Troppo era il dir cortese, e troppo umíle, Come altri cangiò voglia, io cangio stile, Non vedrò guerreggiar d'intorno al core Non terrò caro altrui più che me stesso. Già mai, nè di ripulsa andrò dimesso, Lagrimando nel cor, rider nel volto, TORQUATO TASSO Figliuolo di Bernardo, e di Porzia Rossi, nato in Sorrento nel 1544. morì in Roma nel 1595. Ecco il carattere che di lui ne scrisse il Crescimbeni: Poeta in ogni specie mirabile: eccellente nella Lirica per la gravissima maniera nelle Canzoni usata, che per avventura diede motivo al nobilissimo Pindarico stile : eccellente nella Comica, perciocchè arricchilla dell'invenzione della perfetta favola pastorale, donandole l'Aminta, il cui primo coro solamente vale gran parte di quanto in volgar poesia composto si legge: eccellente nella Tragica; poichè tra le più scelte tragedie largamente risplende il suo Torrismondo ma nell' Epica eccellentissimo, perchè la sua Gerusalemme liberata nel carattere, in cui è scritta, non è superabile. Grandi sciagure però egli ebbe a sofferire per causa di Cupido, ed affannose quistioni per la sua Gerusalem me. Vedi la bella, e diffusa vita, che ne scrisse Mons. Serassi, e l' estratto premesso alla Ge-: rusalemme di questa Collezione. SONETTO, Ne gli anni acerbi tuoi purpurea rosa Così è più vago il fior, poichè le spoglie SONETTO. Terra, che 'l Serio bagna, e 'l Brembo inonda, SONET TO. Visiti il tempio a passi tardi e lenti Velata il biondo crine e scinta il seno La bella Donna, or che l'ha grave e pieno, E preghi, ed offra voti in bassi accenti. Preghin vergini caste, ed innocenti Fanciulli, e 'n Ciel sieno esauditi appieno, Ch' esca il bel parto al bel lume sereno Sì, ch'ella non sen dolga, o sen lamenti. Preghin, ch' amiche stelle, il dì che nasce, Si rimirin da lochi alti ed eletti, Ed abbia lieto albergo in Ciel fortuna. Fra tanto altri gli odori, altri le fasce Ricche prepari, altri la nobil cuna Ove al bambino i dolci sonni alletti. SONETT O. Di sostener qual nuovo Atlante il mondo, Vinte ho, dicea, genti non viste unquanco, Di tanti Regni, e sia Monarca a gl' Indi; E quel, che fra voi parto, amore unisca. SONETT O. Quel, che l'Europa col mirabil ponte Fe' piane a' legni, aperto al mare un monte, Ingiurioso con percosse ed onte Com' a lui parve) i ceppi a Nettun pose.` Tal dianzi il Trace vincitor propose, Far servo il mar con minaccievol fronte. Già minacciava il giogo e le catene A' lidi, non ch'a l'acque, allor che volto Ma tu, che lui fugasti, in quali arene, CANZONE. Lascia, Musa, le cetre, e le ghirlande Di mirto, e i bei mirteti, ove tal volta E prendi lieta altera cetra e grande, Minor soggetto, e 'l Ciel già sì gli arride, Che può in cuna agguagliar l'opre d'Alcide. Già può domare i mostri, ed or lo scudo Tratta, or con l'elmó scherza; e Palla, e Marte |