Sayfadaki görseller
PDF
ePub
[ocr errors]

Tal ne' campi funesti
D'alta beltà splendesti.

Or segui invitto, e con la nobil spada
Risveglia il cantar mio.

Fra tanto, ecco io t'invio

Mista con biondo mel dolce rugiada.
Faune conforto al core

Fra 'l sangue e fra il sudore.

CANZONE.

L'altr' ier per lunga via
Amor se ne venía,
Su le piume leggiere,
Bramoso di vedere

I bei regni de l'

acque,
In che la madre nacque.
Qual cigno inverso il fiume
Su le candide piume
Talor veggiam calare,
Tal ei scendeva al mare.
Era oggimai vicino,
Quando un lieve Delfino,
Che già senti nel core
De l'amoroso ardore,
Sen corse a la reina
D'ogni ninfa marina:
O reina Anfitrite,
Diss' egli, udite, udite
Risco, che vi rivelo:
Amor sceso dal cielo

Spiega le piume, e viene
Ver queste vostre arene;
Or se a lui si consente
Recar sua fiamma ardente

In questi umidi mondi, Onda per questi fondi, Certo non sia sicura Da quella fiera arsura. Al suon di queste voci Su le rote veloci Del carro prezioso Per sentiero spumoso Si condusse la Diva Su la marina riva. Ivi poi con la mano Fea segno da lontano Al nudo pargoletto Che si come augelletto, Per l'aria trascorrea; E così gli dicea: Saettator fornito D'alto foco infinito, Onde ogni cosa accendi, A che pur or discendi Ne' miei liquidi campi? S'ardi co' tuoi gran lampi Questi cerulei regni, Ove vuoi tu, ch'io regni ? In mezzo queste note Ella sparse le gote Di stille rugiadose, Ed Amor le rispose: O Reina del mare, Per Dio non paventare; Cessa i nuovi timori, Che quegli antichi ardori Che quegli incendj miei Tutti l'altr'ier perdei Su i liti Savonesi.

Là de' miei strali accesi,
Là de l'arco cocente,
Là de la face ardente
Oggi fatta è Signora
La bella Leonora.

ANTONIO GALEANI.

Piacentino.

SONETTO.

Pur, Damon, te l'ho detto, e nulla valci,
Or m'è pur forza infin, ch'io te l'additi:
Mira quel capro con gli usati riti
Là spampinarmi i più fecondi tralci.

Con quanti denti egli ha, con tante falci
La vita tronca a queste care viti;
E perchè, per vietar discordie e liti,
Nol guidi a ruminar erbette e salci ?

Forse, ch'a te del pampinoso Dio
Spiace il licor, che si sovente storna
Quel, benchè poco, ingegno tuo natío?

S' ei vi torna, Damon, s' egli vi torna,
Possa vedere a me le corna, s' io
A te nol fo tornar senza le corna.

FRANCESCO BRACCIOLINI.

Nacque in Pistoja nel 1566. Fu per lungo tempo al servigio di Urbano VIII., dopo la morte del quale essendo ritornato in patria chiuse egli ancora i suoi giorni nel 1645. Scrisse in ogni genere di Poesia; ma dee la sua celebrità specialmente ai due suoi poemi la Croce Racquistata, e lo Scherno degli Dei.

SONETT O.

In sito aperto, orientale, asciutto
Verde Vite son io piantata e colta
E sotto al Sol, che maturommi 'l frutto
Fui da' pampini miei sgravata e sciolta.

Dal torto piè mi fu recisa e tolta

L'inutil selva, e'l pullular distrutto,
E da squadra di spine intorno avvolta
Muro pungente a mio favor costrutto,

Ma quando in vetro lucido credea
Porger l'almo licor bramato tanto,
E'l settembre al desir corrispondea;

Nebbia mi copre di funebre ammanto,
E nemica a le frondi, a i frutti rea
Non mi lascia altro umor, che'l proprio pianto,

Raccolta di Lirici.

9

[ocr errors]

FULVIO TESTI

Nacque in Ferrara nel 1593. di mediocre fortuna. Trasportato a Modena ancor fanciullo nel 1598., andò passo passo salendo alle più cospicue cariche, e fu ancora onorato degli ordini equestri de' Santi Maurizio e Lazzaro, e di S. Iago. La sua vita fu un continuo alternare di prospera e di avversa fortuna, finchè la sua ambizione e la sua incostanza medesima il fecero finalmente cadere in disgrazia al Duca Francesco I., per cui comando fatto prigione mori nella cittadella di Modena ai 28. d'Agosto del 1646. Egli ne'primi anni, e nel bollore della fervida gioventù si lasciò trasportare dal torrente; e le poesie da lui allora pubblicate sanno non poco dei difetti del secolo. Conobbe ei poscia d' aver traviato dal buon sentiero, e si studiò di tornarvi. Ma par ve che non avesse coraggio di opporsi egli solo al gusto che allor dominava; e poche sono le sue Canzoni, in cui qualche traccia non se ne veda. Così intorno a Fulvio Testi scrive nella sua Storia il Tiraboschi, il quale più a lungo ne parla poi nella Biblioteca Modenese,

CANZONE.

Già de la Maga amante

L'incantata magion lasciata avea,
A' più degni pensier Rinaldo inteso;
E su pino volante

De l'indico Oceán l' onda correa,

A tutt' altri nocchier cammin conteso:

« ÖncekiDevam »