Sayfadaki görseller
PDF
ePub

Sul romper dell' aurora, allor che l'alma,
Il nettare giocondo

Bee di tua grazia, e 'l divin lume accoglie,
Oh quante volte in un pensier profondo
A me dall' alte soglie

[ocr errors]

Scendesti! oh quante nell' interna calma
Da questa fragil salma

Fe' divorzio il mio spirto! ed in qual guisa
Da i ben forti legami, ov' ei s' avvolse,
Felice fuga il tolse!

Oh come allor divisant

Da se la mente volò in parte, ov'ebbe
L'esilio a grado, e in se tornar le increbbe!
Dico, Signor, che qual da i fondi algosi
Saglie a fior d'acqua, e beve
Marina conca le rugiade, ond' ella
Le perle a concepir sugo riceve;
Tal io la dolce e bellai
Pioggia serena allor de gli amorosi
Tuoi raggi a ber mi posi,

E n' empiei. l'assetato arso desio.
Ma siccome del Ciel la perla è figlia,
Non già di sua conchiglia,

Così lo stil, che mio

Sembra, mio non è già; gli accenti miei,

Han da te suono, e tu l'autor ne sei. Ed oh fosse il mio canto al zelo uguale, E come in petto il chiudo,

Così ancor potess' io chiuderlo in carte! Ch'uom non fu al mondo si selvaggio e crudo, Che non sentisse in parte

Dell' amoroso tuo possente strale

La puntura vitale.

Entro ogni petto per maggior tu' onore

Più forte assai nella stagion guerriera

Germoglieria 'l valore ;
E d'alte selve schiera

Correr su i mari e sfidar l'aure, e tutti
Gemer vedrei sotto 'l gran peso i flutti.
Vedrei dal Carro alle Colonne unita
Contro i Giganti Achei

La cattolica Europa imprender guerra,
E coprir l'insepolte ossa vedrei
La sbigottita terra:

Vedrei la feritrice Asia ferita,
Vile ancella schernita,

Mostrarsi a dito, e raccorciar la chioma

A maniera servil colei, che tanto
Fu grande, e si diè vanto

D'abbatter Vienna e Roma;

Nè faria forse di Biz anzio il muro
A quel barbaro Re schermo sicuro.
Ma se ancor le cristiane armi disciolte
Bella unïon non lega,

Perchè a risponder la discordia è sorda;
Muovi tu, Padre, e intenerisci e piega,
E in un volere accorda

Genti fra mille alti litigi involte.

Fa, che 'l mio dir s' ascolte

Fin dove il Sol di rai si spoglia e veste. Cangia in tromba la cetra, e più sonora Rendila; e se fin' ora

Del Parnaso celeste

L'un giogo ascesi; or fa, Signor, ch' i' ascenda Sull'altro ancora, e signoria ne prenda. Fa, che in voce converso entro le sorde Fedeli orecchie io tuoni

Alto gridando pace, pace, pace;

E' prode svegli, e'l vile accenda e sproni, Ed ambo in tuono audace

Sgridi alto si, che 'l cristian mondo assorde. Allor dirò: Le ingorde

[ocr errors]

Ire acquetinsi, o Regi, e l'odio spento,
Non più giudice no ferro omicida
Vostre liti decida..

A che gittare al vento

Tanti nobili sdegni, e tanto umano
Cristiano sangue ir dissipando in vano?
Ite, dirò, dove di Dio, pugnando,
La gran causa si tratta.

Il vuol ragione, e coscienza il vuole.
Su su: dell'Asia il Regnator s'abbatta.
Con tuon di tai parole

Sconvolgerò tutto quest' aere, e quando
N'andrò di vita in bando

L'usato suon dall' ossa mie meschine
Uscirà forse; ond'io quaggiù ramingo
Spirto ignudo solingo

Fin de' secoli al fine

[ocr errors]

Alzerò voce, ch' ogni voce eccede
Pace, pace gridando, amore e fede.
Ben ti è noto, Signor, che a tesser versi
Ne guiderdon terreno,

Nè mercenaria lode unqua mi trasse.
Io tradir tuá bontade? ah dal mio seno
Fuggan cure sì basse.

Te sol bramo, e se un tempo inni diversi

[ocr errors]
[ocr errors]

Sol di tue glorie aspersi

Entro'l mio fosco il ver forse (oh che spero!) Fia, ch'io discuopra, e benchè cieco io sia, Mostri a più d'un tra via

Il celeste sentiero,

Qual fioco lume, che la via smarrita

Di cieca notte infra gli orror n'addita.

Questa nata di zelo, e a infonder nata
Canzon zelo e valore..

Ti porgo intanto. Tu l'avviva, e moto
Prestale, e tu ragion rendi al favore,
Al favor tuo, che ignoto,

Esser non dee. Dell' età mia passata
Fra l'opre almen mirata

Sia da te questa. Oh non indarno spese
Vigilie mie, se quando fia, che preda
Di morte in polve io rieda,

Venga, dirai cortese,

Meco a regnar chi le mie glorie scrisse,
E usò 'l mio dono, e al donator l' ascrisse.

[merged small][ocr errors]

Alta Reina, i cui gran fatti egregio

Tacer fia colpa, e raccontar periglio
Se ne'tuoi illustri pregi,

Che ne scorgono al Ciel di lume in lume,
Per dar luce a' miei spirti, affiso il ciglio,
Dell' egra vista il non ben forte acume

Vinto s'arretra, e s' io 799)
Consento al bel desío -551

[ocr errors]

Di ritrarne sui fogli un raggio almeno
Mi trema il cuor nel seno

[ocr errors]

E in man lo stile, e nel pensier l'ardire; Chè la forza del dire

ང ་

(In si chiara e si grande e si suprema
Parte poggiando impiccolisce e scema.
Quindi meco m' adiro, e già cancello
Quei, che abbozzò 'l desire, alti disegni
Con incauto pennello.do

E quale allor, che al secolo malvagio
Di sdegno i cieli, e di tempesta pregni

1

Piovver l'orrendo universal naufragio,
Volo colomba, e vide

Cavalcar l' acque infide

Su poggi e monti, onde con duolo e scorno Fe' in sua magion ritorno;

Tal do sperando di solcar tant' onda

[ocr errors]

Che d' ampie glorie innonda

L'un polo e l'altro, al lusinghiero invito
Credei de' venti e mi scostai dal lito.
Ma non pria corse al mio pensier davanti,
Quell' Ocean profondo, in cui fin' ora
Fêr tant' ingegni e tanti

Fortunato naufragio; e da cui spunta
Un regio Sol, che il secol nostro indora,
Che rintuzzata del desío la punta,
La mia di speme priva

Speme si trasse a riva.

Dunque, oh gran Donna, di tua fama l'onde
Dall'oziose sponde

Miro, qual chi mirar può d' alto loco
Il mar tirreno un poco,

Ma il britannico, e il baltico, e l' ispano Scoprir non puote, e 'l tenterebbe in vano. L'ancore qui dell' abbattuto ingegno

Gitto, e stommi a mirar pallido e muto
Or questo, ed or quel legno

Venirne a terra disarmato, e appena
Fatto scherno dell' onde, anzi rifiuto,
La fuggente afferrar sponda tirrena.
Arte vegg' io senz' arte

E rotte antenne e sarte

[ocr errors]

E vele e remi in mar d'obblío dispersi :
Veggio i naufraghi versi

Romper di scoglio in scoglio, e i sempre vani
Folli ardimenti umani.

« ÖncekiDevam »