli è consorte
D'onore, e quando l'Orizzonte imbruna
Fra l'altre stelle lampeggiar rimiri
La Giulia luce, e vigilar ne' giri;
Mentre ad ogn'alma, al sangue suo rubella,
Con orrido splendor, con fiera faccia
Sangue e morte minaccia :

Teman pur gli empj i rai de l'alta stella;
Ch' custodire, o vendicar puot' ella.

Oda poi lode più famose e conte
De' lor due grandi e generosi eredi
Del sacro peso de l'impero onusti
I quai di tre corone ornâr la fronte,
Calcar gli scettri, e dal gran seggio i piedi
Torser sovente a'Regi, ed a gl'Augusti.
Oda come fur saggi e forti e giusti,
Come per liberar l'Italia, e Roma

L'uno e l'altro sudò sotto il gran manto:
E insieme onori il canto

Gli altri, che d'ostro, e d'or fregiar la chioma, E lei, che Francia armata in gonna ha doma. Ma sovra mitre, e scettri alti, e corone

S'innalzin d'un Guerrier l'arme onorate,
Che fu scudo d'Italia e spada e scampo,
Per cui poteva al prisco onor supremo
Di nuovo ella aspirar, ma in verde etate
Passò, quasi nel Ciel trascorre un lampo;
Vedova la milizia, ed orbo il campo
Rimase, e de' ladroni arte divenne
Quella, che ne le tue superbe scuole,
Marte, apprender si suole;

E s'ammutir, quando il gran caso avvenne,
Le lingue tutte, e si stemprâr le penne.
Ma pur figlio lasciò l'alto Guerriero,
Onde il natío terren si fe' giocondo
Per nova spene, e non fu già fallace;
Che i fondamenti del Toscano impero
Fermò poi sì, che per crollar del mondo
Nulla si scuote, e sta sicuro in pace,
E l'onora l'Ibero, e 'l Franco, e'l Trace:
Questo lo specchio sia, questo l'oggetto,
A cui rivolga vagheggiando i lumi.
Quinci i regi costumi,

Quinci'l valore, e 'l senno il pargoletto Tragga, e n'imprimi e formai il molle petto. Ma rivolga ancor gli occhi a' veri, e vivi Spegli di ogni valor, miri il gran Padre Tra 'l Fratel sacro e tra l'armato assiso; Quinci anco i semi di virtù nativi Maturi, e d'alte immagini leggiadre S'empia, e fecondi; e i baci lor nel viso Lietamente riceva, e'l mostri al riso, Con cui ben gli distingua; indi la mano Al fianco del gran Zio sicuro stenda, E la spada ne prenda,

E tra se volga onore alto e sovrano, Trofei, vittorie, il Nilo, e l' Oceáno. Gran cose in te desio, ma ciò, che fora Mirabile in altrui, leve in te sembra, O discesa dal Ciel progenie nova, Ch'a te ridon le stelle, a te s' infiora Anzi tempo la terra, a te le membra, Qual pargoletta al ballo, orna, e rinova: Si placa il vento, e l'aria, e l'acqua a prova, A te si raddolcisce, e rasserena,

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E depongon per te le fere il tosco;
Stilla a te mele il bosco,

A te nudre il mar perle, ed or la rena,
E scopronti i metalli ogni lor vena.
Mille destrieri a te la Spagna serba,

་་

E mille altri ne pasce il nobil Regno
Che si bagna ne l'Adria, e nel Tirreno;
De' quai parte con fronte alta e superba
Erra disciolta parte altero sdegno
In fumo spira, e morde il ricco freno:
E duolsi il Carrarese, e marmi a pieno
Non stima avere, in cui s'affretti, e sudi
Per formar tempj, ed archi, e simulacri

In tua memoria sacri;

E Mongibel rimbomba, e in su l'incudi Ti fan già l'arme i gran Giganti ignudi, Canzon, s'a piè reali

Tua fortuna t'invia, prega, ma taci;
E '1 pregar sia con umiltà di baci.

CANZON E.

Donne, voi, che superbe

Di giovinezza, e di beltà n' andate:
Voi, che l'arme sprezzate

Di Venere, e d'Amore:

Voi sempre invitte, e sempre vincitrici
Voi vinte pur sarete

Dal mio sommo potere.
I gran vanti, e le glorie,
Le corone, e le palme,
Le spoglie di tant' alme,

Ond''i vostri trionfi adorni vanno,

Pur mia preda saranno :

E fia mia preda insieme

Questa vostra bellezza, e quest' orgoglio,

Che 'l Mondo onora, e teme.

Il Tempo io sono, il Tempo,
Vostro nemico, e vostro
Domatore, e Signore,
Che posso sol fuggendo
Viepiù contro di voi,

Che non può Amor pugnando

Con tante squadre, e tanti assalti suoi.

Ed or, mentre ch' io parlo,

La mia tacita forza

Entra negli occhi vostri, e nelle chiome, E le spoglia, e disarma.

Quinci rallenta i nodi,
Quinci le faci ammorza;
Quinci rintuzza i dardi
Degli amorosi sguardi,
E quinci appoco appoco
L'alta beltà disgombra,
Il cui raggio, e il cui foco

Tosto alfin diverran cenere, ed ombra.
I' fuggo, i' corro, i̇' volo,

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Ne voi vedete, ahi cieche,

La fuga, il corso, il volo;

Nè men vedete come

Ne porti il vostro onore, e il vostro nome, E voi medesme meco;

E come co' miei passi

Ogni cosa mortal ratto trapassi.

Ma, ahi, par pur,

che stia

Qui neghittoso a bada.
Folli, deh, che vi giova
Lusingar voi medesme

Con volontario inganno;
il vostro danno

S'aperto

Vedrete alfin con dolorosa

Tosto verrà quell' ora

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Che con piena vittoria eternamente

Trionferò di voi.

Scaccerò in bando allora

Amor dal regal seggio,

Che ne' vostri occhi è posto;

Ed in quel loco poi Spiegherà le mie insegne La vecchiezza, e l'onore. Torrò di man lo scettro

De' vostri empj pensieri

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