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Come quelle persone, che niente
Par, che 'ntendesser la sua gravitate?
Se voi restate per voler udire,

Certo lo core de' sospir mi dice,
Che lacrimando n'uscireste pui.
Ella ha perduta la sua Beatrice :
E le parole, ch'uom di lei può dire,
Hanno virtù di far piangere altrui.

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Tanto gentile e tanto onesta paré

La donna mía, quand'ella altrui saluta Ch' ogni lingua divien tremando muta, E gli occhi non l'ardiscon di guardare. Ella sen va sentendosi laudare

Umilemente d'onestà vestuta,

E par che sia una cosa venuta
Di cielo in terra a miracol mostrare.
Mostrasi si piacente a chi la mira,

E

Che dà per gli occhi una dolcezza al core, Che 'ntender non la può chi non la prova. par che dalle sue labbia si mova Un spirto soave e pien d'Amore, Che va dicendo all' anima: sospira.

III.

Negli occhi porta la mia donna Amore;
Perchè si fa gentil, ciocch' ella mira:

Ove ella passa, ogni uom ver lei si gira, E cui saluta, fa tremar lo core: Sicchè bassando viso tutto smuore, Ed ogni suo difetto allor sospira : Fugge dinanzi a lei superbia ed ira; Ajutatemi, donne, a farle ònore. Ogni dolcezza, ogni pensiero umile Nasce nel core a chi parlar la sente, Onde è laudato chi prima la vide. Quel, ch'ella par quando un poco sorride, Non si può dicer, nè tenere a mente; Si è nuovo miracolo e gentile.

IV.

O voi, che per la via d'Amor passate,
Attendete e guardate,

S'egli è dolore alcun quanto 'l mio grave:
E priego sol, ch'a udir mi soffriate;
E poi immaginate

S'io son d'ogni dolore ostello e chiave.
Amor non già per mia poca bontate,

Ma per sua nobiltate

Mi pose in vita sì dolce e soave,
Ch'i' mi sentia dir dietro spesse fiate:
Dio! per qual dignitate

Così leggiadro questi lo cor have?
Ora ho perduta tutta mia baldanza,
Che si movea d'amoroso tesoro ;

Ond' io pover dimoro

In guisa che di dir mi vien dottanza:
Sicchè, volendo far come coloro,

Che per vergogna celan lor mancanza,
Di fuor mostro allegranza,

E dentro dallo cor mi struggo e ploro.

V.

Amor, dachè convien pur ch'io mi doglia
Perchè la gente m'oda,

E mostri me d'ogni vertute spento;
Dammi savere a pianger come voglia,
Sicch' il duol che si snoda,

Porti le mie parole com'io 'l sento:
Tu vuoi ch'io muoja ed io ne son contento;
Ma chi mi scuserà, s'io non so dire

Ciò che mi fai sentire?

Chi crederà ch' io sia omai sì colto? Ma se mi dai parlar quanto tormento, Fa, signor mio, che innanzi al mio morire Questa rea per me nol possa udire ; Chè se intendesse ciò ch'io dentro ascolto, Pietà faria men bello il suo bel volto. Io non posso fuggir, ch'ella non vegna Nell' immagine mia;

Se non come il pensier che la vi mena ; L'anima folle, ch' al suo mal s' ingegna, Com' ella è bella e ria,

Così dipinge e forma la sua pena:
Poi la riguarda, e quando ella è ben piena
Del gran desio che dagli occhi le tira,
Incontra a sè s'adira,

Ch'ha fatto il foco, ove ella trista incende.
Quale argomento di ragion raffrena,
Ove tanta tempesta in me si gira?
L'angoscia, che non cape dentro, spira
Fuor della bocca sì, ch' ella s'intende
Ed anche agli occhi lor merito rende,
La nemica figura, che rimane
Vittoriosa e fera,

E signoreggia la vertù che vuole, Vaga di sè medesma andar mi fane : Colà dove ella è vera,

Come simile a simil correr suole:

Ben conosch'io che va la neve al sole;
Ma più non posso: fo come colui,
Che nel podere altrui

Va co' suoi piè colà dove egli è morto:
Quando son presso, parmi odir parole
Dicer: vie via; vedrai morir costui ?
Allor mi volgo per vedere a cui

Mi raccomandi; a tanto sono scorto
Dagli occhi che m' ancidono a gran torto.
Qual io divenga si feruto, Amore,

Sal contar tu, non io,

Che rimani a veder me senza vita:

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E se l'anima torna poscia al core,
Ignoranza ed obblio

Stato è con lei, mentre ch'ella è partita.
Quando risurgo, e miro la ferita

Che mi disfece quando io fui percosso,
Confortar non mi posso,

Sì ch'io non tremi tutto di paura;
E mostra poi la faccia scolorita,

Qual fu quel tono che mi giunse addosso:
Chè se con dolce riso è stato mosso,
Lunga fiata poi rimane oscura ;

Perchè lo spirto non si rassicura.

Così m' hai concio, Amore in mezzo l'alpi

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Lungo il qual sempre sopra me sei forte; Qui vivo e morto, come vuoi, mi palpi, : Mercè del fiero lume,

Che folgorando fa via alla morte.

Lasso! non donne qui, non genti accorte
Veggio io, a cui incresca del mio male.
S'a costei non ne cale,

No spero mái d'altrui aver soccorso :
E questa sbandeggiata di tua corte,
Signor, non cura colpo di tuo strale.
Fatto ha d'orgoglio al petto schermo tale
Ch'ogni saetta lì spunta suo corso;
Perchè l' armato cuor da nulla è morso.

O montanina mia canzon tu vai;

و

Forse vedrai Fiorenza la mia terra,

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