E ben sa Roma, che l'onor primiero CANZON E. Qualor di Pindo le Reine accolgo, S'empie di luce intorno, Che splende ai saggi, e si fa nebbia al volgo : Del gran Cantor tebano Di bella polve aspersi. Il vicin bosco udiva, Giù dall' adunche nari a Pan solea E lungo Dirce si vedeano a schiere E le timide fere. Non era in lor balía l'esser nemiche, Era tutto in poter dell'aureo suono, Pur con le loro abitatrici belve Da gli alti gioghi si partian le selve. Di Giove inuanzi mi recâr sovente, L'anima scorre entro furor celeste. Escon dal petto mio splendori e lampi, Veggio il fonte immortale, Che su l'anima mia versa e diffonde In compagnia dell'onde. Allor da Febo a'miei pensieri è dato I sanguinosi giorni. Spesso s' immerge dentro l'aurea luce Ver lor s' avventa, e di sua man divelle 1 Si rivolge sovente Ne' gelosi pensier talor s' affanna. Che l'animosa mente, Sdeguando di Castalia i sacri allori, Al gran cerchio lucente, E recar novo nome ai bei splendori: Spesso è la mente mia dentro una nube, Siede tra Fati e Numi L'alta cura del Mondo. Vede il Concilio eterno, e allor che sente Ella si crede, o sia lusinga o vero, Da' sommi Numi si ragioni in Cielo. Spoglie non ponno al fine Sostener le fortune alte e divine, Da' suoi nodi fatali Gran parte tien di sua possanza avvinta, Nè può sempre spiegar libere l'ali Presso i voli immortali; Per questo avvien, che spente E mi senta spogliar del vostro lume. In man del fermo universal destino, Col mio povero gregge, Che il rio volgo sinor non ha vedute, Ne la capanna mia di porre il piede: ALESSANDRO MARCHETTI · Nacque nel 1632, in Pontormo, castello celebre nel territorio fiorentino. Studiò nell' università di Pisa, dove agli studj poetici congiunse i filosofici, e i matematici sotto la direzione del famoso Borelli. Promosso quindi alla cattedra della Filosofia giovò non poco a sbandire da quelle scuole gli avanzi della bar. barie peripatetica. Grandi, ma inutili contese ebbe a sostenere col Viviani, e col P. Grandi. Fin dalla sua giovanile età avea tradotto in ottava rima i primi quattro libri dell' Eneide, di cui vi sono alcuni frammenti nel t. 21. del Giornale de' Letterati d'Italia. Egli dee però la sua fama specialmente alla traduzione di Lucrezio, contro della quale indarno scrisse il Lazzarini una severissima censura. Tradusse ancora, ma con esito meno felice, Anacreonte. Mori in Pontormo nel 1714. Mons. Fabbroni ne scrisse la vita. SONETTO. Non risplende così Venere in cielo, Occhi di pura luce arder vegg' io, L'alma e sen vola a l'immortal soggiorno. SONETT 0. Tremendo Re, che ne' passati tempi Si chiari segni, e tante volte a gli empj |